Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 11 Venerdì calendario

IL GIALLO DELLA DONNA MUTILATA "POTREBBE ESSERE L´ESORDIO DI UN NUOVO SERIAL KILLER" - ROMA

Da qualche parte si nasconde un uomo malato che ha celebrato l´8 marzo offrendo lo scempio di un corpo di donna. Cui ha rubato prima la vita, poi gli organi e le viscere, quindi le gambe e la testa, perché nessuno le potesse dare un nome, una memoria, una carezza e una sepoltura da morta. Di lei, ritrovata tre giorni fa da un camionista di passaggio sul ciglio di via di Porta Medaglia, quartiere Ardeatino, nulla si sa. Non un testimone, non una corrispondenza negli archivi informatici delle impronte digitali e delle persone scomparse. Non una traccia forense, non un indizio che non sia una scritta sul giaccone nero che indossava sopra una maglietta grigia. Eppure, l´orrore che ha concepito il suo assassino fa cantilenare agli uomini della squadra Mobile parole che suonano come un nero presagio. «Ha voluto farci trovare il corpo. Ha voluto mostrarci quello che è stato capace di combinare. Sembra un´apertura di partita, un ingaggio. Speriamo in Dio che non sia così».
Nella morgue dell´Istituto di medicina legale, alla donna senza nome è stata data un´età presunta, tra i 20 e i 40 anni, e un ceppo etnico, «bianca di razza caucasica». In un sacchetto di plastica sono stati infilati i suoi effetti personali: un anello a fascetta in acciaio da pochi euro, un accendino. Nelle provette dell´esame del dna, sono stati sciolti i resti di tracce organiche grattate sotto le sue unghie smaltate. L´autopsia sul suo cadavere ha raccontato che ne è stato della sua terribile fine. Il suo assassino la aggredisce con un coltello verosimilmente nei primi giorni di marzo, in un luogo diverso da quello in cui deciderà di liberarsi dei suoi resti. La finisce con almeno tre violenti fendenti, che la raggiungono alla schiena, all´emitorace sinistro (in corrispondenza del cuore), e nella zona in cui i muscoli del collo si legano al tronco. Lei, che in quel momento è nuda o comunque indossa abiti diversi da quelli con cui verrà ritrovata (non sono intrisi di sangue), forse prova a difendersi, come mostrano i tagli superficiali che la lama del coltello lascia sulla pelle. Quindi, ha inizio l´orrore. L´assassino assicura un´asola di corda all´osso pelvico di quella poveretta, per poterne sospendere il cadavere a testa in giù. E comincia il suo lavoro da macellaio. Quello che i pastori infliggono ai maiali e i cacciatori ai cinghiali per dissanguarne le carni. Prima una profonda X ad aprire torace e ventre. Poi, la completa eviscerazione e l´espianto degli organi vitali, cuore e polmoni. L´assassino afferra infine quella che appare, per i segni che lasciato, un´ascia più che una sega (come pure si era detto in un primo momento), e spicca dal tronco testa e gambe che Dio solo sa se decida o meno di conservare.
È un lavoro lungo - ipotizza chi in queste ore rilegge il referto autoptico - che richiede «una forza fisica, uno stomaco e una condizione di isolamento» che dice qualcosa sulla mente di chi lo partorisce. Che rende fragile l´ipotesi psicologicamente più rassicurante sull´assassino. Quella dell´uomo governato dalla furia di un momento. E dunque, al contrario, rafforza quella raggelante della premeditazione. «Rituale», «satanica», abbozza qualcuno nelle prime ore dopo il ritrovamento del cadavere, anche in ragione del luogo in cui è stato abbandonato (non lontano è il santuario del Divino Amore). Se non fosse che a contraddirla è la scelta dell´assassino di non infierire sul solo dettaglio anatomico su cui, normalmente, gli adepti di Satana si accaniscono: le mani, usate come feticcio nei riti neri del sangue. Dunque?
«Ha voluto farci trovare il corpo. Ha voluto mostrarci quello che è stato capace di combinare», ripete l´investigatore della Mobile. Forse, dunque, Satana non c´entra. E nella macelleria è solo l´impronta digitale di una sofferenza psichica che esplode per fare mostra di sé. «Se fosse un omicidio d´impeto e l´assassino avesse dunque mutilato il cadavere soltanto per la paura che attraverso la vittima si potesse risalire a lui, perché allora non si è liberato di quei poveri resti in un luogo dove comunque sarebbe stata minima la possibilità di ritrovarli»? Come del resto era già successo qualche anno fa, a Milano. Quando un cadavere - questa volta di uomo - viene ritrovato scomposto in brandelli chiusi in un sacco dell´immondizia abbandonato in periferia. Le impronte digitali consentono di risalire alla sua identità (un pregiudicato), alla frequentazione di una prostituta cinese nelle sue ultime ore di vita. Alla sua morte naturale durante il rapporto sessuale. All´intervento dei protettori della prostituta che decidono di liberarsi del cadavere facendolo in pezzi.
Dunque e di nuovo: chi è quella donna? Chi è il suo carnefice? Via di Porta Medaglia è normalmente luogo di prostituzione nera e transessuale. La vittima lavorava forse in quelle strade? E a quelle sventurate che devono «parlare» i suoi resti? È di un truculento pappone la mano dell´assassino? Dall´8 marzo, quei marciapiedi si sono fatti deserto. Non una testimonianza. Non una confidenza. L´investigatore della Mobile torna a farsi poco rassicurante. «Un pappone? Sarebbe la prima volta che i papponi uccidono così».