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 2011  marzo 10 Giovedì calendario

Così i fratelli arabi aspettano la fine del rivale di sempre - Per la prima volta Muammar Gheddafi è costretto a rivolgersi ai «fratelli arabi» , a quei fratelli che lui aveva sempre trovato il modo di umiliare, tradire e insultare

Così i fratelli arabi aspettano la fine del rivale di sempre - Per la prima volta Muammar Gheddafi è costretto a rivolgersi ai «fratelli arabi» , a quei fratelli che lui aveva sempre trovato il modo di umiliare, tradire e insultare. Vien quasi da sorridere se si pensa ai casi della vita. Dopo aver boicottato quasi tutti i vertici della Lega araba ai quali aveva deciso di partecipare; dopo aver fatto rinviare di mesi un summit a Tunisi per aver minacciato di morte il re saudita; e dopo aver impedito che a Sharm el Sheik nel 2003 passasse una proposta per offrire l’esilio a Saddam Hussein (un intervento accompagnato da imbarazzanti e violenti incidenti fuori dall’aula del vertice), ora la legge del contrappasso impone al dittatore libico di chiedere l’aiuto dei «fratelli» . Se passerà la delicata proposta di una «no-fly zone» sulla Libia, sarà necessario ottenere il consenso, quando non proprio l’avallo della Lega araba. Durante la guerra per la liberazione del Kuwait, nel 1990, la stragrande maggioranza dei leader musulmani si schierò con la coalizione guidata dagli Stati Uniti contro il regime di Saddam. Era quasi scontato, visto che il dittatore iracheno aveva osato invadere un piccolo paese fratello. Ma già nel 2003, nonostante il risentimento nei confronti del califfo di Bagdad, il fronte arabo ostile alla guerra (decisa da Bush con il pretesto del possesso di armi di distruzione di massa, che non furono mai trovate) era praticamente unanime. Tuttavia Gheddafi, da autentico pirata, fece fallire quell’iniziativa sull’esilio a Saddam caldeggiata da Arabia Saudita, Emirati, ma sostenuta anche dall’Egitto e dalla Giordania. Ora è Gheddafi che chiede aiuto. Per questa ragione ha mandato i suoi emissari al Cairo, sede della Lega e al Consiglio di cooperazione del Golfo. Al solito provocatoriamente. Va detto subito che, in questo momento, i paesi arabi nel nord Africa e nel Medio oriente, hanno molti altri problemi da risolvere, con le rivolte che non si placano e i focolai di tensione che si moltiplicano più o meno dappertutto. Quindi l’idea di sostenere, e magari di appoggiare iniziative militari è quasi un azzardo, sostenuto però dal segretario generale della Lega araba, l’egiziano Amr Moussa, che si era schierato subito a difesa dei ribelli libici che combattevano con pochi mezzi contro il dittatore chiedendo libertà, la fine delle angherie del regime, e pronti a pagare un alto prezzo di sangue. Ma il passo successivo, cioè il sostegno ad azioni militari dall’esterno, è assai più problematico e complesso. In numerosi paesi arabi si continua a sostenere e a caldeggiare, prima dell’imposizione di una «no-fly zone» nei cieli della Libia, la necessità di una trattativa con due obiettivi: liberarsi di Gheddafi e ottenerne l’immediato esilio. Anche se è difficile immaginare, sempre nel caso che il colonnello accetti di lasciare il potere, quale potrebbe essere il paese disposto ad ospitarlo.