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 2011  marzo 10 Giovedì calendario

CERNOBYL RINASCE CON LA UE

Cernobyl potrebbe rinascere, 25 anni dopo. La centrale dell’incidente nucleare più famoso e disastroso, il quale ha condizionato in Italia la storia dell’energia atomica con l’emotività del referendum dell’87, è ora un luogo in cui la comunità internazionale, la Commissione Ue, le istituzioni finanziarie come la Bers, stanno riuscendo a cancellare l’eredità sovietica e a trasformare Cernobyl in un grande laboratorio.

Questo è il resoconto della prima visita ufficiale di giornalisti a Cernobyl dopo 25 anni. Da allora, dalla primavera 1986, nessun giornalista è potuto entrare nel sarcofago della centrale, se non con l’inganno. Per la prima volta da allora, giornalisti hanno avuto libertà totale di fotografare.

Kiev, sede ucraina della Bers,

radioattività 0,18

Vince Novak spiega gli investimenti che la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo sta sostenendo in Ucraina, e in particolare per Cernobyl. «L’obiettivo è rendere nuovamente sicura l’area di Cernobyl», dice.

Volòdimir Holòscia è l’ingegnere che comanda tutta la "zona di esclusione" di Cernòbyl (oggi Ciornòbil, in ucraino). «Per costruire il sarcofago che racchiude il reattore 4 erano serviti sei mesi. Serviva (e serve) per proteggere l’ambiente dalla dispersione continua di polveri radioattive, ma anche per proteggere gli addetti agli altri tre reattori». Le unità 1, 2 e 3 infatti hanno lavorato ancora a lungo, hanno prodotto elettricità fino al 2000 quando l’Unione europea e il G7 hanno chiesto all’Ucraina di fermare anche l’ultima delle quattro macchine e di spegnere anche la centrale nucleare di Rovne (Rivne in ucraino), offrendo a Kiev un incentivo di 65 milioni di euro per dare al paese le fonti alternative di energia.

«La storia di Cernobyl non è un caso che riguarda la sola Ucraina. È un caso che riguarda il mondo: è il campo sperimentale – afferma Holòscia – su cui si sono imparati gli errori che non saranno più commessi e su cui si affinano soluzioni e tecnologie». Si studia come gestire la grafite dei reattori spenti, come gestire le scorie delle altre centrali atomiche ucraine, come smaltire le acque di raffreddamento, dove realizzare il deposito "geologico" (sotterraneo) per il combustibile ad alta radioattività. Si provano più soluzioni diverse alla ricerca di quella migliore. Finora sono stati spesi 12 miliardi di dollari, anche per la decontaminazione, gli impianti di trattamento dei materiali, per le spese sociali. Novak assicura che tramite la gestione accorta dei fondi condotta dalla Bers non ci saranno sprechi, come quello che aveva scoperto dieci anni fa Iwona Trusewicz nel villaggio fantasma di Brusiliv, realizzato solamente per far fare cassa a qualche furbetto degli appalti e distrutto dall’incuria.

Il problema è il vecchio sarcofago, la cassa di cemento che racchiude la zona del disastro. È vecchio e crepato. Piove dentro, e la pioggia dilava uranio, torio, cesio e altri elementi. Nel ’97 un comitato internazionale ha creato il Chernobyl shelter fund, il fondo per il nuovo hangar colossale, finanziato con 758 milioni di dollari l’anno, il quale deve realizzare il Sip, lo Shelter implementation plan, cioè la volta a botte alta 110 metri che sarà costruita a fianco della centrale e che sarà fatta scorrere, coperchio da giganti, fino a racchiudere la centrale esplosa. È costruito dalla Novarka, joint venture con le francesi Vinci e Bouygues. Dovrà durare un secolo. Smetteranno a sollevarsi polveri radioattive a ogni ventata. Il reattore del disastro potrà essere smantellato senza il terrore di sollevare nuvole di cancro. Nota a margine, la Russia non partecipa al fondo.

I soldi non sono sufficienti. Jean-Paul Joulia, della Commissione europea: «Il progetto costerà alla fine 1,54 miliardi di euro. Mancano all’appello 602 milioni. Li troveremo. Il nostro obiettivo è la protezione della salute e dell’ambiente. È prevenire che accadano nuovi incidenti».

