Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 10 Giovedì calendario

La psichiatria «sinistrata» dagli eredi di Basaglia - Ricordate come, una trentina di anni fa, i matti cessarono di es­sere tali e divennero i prodotti di una socie­tà ingiusta e alienan­te, vittime inconsapevoli di un’in­tollerabile discriminazione, por­tatori di una verità sociale (o con­tro- sociale) inaccettabile per i «normali»e di come,infine,i mat­ti vennero «assolti» con formula piena e immediatamente rilascia­ti ( dai manicomi)? Questa senten­za ha una data precisa: 13 maggio 1978, giorno di approvazione del­la legge quadro 180, più conosciu­ta come «legge Basaglia»

La psichiatria «sinistrata» dagli eredi di Basaglia - Ricordate come, una trentina di anni fa, i matti cessarono di es­sere tali e divennero i prodotti di una socie­tà ingiusta e alienan­te, vittime inconsapevoli di un’in­tollerabile discriminazione, por­tatori di una verità sociale (o con­tro- sociale) inaccettabile per i «normali»e di come,infine,i mat­ti vennero «assolti» con formula piena e immediatamente rilascia­ti ( dai manicomi)? Questa senten­za ha una data precisa: 13 maggio 1978, giorno di approvazione del­la legge quadro 180, più conosciu­ta come «legge Basaglia».Da allo­r­a l’Italia politica è rimasta immo­bile sulla questione. Esce in questi giorni un notevo­le saggio di Adriano Segatori, Ol­tre l’utopia basagliana (Mimesis, pagg. 344, euro 24) - che rilancia coraggiosamente la vexata quae­stio del trattamento medico della follia e fa i conti con il totem intoc­cabile della figura dello psichiatra Franco Basaglia. Prevediamo rea­zioni critiche: l’operato e l’eredità di Basaglia, infatti, sono protetti da una spessa coltre di filosofia francese postmoderna (da Mi­chel Foucault a Gilles Deleuze) che,guarda caso,è il«brodo di col­tura » preferito dalla globalizzazio­ne intellettuale. Criticarli equiva­le ad at­tirarsi seduta stante l’accu­sa di conservatorismo destrorso e di vetero-umanesimo. Segatori prende di petto la que­stione: la scienza psichiatrica è stata«sinistrata»dalla legge Basa­glia, che ebbe fondamenti e mo­dalità di applicazione squisita­mente «comunisti», nonché il so­stegno della Democrazia cristia­na. Tutto in barba all’oggettività della malattia mentale che, scrive Segatori, «nonostante si voglia prodotta da un vago e indefinito disagio sociale, maggiore nei pae­si industrializzati e che colpisce anche i ricchi e i socialmente riu­sciti, è presente in tutte le latitudi­n­i e in tutte le culture anche primi­tive ».Ma negli anni ’60 la tentazio­n­e per la sinistra intellò fu irresisti­bile: attuando una vera e propria «distorsione paranoica», la com­pl­essità del disturbo psichico ven­ne spiegata «attraverso un sempli­ce cortocircuito sociale » e si prete­se di risolverla con «un’equazio­ne visionaria» che azzerava ogni tipo di professionalità «in nome di un livellamento operativo ver­so il basso. Il malato mentale di­ventò il simbolo di una società in­giusta e l’operatore psichiatrico un restauratore rivoluzionario di una velleitaria equità- grazie al ri­sentimento ben indirizzato e fo­mentato ». Molto sovietica, come tecnica culturale. «Comunismo applicato alla psiche» ha scritto Marcello Veneziani su queste pa­gine un anno fa in occasione della produzione, da parte della Rai, di una fiction su Basaglia, C’era una volta la città dei matti . Il passo successivo, persino pre­vedibile, di questa anti-psichia­tria all’italiana di cui Basaglia era il punto di riferimento indiscusso fu la chiusura dei manicomi, se­guita nei decenni dalla difesa di un «sistema dottrinario intramon­tabile da parte di una casta li­turgi­ca chiusa e potente dedita alla dif­fusione del verbo originario ». Na­turalmente, continua Segatori, «i tempi sono cambiati, quindi an­che le procedure d’intervento e d’insinuazione». Ma la sostanza no. La psichiatria basagliana evi­ta oggi i canti rivoluzionari, l’occu­pazi­one di studi medici e le intimi­dazioni ai nemici intellettuali, pre­ferendo «la gestione fanatica e ne­potistica del potere attraverso la blindatura delle carriere profes­sionali, l’istituzione faziosa di cor­si di formazione e la pianificazio­ne­sempre più dogmatica delle in­formazioni ». La conclusione di Se­gatori è preoccupante: «Per i basa­gliani la psichiatria è stata ed è la politica condotta con altri mez­zi ». E con qualche danno teorico e pratico: ricordiamo l’indulgenza di Basaglia, sulla base della sua vi­sione di una psichiatria «senza li­miti », verso quel medico che vo­lesse ubriacarsi col proprio pa­ziente per esigenze terapeutiche. C’è di più.L’iniziale impostazio­ne genericamente politica, con forti influenze marxiste, dei basa­gliani degli anni ’70 e ’80 si è tra­sformata nella «fede»dei basaglia­ni di oggi (più ricchi che in passa­to di venature cielline) e ha con­dotto all’impossibilità di un con­fronto dialettico. Per Segatori, in­fatti, esistono in psichiatria tre fon­damentalismi: quello che fa di­pendere il disagio mentale total­mente dalla psiche ( e qui potrem­mo citare Jacques Lacan e James Hillmann); quello per cui tutto o quasi trova le sue cause nell’orga­nismo ( Giovanni B. Cassano e al­tri­sostenitori della terapia farma­cologica); e quello, appunto, dei basagliani. Ma se i primi due si so­no progressivamente aperti al dia­logo inter­ terapeutico,quest’ult­i­mo rimane chiuso in se stesso. «Vorrei che mi fosse spiegato ­dice spesso Segatori a chi lo con­tatta per scambi di lavoro o di cul­tura - come può esistere l’apolo­gia basagliana di ciò che è bene, tout court , per il malato, nel mo­mento stesso in cui lo si indirizza verso una terapia unica, toglien­dogli la disponibilità di altre stra­de e rifiutando le innovazioni del progresso scientifico. Bisognereb­be fare in modo, invece, di appli­care tutte le terapie disponibili: se­condo scienza e coscienza, ovvia­mente ».