Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 9/3/2011, 9 marzo 2011
O I DELFINI O NIENTE
Cercare lavoro è un lavoro. Il più difficile. È una caccia al tesoro con pochi e confusi indizi. Non hai una mappa né una meta precisa. Devi provare. Nascosto tra la mensa universitaria e l’aula informatica, nel quartiere San Lorenzo di Roma, c’è un centro per l’impiego per laurea-ti, diplomati, studenti. Per tutti. C’è una ragazza gentile e graziosa che ti fa accomodare, ti guarda in faccia, e tu speri che sia la migliore possibile, condivide con te l’ansia, calma la tua foga.
TU CHIEDI senza sapere le risposte, ma lei già conosce le tue domande. Non è un esame, peggio. Hai le istruzioni per l’uso sul sito: dieci consigli per il disoccupato perfetto. Numero 1: “Un curriculum ben preparato e ben argomentato rappresenta il 50 per cento della selezione”. La lista è spietata. C’è un capitolo finale che può scoraggiare i più timidi e indecisi: come gestire le emozioni? Bel dilemma. Come fai a prevedere le tue reazioni, a fermare le mani che mulinano, a bloccare il rossore, a garantirti una salivazione costante? Fatti tuoi. Ti mettono in guardia: “Grande importanza riveste l’atteggiamento che si assume. State proponendo la vostra professionalità!”. Punto esclamativo, e via. Entri che non sei nessuno: mai visto, mai archiviato. Un disoccupato per esistere deve tuffarsi nel cervellone di Roma e provincia: 26 sportelli, 6 in città, un milione di iscritti, residenti, domiciliati, a distanza. La ragazza inserisce i tuoi dati nel cervellone, numeri e studi tracciano il tuo profilo. Apre la bacheca che inghiotte decine di annunci di aziende private, messaggi criptici con l’inganno incorporato. Sempre tirocini, mai un contratto, soltanto promesse: “Adesso puoi valutare – dice – le offerte a casa, riflettere con calma e tornare qui per candidarti. Poi verrai contattato, se ti va bene. Altrimenti, rifai il percorso daccapo”. C’è una parola che suona stonata: calma. Il tempo è nemico per chi cerca un lavoro: “Per piacere, puoi dirmi ora, proprio ora, cosa potrei fare?”. La ragazza ripiega il suo sorriso di ordinanza, si fa seria, quasi sconsolata.
MI OSSERVA mirando lo sguardo dal basso verso l’alto: “Mi spiace, c’è solo un corso per addestratore di delfini. Hai una laurea, non serve. Parli inglese? Non interessa molto. Sai nuotare?”. Poi fa un giro con la sedia e mi indica le aule universitarie. C’è l’antica e popolosa Sapienza, 130 mila iscritti. E per loro, e per un milione di persone, l’ufficio di San Lorenzo propone tre posti a zero euro al mare di Torvajanica: “E se sarai bravo un anno con stipendio. Ti lanci?”. Leggiamo le richieste. Età massima: 26 anni. Titolo di studio: “preferibile” laurea triennale in oceanografia, acquariologia, biologia, veterinaria o scienze ambientali. Requisiti: buona condizione fisica, ottimo livello di nuoto e apnea, presenza scenica e predisposizione teatrale. Un ragazzo accanto mi consola: “Non è adatto a te, puoi tentare. Che ti costa?”. E la sua amica: “Puoi esercitarti con l’apnea sotto la doccia...”, ride. E forza: vediamo se chiamano un giornalista per far saltare i delfini tra i cerchi. Esco, tocca a Claudio: “Come è andata? C’è molto?”. Claudio è un ingegnere, simpatico, meridionale. Abita a Roma da sette anni, i suoi gli passano 700 euro al mese, il resto è un insieme di soldi raccolti qua e là: ristoranti, pizzerie, consegne. Ha adocchiato un annuncio, l’unico, del centro di Torre Angela: segretario di amministrazione, ordini di acquisti, fatture e documenti. Ci sa fare con i conti: “Meglio una scrivania, seppure piccola, che spaccarti la schiena come magazziniere, no?”.
NON C’È TANTO tra decine di inserzioni su informa- servizi.it che resistono un paio di settimane, a volte un mese: ragionerie contabile, addetto stipendi e paghe, commesso di vendita, parrucchiere per signora, agente assicurativo. Ecco, il tesoro: 50 posti da telefonista, un generico call center in periferia, il pezzo più grosso di un centinaio di occasioni. Cento, esatto, contese da un milione di persone.
Fuori dal centro per l’impiego, sembra che il lavoro ti salti addosso. Manifesti enormi che annunciano concorsi pubblici, “che vincono sempre loro”: un collaboratore uno per l’Agenzia del farmaco, un tecnico uno per il Comune di Pomezia, un borsista uno per il Consiglio nazionale delle ricerche. Forse ha ragione Claudio: “Meglio una scrivania, seppur piccola, che spaccarti la schiena”. Oppure addestrare i delfini senza saper nuotare.