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 2011  marzo 11 Venerdì calendario

L’ITALIA DEL CENTENARIO E QUELLA DEI NOSTRI GIORNI

In questi giorni assistiamo a polemiche stucchevoli sulle celebrazioni per il 150 ° anniversario dell’unità del nostro Paese. Vorrei chiederle un resoconto delle manifestazioni e delle celebrazioni che furono tenute nel 1961 in occasione della ricorrenza dei 100 anni dell’unità, a mio giudizio una data di maggiore significato. Giovanni Silingardi giovannisilingardi265@alice. it


Caro Silingardi, N el 1961 vivevo a Londra e non ho molti ricordi personali di quelle celebrazioni, ma posso confermarle che furono sobrie e generalmente prive di spunti polemici. Come ha ricordato Bruno Forte nel Sole 24 Ore del 6 marzo, Giovanni XXIII approfittò di una visita in Vaticano del presidente del Consiglio (era Amintore Fanfani) per archiviare ciò che ancora restava della vecchia ostilità dei cattolici all’unità nazionale. Disse tra l’altro: «La ricorrenza che in questi mesi è motivo di sincera esultanza per l’Italia, il centenario della sua unità, ci trova sulle due rive del Tevere partecipi di uno stesso sentimento di riconoscenza alla Provvidenza del Signore» . Nei convegni e nelle rievocazioni di quell’anno non vi furono nostalgie per gli Stati preunitari. Nel referendum del 1946 il Sud aveva votato per la monarchia, ma il re desiderato dai meridionali era un Savoia, non un Borbone. La tesi di una parte della sinistra sul carattere conservatore e reazionario del Risorgimento non uscì dalla cerchia dei dibattiti accademici. La sinistra democratica, e in primo luogo Giuseppe Saragat che sarebbe diventato presidente della Repubblica tre anni dopo, sosteneva che la Resistenza era stata la quarta guerra d’indipendenza della storia nazionale: un implicito omaggio alla continuità dell’Italia unitaria. Quando venne preparato il calendario delle celebrazioni fu deciso che il piatto forte del centenario sarebbe stato il grande Palazzo del Lavoro che Pier Luigi Nervi e Gio Ponti avrebbero costruito a Torino. Vi furono, come è giusto, convegni, francobolli, parate militari, omaggi alle tombe dei grandi protagonisti della storia nazionale. Ma non sarei sorpreso se alla fine del 2011 constatassimo che gli eventi del 150 ° anniversario sono stati molto più numerosi di quelli organizzati per il 100 ° . Siamo dunque più patriottici? Credo purtroppo che il numero degli eventi sia inversamente proporzionale a quello delle polemiche anti-risorgimentali che divampano in alcuni settori della società. Vi è un leghismo settentrionale che non vuole celebrare l’Unità perché considera lo Stato unitario un errore da correggere. Vi è un leghismo meridionale che crede nell’esistenza di una borbonica «età dell’oro» . Vi sono riflessioni serie sul cammino incompiuto di un Paese che non è riuscito a risolvere la questione meridionale. E vi sono infine divisioni politiche che contagiano le celebrazioni. Ho l’impressione che parecchi eventi vengano organizzati soprattutto per accrescere l’imbarazzo del governo, schiacciato fra i suoi doveri protocollari e la fronda anti unitaria della Lega. La democrazia vive di contrapposizioni e polemiche. Ma le celebrazioni unitarie dovrebbero servire a unire il Paese, non ad accentuare le sue divisioni.