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 2011  marzo 11 Venerdì calendario

11 marzo, DILAGA LA FEBBRE DA MEDAGLIA NEL SUD "TARGATO" SAVOIA - torino Suscitano sempre maggior clamore le imprese dei briganti o di coloro che, ex militi borbonici o vaticani, ne condividono le insegne

11 marzo, DILAGA LA FEBBRE DA MEDAGLIA NEL SUD "TARGATO" SAVOIA - torino Suscitano sempre maggior clamore le imprese dei briganti o di coloro che, ex militi borbonici o vaticani, ne condividono le insegne. In accordo, o separati, essi si scontrano con le formazioni del nuovo Stato italiano o assalgono coloro che ne considerano i fautori. Ancora una volta, questi scambi di violenze si accentrano nell´alto Lazio fino ai tornanti d´Abruzzo. A Vignanello, nel Viterbese, è morto dopo vari giorni di spasimo un contadino, ferito da un colpo di fucile sparatogli contro da uno zuavo pontificio. Una formazione finora abbastanza silenziosa, quella dei Cacciatori del Tevere, attacca alla baionetta, per ordine del colonnello Masi, gli stessi zuavi, e costoro si rifugiano a Nazzano, nella valle del Tevere. I Cacciatori del Tevere danno fuoco alla barca da loro adoperata per passare il fiume. A Corese, altra località laziale, gli stessi zuavi hanno imprigionato quattro militari italiani. Successivamente liberati, essi hanno indirizzato da Terni una lettera densa di umori patriottici al Comitato Romano, che è una sorta di enclave libertaria e "unitaria" all´interno della città dei Papi: si suppone che i Cavalieri del Tevere ne siano, in qualche modo, il braccio armato. Sono residui dello scontro campale, a fatica placato con la capitolazione di Gaeta. I briganti assaltano il castello di Collalto Sabino, nel Reatino, fiaccano la difesa degli abitanti, se ne impossessano e lo saccheggiano. Viene assassinato un medico del posto, liberale, il dottor Bartolomeo Latini. Al sindaco di Collalto recidono la gola. Altri cittadini subiscono cattura e rapina. Ad Ascoli, il comandante borbonico del forte di Civitella del Tronto, Giovine, incontratosi con il capitano dei gendarmi pontifici, stava per accordarsi sul comune proposito di capitolare nelle mani dei piemontesi, ma i briganti, padroni ormai della fortezza, lo hanno impedito: borbonici e papalini son evasi dalla fortezza. Fra Carsoli e Oricola, nell´Aquilano, ancora i Cacciatori del Tevere, insieme a regolari truppe del governo di Vittorio Emanuele, hanno attaccato i "fuorilegge", causandogli notevoli perdite. In questa zona le operazioni dei briganti, muniti di cannoni di montagna e agli ordini del conte De Christen, sono ormai consuete, fra sortite e fughe tattiche. Fra gli «italiani» - così la stampa filoliberale chiama i fautori del "nuovo ordine", e non sempre i lettori penetrano a fondo il senso dell´aggettivo, non ancora riuscendo a equipararlo a «piemontesi» - si lamenta la perdita d´un ufficiale e di dieci uomini. Una nota del generale Fanti, ministro della guerra a Torino, diffida gli stranieri già arruolati nell´esercito borbonico: li avverte che, se verranno catturati in quanto combattenti nelle file dei briganti, non saranno considerati militari ma trattati a rigor di legge. Anche dismettere la divisa può tuttavia comportare qualche inconveniente, in una simile babele, fra persistenza del vecchio ordine e difficoltà di imporsi del nuovo. Ne dà la misura un aneddoto riportato dal giornale milanese L´Unità italiana. Vi si racconta la traversia del generale Maralli, reduce da Gaeta dopo essere stato fra i comandanti di quella piazzaforte. A fortezza espugnata, egli è entrato nella bottega d´un sarto dalla quale, lasciata l´uniforme borbonica, è uscito in abiti borghesi. A vederlo spuntare sull´uscio, tre o quattro persone, che evidentemente l´aspettavano, l´hanno severamente maltrattato: non è stato facile ai passanti sottrarlo al linciaggio. Non si sa chi siano stati gli assalitori, asserisce il corrispondente da Roma del quotidiano. «Si può credere che si tratti di suoi antichi dipendenti». Non mancano naturalmente professioni di lealtà al "nuovo corso", segnate magari da un tocco di ufficialità. A Palermo, un decreto del luogotenente del governo di Torino, Massimo Pio Giuseppe Cordero, marchese di Montezemolo, istituisce una medaglia commemorativa, da distribuire a tutti coloro che faranno constatare, con autentici documenti d´epoca, di aver svolto «un ruolo importante» nei gloriosi fatti «per cui la Sicilia si redense dalla dominazione borbonica». La medaglia, si precisa, sarà d´argento per i componenti del Comitato Generale che assunse i poteri di Governo Provvisorio della Sicilia, e in bronzo per tutti gli altri. Il vessillo - la cui creazione i giornali satirici hanno subito ascritto alla «medaglite» epidemica di queste settimane - raffigurerà l´isola che, spiegando la bandiera italiana, si stringe alla gloriosa dinastia dei Savoia. A Genova, nella chiesa dell´Annunziata, stamane si svolge una cerimonia funebre per i caduti delle guerre d´indipendenza. L´autorità ecclesiastica s´è imposta perché venissero escluse dalle decorazioni predisposte per adornare il tempio i nomi di Umbra e Marche, regioni che rientravano fino a ieri tra i domini vaticani.