Kiev, verso Cernobyl; radioattività 0,14

Sul Hresciàtik, il viale principale di una delle città europee più vivaci e belle, piace il vino rosso. La medicina popolare ucraina dice che il vino rosso previene i rischi da contaminazione radioattiva. Sciocchezze, come quando 25 anni fa ai sovietici veniva consigliata come medicina tuttofare la vodka.

Sul Dnepr gelato i pescatori fanno i buchi nel ghiaccio per catturare qualche carpa affamata.

Cernobyl, punto di ingresso della zona di esclusione, radioattività 0,7

Oggi attorno alla centrale lavorano 3.300 persone. Sbancamenti di terreni contaminati, controlli, poliziotti, medici, impiegati. La zona di esclusione è una fetta di pianura di betulle attraversata da fiumi larghi. Villaggi abbandonati. Cernobyl è una borgata di 2.500 persone, quasi tutti addetti ai servizi attorno al cadavere della centrale. Volodomir Holoscia: «È un’area inaccessibile di 25 chilometri quadri. Abitavano 116mila persone, 96mila furono trasferite altrove». Dopo il trasloco di 25 anni fa, 3mila di loro tornarono alle loro case, ma ripartirono. Degli abitanti originali, nella zona di esclusione ne vivono ancora 250, ma è vietato abitare (se non per motivi accertati) e lo dice la legge ucraina perché non è possibile garantire standard di qualità ambientale.

Cernobyl, sala riunioni sulla sicurezza, radioattività 0,30

La Ciornobilska atom elektro stanzia (Caes) è un formicaio di attività. Nella centrale, il reattore esploso nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986 è il quarto. Più in là si stavano costruendo i reattori 5 e 6, e sono scheletri abbandonati da 25 anni, con le gru rugginose che li circondano.

Andrei Savin, ingegnere capo del progetto, mostra dalla finestra i dettagli della centrale, la ciminiera di ventilazione alta 115 metri, le condizioni all’interno del reattore. Bisogna fare il body control radiometrico, sedendosi su poltrone di rilevazione: all’uscita il controllo sarà ripetuto per vedere quanti raggi sono stati assorbiti. Bisogna cambiarsi interamente, indossando abiti della centrale. Niente di quanto viene a contatto con l’interno deve poi uscire.

Cernobyl, a 200 metri dal sarcofago, radioattività 72,44

L’ingegnere Aleksandr Evgenevic Skripov: «Mi raccomando, non va toccato niente, non appoggarsi alle pareti». Gli addetti in tuta bianca girano con la mascherina, per non respirare polveri al cesio e al torio, e con i guanti.

Cernobyl, dentro al sarcofago, nella sala controllo dell’incidente, radioattività 0,9

Qui all’una di notte del 23 aprile cercavano di fare la pazzìa di provare a vedere come si comportava l’unità 4 in caso di fermata per avaria. Un’avaria provocata, in questo caso. Era una prova già tentata (con successo) sull’unità 3, adiacente. Questa volta, non riuscì l’esperimento, somma di errori umani in sequenza impressionante, dalla progettazione della centrale senza copertura blindata fino all’affidamento della prova disastrosa a un turno di addetti che non aveva partecipato alla programmazione.

È una stanza buia di cemento. Senza finestre né luce. Una caverna. Per raggiungerla, corridoi ciechi illuminati dal neon. L’ingegner Skripov illumina la sala controllo nera con una torcia spalleggiata. Ci sono i quadri di comando e di gestione. Alla parete lo schema dell’impianto, com’era nell’86. Centinaia di interruttori, lucine e spie, fasci di migliaia di cablaggi: tutto è stato tolto e restano i tavoli di comando e i tabelloni di lamiera zincata con centinaia di fori allineati, in ogni buco c’era una spia o un bottone. Lo scheletro sdentato dell’errore e dell’orrore.

Polvere grigia su tutto. Cicche di sigarette a decine, anche se è vietatissimo fumare. Questo bunker buio e abbandonato è il rifugio del vizio.

È un niente, un posto banale senza vita, un relitto di cemento grigio: ed è uno dei luoghi della storia. Qui fu data una delle grandi spallate al comunismo, quando di colpo i popoli dell’Urss, dopo le propagande a colpi di Juri Gagarin e di tecnologie spacciate per vere, si sentirono traditi dal sogno di felicità promesso dalla dittatura. Era una bugia, colossale; l’Urss era una commedia terrificante.

(I dati sulla radioattività sono espressi in microröntgen).