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 2011  marzo 05 Sabato calendario

Stanno usando il processo Mastella per affilare la ghigliottina per il premier - Altro che leggi ad personam, quello che funziona in Italia è solo il processo ad personam

Stanno usando il processo Mastella per affilare la ghigliottina per il premier - Altro che leggi ad personam, quello che funziona in Italia è solo il processo ad personam. Quello a Silvio Berlusconi sul caso Ruby andrà avanti come un treno superveloce, e proprio ieri la procura di Milano ha fatto sapere che avrà una corsia preferenziale e non potrà essere messo in coda a nessuno degli altri tre procedimenti che hanno come imputato il presidente del Consiglio. Il caso Ruby deve quindi seguire passo a passo secondo la procura la prossima campagna elettorale per le amministrative, e chiudersi quasi in contemporanea con il responso delle urne. Il fatto grottesco è che questo piano quasi perfetto per incastrare Berlusconi è stato motivato per il bene di Ruby, anche se a sua insaputa. Già, perché il processo deve correre come un treno visto che «ha come parte offesa una minorenne», che offesa non è e infatti non si è costituita nel procedimento. È un altro degli elementi anomali di questo tentativo evidente di usare il processo come la leva con cui fare saltare Berlusconi da palazzo Chigi. Quel che finora è fallito con una certa cocciutaggine si riprova ancora chiudendo ogni spazio di difesa al premier. A fare le spese di questo fronte unico dei magistrati è stato il povero Clemente Mastella, che con il braccio di ferro su Ruby c’entra poco o nulla. Giovedì la Cassazione ha infatti dato una lezione all’ex ministro della Giustizia del governo di Romano Prodi perché anche Berlusconi potesse intendere. LA VICENDA MASTELLA Mastella è infatti sotto processo da quell’inizio 2008 per concussione insieme alla moglie Sandrina Lonardo. Siccome il reato non era così chiaro, gli avvocati della famiglia ricorsero in Cassazione. E finirono davanti alla sesta sezione penale, guidata dal giudice Giorgio Lattanzi. Che rispose picche a Mastella: la concussione è un reato assai largo, perfino presentare una interrogazione in consiglio regionale è una minaccia che configura il reato. Si badi bene, proprio questa decisione è stata citata nel rinvio a giudizio a Berlusconi, tanto per fare capire come il suo destino sia legato a doppio filo a quello di Mastella. Nel 2008 si volle fare cadere per via giudiziaria il governo Prodi. Nel 2011 per par condicio tocca a Berlusconi, nello stesso modo. Mastella però è un signore cocciuto, e ha rifatto ricorso in Cassazione: ma come, io ero ministro e voi non mandate tutti gli atti al tribunale dei ministri? Sfortuna ha voluto che quel ricorso sia finito di nuovo davanti alla sesta sezione penale della Cassazione, guidata ancora una volta da Lattanzi. Lui ha istruito la pratica, poi a fine dicembre scorso è stato promosso giudice della Corte Costituzionale e ha dovuto lasciare ai suoi ex collaboratori la decisione su Mastella e il tribunale dei ministri. Che è arrivata, dando torto all’ex ministro: è il giudice ordinario che decide se il reato è ministeriale o meno. E il giudice di Mastella ha deciso che il tribunale dei ministri non c’entra. Esattamente come è accaduto a Berlusconi. Manca ora la terza tappa: una strada che Mastella ha già seguito e che Berlusconi vorrebbe percorrere per alzare uno scudo di fronte ai cocciutissimi magistrati di Milano. Il Senato ha già sollevato conflitto di attribuzione con i giudici del processo Mastella di fronte alla Consulta. Il 9 marzo prossimo si deciderà se il conflitto è ammesso dalla Corte Costituzionale. E chi lo deciderà? Il relatore: Lattanzi, proprio lo stesso magistrato che sulla stessa vicenda ha già dato torto a Mastella due volte. Facile immaginare quale sarà la sua opinione: terza bacchettata all’ex ministro, che non potrà così essere giudicato dal tribunale che la Costituzione aveva previsto per la sua funzione (il tribunale dei ministri). Con una decisione che naturalmente farà da precedente per il caso Berlusconi-Ruby. L’ASSE CON GIANFRANCO Il presidente del Consiglio, vista la malaparata, aveva tentato di accelerare il conflitto di attribuzione alla Camera dei deputati, sperando di arrivare prima del niet quasi certo a Mastella. Ma non ce l’ha fatta. Perché a palazzo i giudici hanno un alleato certo, felicissimo di collaborare a scalzare Berlusconi da palazzo Chigi: Gianfranco Fini, il presidente della Camera. Il quale, facendo finta di non prendere le parti né dell’uno né dell’altro fronte, ha inscenato la melina necessaria in realtà a chiudere ogni speranza al premier. Ha preso il tempo che serviva (prima giunta del regolamento, poi ufficio di presidenza della Camera e forse in un terzo tempo chissà anche l’aula) perché la Corte Costituzionale si cucinasse a puntino Mastella per poi arrostire di conseguenza Berlusconi. Piano perfetto. Che non ha però ancora fatto i conti con un imputato che sembra assai più coriaceo di quanto non credano tutti gli altri.