NELLO AJELLO la Repubblica 9/3/2011, 9 marzo 2011
9 MARZO, E L´AIUTO A VITTORIO EMANUELE ARRIVA DAL PRINCIPE "PLON PLON"
Alla Camera di Parigi, energico discorso del principe Girolamo Napoleone, cugino dell´Imperatore, in difesa della politica francese e dei diritti dell´Italia di fronte al potere temporale del Papa. «Non esistono che due soluzioni possibili», ha detto in sostanza il principe, «O l´unità dell´Italia con Roma capitale, o l´intervento della reazione». A prima sera, il ministro francese degli Interni telefona nelle province con l´ordine di far affiggere sui muri l´annuncio: «Un magnifico discorso è stato pronunziato nel Senato da Sua Altezza Reale il Principe Napoleone. Esso ha occupato l´intera seduta destando una forte sensazione». Mai nulla di più chiaro era stato espresso, in una sede ufficiale, sui rapporti fra il nostro Paese e le attribuzioni civili del Pontefice.
Tardi nella notte è stata divulgato il testo d´una lettera che l´Imperatore ha indirizzato al principe-cugino per felicitarsi con lui delle opinioni espresse sulle cose d´Italia. «Mio caro Napoleone - vi si legge - benché io non sia interamente d´accordo su tutti i punti del tuo intervento, ci tengo a essere il primo a felicitarmi per i sentimenti così nobilmente patriottici che hai voluto esprimere. Lo hai fatto con tanta eloquenza. Ne è la prova il successo riscosso in Senato».
Non è la prima manifestazione di indipendenza, e di orgoglio personale, che il trentanovenne Girolamo abbia offerto, durante una carriera percorsa da oscillanti umori personali, per lo più vissuti in buona fede. Nitidi i suoi legami di sangue con l´Imperatore: è figlio d´un fratello di Napoleone il Grande. Suo padre, anche lui a nome Girolamo, è stato re di Vestfalia. I due, il Principe e l´Imperatore, sono dunque cugini in primo grado. Deputato di estrema sinistra alle assemblee della II Repubblica (1848-1851), Girolamo ha avversato la politica di Luigi Napoleone, poi Imperatore, fino a venire definito, in quella fase, "il Principe della Montagna" per l´accentuata impronta progressista delle sue opinioni. Più domestico il nomignolo, "Plon Plon", con il quale attualmente tutti lo conoscono. Nominato senatore dopo la proclamazione dell´Impero, ha comandato una divisione in Crimea ed è stato poi ministro dell´Algeria e delle colonie. Due anni fa ha sposato Maria Clotilde di Savoia. Nella campagna d´Italia, appoggiando i progetti italiani di Napoleone III, ha capeggiato il corpo di spedizione in Toscana. È stato univoco il sostegno che egli ha offerto al suocero Vittorio Emanuele, nel senso di realizzare l´unità della penisola, spesso anche in contrasto con le vedute dell´Imperatore.
Queste le credenziali che il Principe esibisce allo scambio di acclamazioni che tiene dietro al suo discorso. Se ne è appena attenuata l´eco in parlamento, e già il principe Napoleone così scrive a Torino (la missiva è presentata come diretta «à un ami italien», ma il destinatario è chiaramente Cavour): «Facendomi in Senato propugnatore della causa dell´Italia, eccomi ispirato dalla profonda simpatia per il vostro paese e da una sincera convinzione. Gli interessi della Francia e dell´Italia sono comuni…». Meno sfumata la risposta del Conte, nella quale, dopo i previsti ringraziamenti - «Vostra Altezza ha reso all´Italia in grande servizio. Tutti gliene sono riconoscenti, ma nessuno meglio di me può apprezzarne la portata» - si osserva che le parole pronunziate da Girolamo sono «per il potere temporale del Papa ciò che la battaglia di Solferino fu per la dominazione austriaca. Si potrà ancora negoziare, ma l´autorità del Pontefice è morta al pari dell´influenza austriaca». Non altrettanto significativa in ordine di protocollo, per i legami familiari che congiungono mittente e destinatario, il messaggio di re Vittorio Emanuele a suo genero: «Ho letto or ora il vostro magnifico discorso, ve ne ringrazio in nome dell´Italia e mio».
Le cronache, intanto, riportano aneddoti sull´ex re di Napoli, Francesco II, che alcuni indicano come colui che ormai a Roma oggi «fa la miglior figura». Un giorno, si dice, ha ricevuto la visita del cardinale francese Villecourt. Costui, tra le altre cose, ha tenuto a sottolineare la condotta dell´imperatore Napoleone III, reo di essersi comportato non proprio correttamente nei riguardi del sovrano. Francesco II, con grande aplomb, non ha risposto. E il cardinale, che voleva dar prova del suo grande attaccamento ai Borboni, è tornato alla carica, esprimendosi con accenti ingiuriosi ed esagerati contro la Francia, l´opuscolo di Laguéronnière e l´imperatore stesso. A quel punto l´ex re, molto dignitosamente e severamente, lo ha interrotto dicendogli: «Signor cardinale, senza l´imperatore dei francesi non solo io sarei uscito più presto dal regno ma voi stesso non sareste in Roma».
Notizie, di minor rilevo storico, varcano nel frattempo le Alpi. È il caso di registrarle perché cresce nel paese l´attenzione agli eventi e agli strumenti di guerra, e non è facile sottrarsi - anche negli ambienti più pacifici - a certe suggestioni militari. Viene raccomandata dai tecnici "balistici" della Francia imperiale una carabina di nuova invenzione, ora in fase di esperimento, capace di eseguire con un massimo di precisione 50 scariche al minuto. È certo che questa nuova arma contribuirà a «lasciare indietro di molto» il tradizionale revolver. Seguono spiegazioni tecniche, ad uso di persone quasi del tutto ignare di armi da fuoco: «Sono soppressi, nella carabina, il cane e il caminetto. L´interno è vuoto da destra a sinistra, e mediante una piastra di ferro governata da un ingranaggio sospinto da una molla, le cartucce vengono situate al posto dell´esplosione…». Si prevede che, appena perfezionata, l´arma «verrà data in dotazione ai bersaglieri».