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 2011  marzo 10 Giovedì calendario

Uno stretto legame con Picasso. Passando per l’Italia - Se per una volta, una soltanto, smettessimo di scrivere degli amori lesbici di Tamara de Lempicka, delle sue avventure, del suo mancato rapporto con Gabriele d’Annunzio, forse potremmo veramente cercare le sue matrici, il senso della sua storia

Uno stretto legame con Picasso. Passando per l’Italia - Se per una volta, una soltanto, smettessimo di scrivere degli amori lesbici di Tamara de Lempicka, delle sue avventure, del suo mancato rapporto con Gabriele d’Annunzio, forse potremmo veramente cercare le sue matrici, il senso della sua storia. Credo che giustamente Gioia Mori abbia posto in rilievo il dialogo di Tamara con la pittura rinascimentale italiana, ad esempio col Bronzino; questo rapporto è confermato dalla stessa pittrice che dialoga con Botticelli, Pontormo, Carpaccio e poi anche con Moretto, spia possibile di un interesse per il racconto dei veneti di terraferma da cui muove anche Caravaggio. Ma allora da dove nasce l’invenzione della pittrice? Anche l’intreccio dei rapporti con l’arte italiana, quella di Novecento, non è chiaro, come non è chiaro se vi sia un dialogo anche con altre esperienze oltre a quello con Picasso, ad esempio con la pittura fiamminga e la sua analitica scrittura. Una notazione prima di tutto, la Lempicka viaggia dalla San Pietroburgo degli Zar alla Francia, dalla Germania all’Italia, dunque quali sono le esperienze che la formano? E ancora, da dove nasce quel suo inconfondibile tempo lungo, quello impiegato anche nel dipingere per velature, per sottili pennellate volte a tornire i corpi e a sottolineare le ombre coi grigi e gli scuri, così lontano dalla tradizione postimpressionista e delle avanguardie? L’idea di condensare nel quadro una spazialità nuova impegna fin dalle origini la pittrice in un dialogo difficile; infatti, priva come è di una formazione accademica, soltanto la copia può aiutarla a risolvere i problemi compositivi: da qui i disegni da Pontormo, Botticelli e le citazioni da Raffaello, Michelangelo, dall’antico e anche da Ingres. Ma quella idea di tempo sospeso, di un non-evento che caratterizza l’arte di Tamara, da dove muove se non da Giorgio de Chirico il cui peso parigino ed europeo, nel secondo decennio e dopo, è presente a tutti? Dunque dipingere un non-accadimento, ecco la prima chiave. Certo però non basta il fitto dialogo con l’arte rinascimentale e del ’ 600 per comprendere la dimensione, i caratteri di queste forme ridondanti, tornite, intense nella loro statuaria immobilità. Se si riflette sulla presenza a Parigi di Diaghilev, Benois, Bakst e quindi dei balletti russi e si ricorda che, nel 1917, Picasso aveva iniziato a dipingere a Roma e poi aveva terminato a Parigi il grande sipario di «Parade» , anche con l’aiuto di alcuni pittori italiani che faranno poi riferimento al gruppo di Novecento, si comincia ad avere una chiave per comprendere le scelte di Tamara. Proprio lo spazio del sipario di «Parade» si lega alla scoperta del sospeso racconto dei quadri metafisici di De Chirico degli inizi del secondo decennio; del resto quello che Picasso scopre nell’arte antica e rinascimentale in Italia diventa la chiave per le sue invenzioni dal 1917 in poi. Infatti dipinti dello spagnolo come Tre donne alla fontana (1921), Donna seduta (1921), Donna nuda che si asciuga il piede (1921) devono essere stati determinanti per la pittrice polacca, essa infatti mostra un improvviso, netto stacco di scrittura pittorica fra i quadri del 1922 e quelli del 1923 dove le citazioni da Picasso — classico — sono evidenti; ricordo La dormeuse, Nu assis, Nu assis de profil, tutti proprio del 1923. Certo, si potrebbe vedere altro nella Dormeuse, ad esempio memorie del naturale del Doganiere Rousseau e nel Nu assis de profil un evidente dialogo con Michelangelo. Ma è proprio il Nu assis a farci intravedere un altro, forse insospettabile rapporto, quello con la ricerca di Otto Dix, dunque con la analitica oggettività critica della pittura tedesca. Perché la pittura della Lempicka non è dolce, amabile, sensuale, semmai angosciosa e densa di storia. Qualche dubbio? Tutta la ricerca dell’artista sulla figura negli anni 20 e 30 è nel segno di De Chirico e di Picasso, dunque di una lunga durata dell’immagine. Tamara amava molto un suo dipinto, La Mère supérieure (1935), accusato dalla critica di piangere lacrime di glicerina: peccato che il quadro esca direttamente da una meditazione sul tempo lungo e sulle lacrime di perla delle tavole di Rogier van der Weyden. Lo sappiamo, Tamara conosceva Gide, conosceva certo la Recherche di Proust: ebbene, agli inizi degli anni 20 e ancora dopo dimentica il costruttivismo, dimentica i futuristi e sceglie una strada diversa: il tempo lungo della contemplazione, ascoltando il silenzio della pittura.