Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 10/03/2011, 10 marzo 2011
Villari: «A chi non piacerebbe la commissione Cultura?» - ROMA— «Ehm... Ma davvero?» . È una voce che la riguarda, senatore Villari: complicato che arrivi prima a me
Villari: «A chi non piacerebbe la commissione Cultura?» - ROMA— «Ehm... Ma davvero?» . È una voce che la riguarda, senatore Villari: complicato che arrivi prima a me. «Mi faccia capire meglio...» . Potrebbe diventare presidente della commissione Cultura del Senato. Su, lo sa anche lei. «Senta, a chi non piacerebbe un incarico così? Però tante cose che ci piacciono sono magari indisponibili...» . Ironico, elegante, colto, astuto: e così sulla grande scena della politica torna Riccardo Villari, 55 anni, ex democristiano, tra i fondatori del Partito democratico, un carattere imprevedibile, curioso miscuglio di rigore e istinto, un’alta e legittima considerazione di se stesso (Walter Veltroni, allibito, constatò che era impossibile dargli ordini), docente universitario e medico epatologo, napoletano altoborghese, l’estate a Capri, la domenica allo stadio San Paolo a tifare per il Pocho accanto al presidente De Laurentis, e poi il suo inseparabile loden verde che in realtà è di cachemire, e poi ancora, visto che siamo in biografia, la fama di avere un certo successo con le donne (la soubrette Barbara D’Urso, piuttosto orgogliosa, confessò in diretta su Canale 5 di essere stata la sua prima fidanzata). Villari torna, o rischia di tornare, dopo essere stato due anni al gruppo misto, dove arrivò nel dicembre del 2008, quando fu espulso dal Pd: epilogo inevitabile di quelle lunghe settimane trascorse a Palazzo San Macuto, solo e accerchiato, presidente della commissione di Vigilanza Rai, eletto con i voti decisivi del Pdl. «All’epoca tenni duro, e può darsi che sbagliai, oppure no: di certo, però, non sono un corrotto, come disse Di Pietro. Di certo, da quella storia, non ho guadagnato» . La voce un poco gli trema. «Beh, sa: fui sbattuto fuori da un partito, il Pd, che avevo contribuito a far nascere ma dal quale, questo mi farebbe piacere se lo scrivesse, sarei andato via comunque. È un progetto fallito. E lo dico con amarezza, perché io, a quel progetto, avevo creduto» . Una mattina di settembre si alza, al Senato, e spiega che darà il suo voto di fiducia al governo Berlusconi. Erano i giorni in cui qualche parlamentare assicurava la fiducia al premier per non far cadere il governo e poter continuare a pagare il mutuo. Non è il caso di Villari: che ha di suo, ha una professione e, se dosi di scaltrezza sono previste, le gestisce con attenzione. Qualche settimana fa, così, entra nel gruppo di Coesione nazionale. Racconta cos’ha detto al Cavaliere: «Posso dare un contributo da moderato e da riformatore» . Belle parole, ma in cambio di cosa? «Di niente. Primo, perché le commissioni del Senato hanno già tutte degli eccellenti presidenti. Secondo, perché la politica, per me, non è una questione mercantile» . Vediamo come va a finire. Fabrizio Roncone