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 2011  marzo 11 Venerdì calendario

NELL’ISOLA INQUIETA CHE TEME IL VENTO DELLA RIVOLTA

È sparito da molti giorni Rachid, il ragazzo che voleva cambiare il Marocco. Tutti lo aspettavano sulle piazze e nessuno l´ha mai visto. Come era venuto se n´è andato, all´improvviso. Dopo avere dato fuoco alla rivolta ha lasciato soli quelli che gli avevano creduto, quasi ventimila seguaci che sognavano per lui e con lui su Facebook. Nella misteriosa comparsa e scomparsa di Rachid Spirit Zata, nome di battaglia sui blog di Rachid Antil, nato a Meknes nel 1977, laureato in legge e disoccupato, c´è tutta l´ambiguità e tutta la paura di un Marocco che sta vedendo crollare i regimi dei paesi "fratelli", un Marocco che si sente diverso ma ha i brividi addosso, che ostenta tranquillità ma ha il terrore di precipitare nel disordine del Maghreb che scoppia. Fuori luccica e dentro cova, autoroute e treni ad alta velocità che sfiorano cenciosi villaggi, i grattacieli di vetro del potere economico di Casablanca e il quindici per cento dei marocchini che vaga senza un lavoro in miserabili periferie, i cafè eleganti di Rabat e la corruzione che ha graffiato la reputazione della famiglia reale. Colpa di Wikileaks e dei sue file sulla «avidità feroce» della corte di Mohammed VI, il sovrano che regna dal 1999, diciottesimo erede di una dinastia lunga più di tre secoli che solo ieri sera - sotto la spinta delle proteste - ha annunciato «una riforma costituzionale globale». In questo contrasto doloroso e con le insurrezioni vicine, il "modello marocchino" - è da una decina di anni che qui il re ha avviato un tormentato processo di democratizzazione - rischia il contagio. Dalla costa mediterranea fin giù ai confini del deserto sono schierati migliaia fra militari e agenti delle forze di sicurezza, se mai la febbre della ribellione dovesse salire sono già pronti a fare «democraticamente» mattanza.
Ogni giorno c´è un piccolo o grande corteo in ogni città del sud e del nord, cominciano pacifici e qualche volta finiscono violenti con la polizia in tenuta antisommossa che carica e colpisce. Sfilano sempre davanti a Bab Al Nad, una delle porte fra le mura antiche della capitale. Sfilano a Marrakeck e a Tangeri e ad Agadir. Nell´ultimo mese più di 150 dimostranti feriti e più di 120 gli arrestati, palazzi bruciati, auto rovesciate, negozi saccheggiati. Sui quotidiani in lingua francese notizie di poche righe relegate nelle pagine interne, un certo risalto solo per la manifestazione di tre domeniche fa, quella del «Movimento del 20 febbraio», il grande giorno dei marocchini che sperano in un altro Marocco. Erano in 300 mila in tutto il paese a sventolare bandiere egiziane e tunisine, a chiedere «dignità» al re «che regna ma non governa». Quella stessa manifestazione che fortissimamente voleva Rachid Spirit Zata, lui che per primo aveva lanciato la disobbedienza su Internet e poi si è rimangiato tutto. Sul suo blog ha spiegato così la sua inaspettata retromarcia: «Nella protesta si sono inseriti esponenti della sinistra radicale e antimonarchica e anche estremisti islamici che nulla hanno a che fare con i nostri valori». Su di lui s´è rovesciata una valanga di insulti. E di sospetti. Un altro dei leader della protesta, Nizar Bennamate, ha accusato Rachid di essere al soldo del governo che l´avrebbe pagato e utilizzato come «agente provocatore». Alcuni noti opinionisti scrivono che è un ubriacone, altri che è una spia pagata dagli eterni nemici algerini. Forse solo infamie. Di sicuro Rachid Spirt Zata, sempre apparso barbuto su YouTube con addosso una maglietta gialla e un cappellino blu schiacciato sulla testa, ha provocato profonde divisioni in un movimento che è appena nato.
In questo caos calmo re Mohammed VI ha preso il suo tempo e quasi un mese dopo la grande sollevazione è apparso sugli schermi della tivù di stato per dire al suo popolo che il Marocco diventerà una monarchia parlamentare. Lui rinuncerà al diritto di nominare il primo ministro, che sarà scelto del partito più votato. «Un discorso di portata storica», l´ha giudicato Abdel Ilahi Bankirat, segretario di Giustizia e Sviluppo, il partito - islamico - di opposizione più forte. Per il prossimo 20 marzo, nelle piazze di tutte le grandi città marocchine, si aspetta la replica del 20 febbraio ma la stragrande maggioranza degli osservatori giura che dopo l´annuncio del re non succederà niente di sconvolgente in questo Marocco orgoglioso delle sue differenze, così vicino ma anche così lontano dalle turbolenze degli altri regimi e regni nordafricani. Oggi più che mai tutti parlano con enfasi della "eccezione marocchina", di un´isola felice nel Magreb sottosopra. C´è solo una voce contraria in mezzo a questo generale convincimento, tanto ribadito da sembrare quasi scaramantico per esorcizzare la paura. È quella del principe Mulay Hicham El Aloui, cugino di Mohammed VI, terzo nella linea di successione al trono di Rabat e oppositore del re. In un´intervista al Paìs ha garantito: «Il Marocco sta per esplodere». Bisogna dire però che, e non a caso, il cugino reale in Marocco è chiamato "il principe ribelle".