NELLO AJELLO , la Repubblica 10/3/2011, 10 marzo 2011
10 MARZO LA SVENDITA DEI TESORI BORBONICI E LA GUERRA DEI DRAPPI TRICOLORE
Dal rifugio malinconico che gli ha offerto il Pontefice, Francesco II di Borbone fa sentire la propria voce. Intrattiene ad esempio rapporti con Napoleone III, attraverso l´ambasciatore francese a Roma, duca di Gramont e di Guiche. Oggetto di queste conversazioni indirette sono i "beni farnesiani", un complesso di sublimi opere d´arte di proprietà borbonica che il deposto sovrano vorrebbe alienare e l´Imperatore assicurare alla Francia. L´interesse di Napoleone III riguarda anche ciò che resta del museo archeologico Campana, che Franceschiello ha già venduto alla Russia - in cambio di 150 mila scudi, si precisa - ma che i francesi vorrebbero riscattare. Su simili tesori ha puntato gli occhi anche la Corte di Spagna: occorre, per non creare dissapori o malintesi, informare Madrid delle trattative con Parigi, e metterne al corrente, per delicatezza, il governo pontificio. In occasione di ciascuno di questi abboccamenti, l´ex sovrano di Napoli non manca di intrattenere l´interlocutore in blande conversazioni sulle ragioni della propria condotta, da Gaeta in poi. Una sorta di gioco, insomma. Poco più che i passatempi di uno spodestato.
Secondo dicerie meno benevole e forse meglio informate, il monarca deposto sarebbe, se non al centro, certo non ignaro di una serie di macchinazioni montate ad opera di irriducibili borbonici, non soltanto meridionali ma di diverse provenienze e nazionalità, in via di riorganizzazione. Proprio ieri sono sbarcati a Genova dalla nave "Plebiscito", e diretti a Torino dove sono stati internati, una decina di individui accusati d´un complotto per rimettere sul trono il giovane Borbone. I congiurati erano stati fermati a Messina, la cui cittadella è ancora vanamente assediata dalle truppe piemontesi. In quanto coordinatore e comandante di queste nascenti bande, a metà fra borboni e briganti, si fa il nome di un Conte, il De Cristen, di cui si ricordano varie gite a Roma con relative visite a Francesco II. Una diplomazia, dunque, a maglie piuttosto larghe. Con l´ambasciatore francese, l´ex re s´intrattiene fra l´altro sulle condizioni da accordare, in Roma, ai militari rimasti fedeli alla sua causa, dopo l´emanazione del decreto che vieta ai volontari del "disciolto esercito" meridionale di mostrarsi in pubblico con l´uniforme.
Perfino verso il Piemonte si sussurra che il deposto sovrano getti qualche amo. Gli starebbe a cuore che Napoleone III, sollecitato appunto da Gramont, svolgesse un´opera di mediazione nei riguardi di Torino. Obiettivo concreto: regolarizzare nel nuovo assetto statuale ciò che concerne i beni privati non soltanto dello stesso re, ma anche delle persone della sua famiglia, zii, fratelli e sorelle, tutti travolti dalla sconfitta. In cambio di questa disponibilità il sovrano ha mostrato al dignitario francese una lettera da lui scritta il 10 marzo al maresciallo Fergola, capo della cittadella di Messina, per autorizzarlo a desistere dalla resistenza. La lettera non manca di nobili accenti, si sarebbe limitato a commentare Gramont. «A voi, generale Fergola», essa dice fra l´altro, «che avete dato un così nobile esempio di devozione, di fermezza e di coraggio, affido la cura di trattare con il nemico le condizioni della resa. Fate in modo che esse siano d´onore e di vantaggio alla guarnigione. Voglio conservare il sangue dei miei soldati, ma voglio in pari tempo tutelare l´onor loro e assicurare il loro avvenire».
Ci segnalano da Udine che un´ampia bandiera italiana, con al centro lo stemma dei Savoia, sventola fin dalla prima mattinata davanti al palazzo governativo. La polizia si affretta a toglierla, ma all´improvviso ne ricompare un´altra. La grande maggioranza dei negozi dei dintorni è chiusa. Si temono disordini: fermi, arresti, qualche scontro. Nella Chiesa di San Pietro Martire e in Duomo si celebrano messe, al termine delle quali il pubblico canta l´Oremus pro rege nostro Victorio Emanuele. Di pomeriggio si svolge «il corso delle carrozze». Una certa circolazione di bandiere sembra del tutto consona ai giorni che si attraversano nell´Italia in via di sistemazione. È in viaggio per Caprera, affidato a un gruppo di carabinieri, un enorme drappo tricolore inviato a Garibaldi dalle «donne unitarie di Napoli». Non è la prima volta che ci si trova a commentare simili doni, e un quotidiano partenopeo ha prospettato, neppure tanto per scherzo, l´ipotesi che il governo italiano procuri al Nizzardo una dimora più ampia, «perché possa ospitarvi migliaia di bandiere».
A Milano, intanto, è in pieno svolgimento il concorso, indetto dalla Giunta municipale presieduta da Antonio Beretta, per la nuova Piazza del Duomo e la strada che la conteggerà assumendo il nome di via Vittorio Emanuele. All´evento è collegata una lotteria. Dopodomani avrà luogo l´estrazione dei premi per la prima giocata, che saranno pagati «in danaro sonante dalla cassa civica dietro semplice presentazione dei biglietti vincenti». Per esigere il premio c´è tempo un anno.