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 2011  marzo 09 Mercoledì calendario

L’ultimo segreto del raìs? Il padre sarebbe un italiano - Di un Gheddafi «ebreo» si sa­peva già

L’ultimo segreto del raìs? Il padre sarebbe un italiano - Di un Gheddafi «ebreo» si sa­peva già. Se ne era parlato tempo addietro, quando una anziana si­gnora israeliana di origine libica, la settantasettenne Rachel Tam­mam, raccontò che il colonnello era figlio di sua zia (zia di lei, di Ra­chele) che di nome faceva Razale Tammam, una ebrea di Bengasi che poco dopo la maggiore età ave­va sposato un musulmano scon­trandosi perciò contro la volontà del padre. Ora, ad accentuare l’aura di mi­stero che circonfonde la figura del­la Guida Suprema, ecco un Ghed­dafi addirittura italiano, italiano e per colmo di misura perfino battez­zato. Lo dice un’altra signora molto anziana, la signora Mary Pace, che in un suo libro di imminente pub­blicazione, opportunamente inti­tolato «Il segreto di Gheddafi», (Book Sprint Edizioni) racconta come e qualmente Muammar Gheddafi sarebbe il figlio naturale di un ufficiale italiano che a caval­lo fra i Trenta e i Quaranta si distin­se in una serie di manovre militari (e non, si direbbe) in Libia, nella Sirte. Sembra così incongrua, la vicen­da, che perfino l’irrompere in sce­na di una pecora imbizzarrita nel secondo atto dell’Aida di Giusep­pe Verdi parrebbe più plausibile. Ma la signora Pace, che nel libro racconta di come lei stessa sfuggì a un sicario armato di pugnale nell’ ambito di un suo tour investigati­vo in Libia, nel lontano 1997, non sembra darsene per inteso, e va dritta al punto. Per corroborare il suo scoop cita (oltre a una anoni­ma giornalista romana e al padre del suo medico) anche il console boliviano con poteri speciali pres­so la Santa Sede, Riccardo Sindo­ca, personaggio legato al gran mondo degli 007. La madre di Muammar Ghedda­­fi, una avvenente giovanotta libi­ca, sarebbe stata dunque sedotta e abbandonata da un ufficiale italia­no che avrebbe poi portato l’infan­te -aveva otto o nove mesi- in ae­reo a Venezia, città dove il pargolo sarebbe stato battezzato. Così, secondo la signora Pace, si spiegherebbe il diuturno conflitto edipico del colonnello con la ma­trigna Italia, il suo carattere satur­nino ( è «la frustrazione di non aver avuto il padre con sé», spiega la Pa­ce) e l’occhio di riguardo che i no­stri servizi segreti sempre ebbero per il giovane ufficiale che più di quarant’anni fa rovesciò re Idris. Secondo l’autrice del «Segreto», la giornalista romana che le rivelò la storia «era stata a Venezia a inda­gare, conosceva il prete che l’ave­va battezzato e la parrocchia, e per quanto fosse brava nel fare il suo lavoro, non riuscì a far parlare il prete». A questa prima «rivelazione» si aggiunge quella di un signor Am­brogio Spaziani, padre del medico della Pace e vecchio soldato in Li­bia. Fu Spaziani a raccontarle dell’ ufficiale e della ragazza libica, del bambino e del volo a Venezia con conseguente battesimo. Purtrop­po, scrive la Pace nel libro, «quan­do volevo iniziare a fare le mie ri­cerche per poter supportare ciò che avevo saputo da qualche strac­cio di carta, venni informata che il rais aveva fatto distruggere ogni traccia». Poco importa, tuttavia, giacchè il console boliviano con poteri spe­ciali in Vaticano, Riccardo Sindo­ca, in una intervista, le viene in soc­corso. «Le sue affermazioni -dice testualmente il console in un lin­guaggio le cui sfumature allusive non sfuggiranno agli appassionati di spy stories- trovano riscontro in quanto anche da me appreso in an­ni di “onorato servizio Atlantico“ ma mi creda così come me e molti hanno già fatto in questi anni, chia­rezza e giustizia possono solo addi­venire a realtà portando alla pub­blica opinione concrete testimo­nianze e non certo sterili o politi­che risposte». Et voilà.