SERGIO RINALDI TUFI, il messaggero 5/3/2011, 5 marzo 2011
Gli archeologi rassicurano: musei e beni culturali risparmiati dagli scontri - NEL grande dramma che la Libia sta attraversando, con enorme spargimento di sangue, vi è apprensione per i tantissimi connazionali presenti nel paese e per il loro complicato rientro: da segnalare fra l’altro gli archeologi, ricordando che l’arrivo di nostri studiosi risale addirittura al 1910, un anno prima della guerra con cui l’Italia strappò la regione alla Turchia
Gli archeologi rassicurano: musei e beni culturali risparmiati dagli scontri - NEL grande dramma che la Libia sta attraversando, con enorme spargimento di sangue, vi è apprensione per i tantissimi connazionali presenti nel paese e per il loro complicato rientro: da segnalare fra l’altro gli archeologi, ricordando che l’arrivo di nostri studiosi risale addirittura al 1910, un anno prima della guerra con cui l’Italia strappò la regione alla Turchia. Lavorano in Libia dieci missioni: in questa stagione era presente solo quella della “Sapienza” che opera nell’Akakus (il deserto ai confini con l’Algeria dove Fabrizio Mori scoprì innumerevoli e antichissime pitture rupestri), che per fortuna è rientrata a Roma. Per varie vie, sono rimpatriati anche gli studiosi inglesi e tedeschi che si trovavano rispettivamente a Gadames (ai limiti del deserto stesso) e a Tolemaide in Cirenaica. Non solo: il Dipartimento delle Antichità della Libia, raggiunto per telefono, funziona sia in Tripolitania sia in Cirenaica. Dirigenti e funzionari sono al loro posto, e assicurano che musei e aree archeologiche sono sostanzialmente in salvo. Visto in tv, è apparso intatto anche il Museo Archeologico di Tripoli, il più grande, che si trova nel Castello da cui Gheddafi ha lanciato uno dei suoi ultimi discorsi. Ma qual è, nella grande Jamahiriya, l’importanza dell’archeologia? Negli sconfinati deserti del Sud, e in particolare nel già ricordato Akakus, nel Messak Settafet e nel Messak Mellet, troviamo centinaia di pitture e incisioni realizzate su lunghe pareti rocciose dai “popoli senza nome” che qui abitavano a partire dall’8000 a.C., quando, dopo l’ultima glaciazione, il deserto non era ancora deserto: battaglie, miti e riti anche a sfondo sessuale, grandi animali. Più tardi, un nome lo conosciamo: Greci e Romani chiamano “Libyi” tutti i popoli del Nord dell’Africa fra l’Egitto e l’Atlantico. Nell’VIII secolo assume particolare consistenza la presenza dei Fenici; nel VII un gruppo di Greci provenienti da Thera (Santorini) fonda Cirene, uno dei casi più notevoli di cultura ellenica periferica. Nelle estesissime rovine di questa “Atene d’Africa” si individuano tre poli principali: il Santuario di Apollo, il Tempio di Zeus, la grande piazza dell’Agorà; in epoca romana si hanno ulteriori sviluppi. Nel quadro dell’impero dell’Urbe, la Cirenaica fa parte di una provincia che comprende anche Creta; oltre la Sirte, la Tripolitania è annessa a un’altra prospera provincia, l’”Africa Proconsularis” che ha per capitale Cartagine. Agli antichi empori fenici si sovrappongono nuove e splendide città. “Tripolitania” significa “tre città”: Sabratha, Oea (oggi Tripoli) e Leptis Magna. Di Oea, non mancano resti (arco di Marco Aurelio) nel cuore della capitale attuale: ma a Sabratha troviamo, dopo un singolare mausoleo ellenistico-punico, un foro con tre templi, curia e basilica, e ancora un tempio di Iside affacciato sul mare, grandi terme, e soprattutto un imponente teatro; e a Leptis ancora di più. Fondata all’inizio dell’età imperiale, abbellita poi da Nerone e da Adriano, conobbe la massima fioritura con Settimio Severo (193-211 d.C.), che qui era nato. Restano fra l’altro numerosi archi onorari, un bel mercato, un teatro, due fori (complesso e articolato quello severiano), un porto che Settimio volle davvero grandioso (ma che presto si insabbiò), e, al di là di questo, un anfiteatro e un circo. Ebbene, non ve ne è una, fra le realtà qui evocate, che non abbia visto in prima linea generazioni di studiosi italiani. L’auspicio è che, come spesso accade in ogni tipo di attività scientifica, la collaborazione sopravviva a ogni cambiamento politico, anche se traumatico e cruento.