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 2011  marzo 05 Sabato calendario

LA VIA OBBLIGATA DI RIGORE E SVILUPPO - TRE NOVIT

concorrono a ridisegnare il quadro del problema economico italiano. La prima viene dalla politica. La seconda, dalle materie prime. La terza, dalla politica monetaria. Vediamo a quali scelte dovrebbe indurre la loro somma.
La novità politica è che la corsa allo scioglimento della legislatura e al voto anticipato in primavera è, di fatto, pressoché interrotta. Lo ha dovuto realisticamente ammettere lo stesso onorevole Gianfranco Fini, che pure non fa e non farà alcuno sconto a Silvio Berlusconi, alla sua maggioranza e al suo governo. Il rafforzamento parlamentare della maggioranza cioè l’insuccesso delle diverse opposizioni a portare dalla propria parte la quindicina di parlamentari decisiva, nella convinzione che dare la spallata a Berlusconi sia più utile per il Paese (e per sé) che tenerlo in piedi si somma ai tempi lunghi dei tre processi che si riaprono contro Berlusconi, e dello stesso rito abbreviato per il caso Ruby. Vivremo in un crescendo di tensione e scontro politico-istituzionale e con la giustizia al diapason permanente, ma per le urne in primavera non c’è praticamente più tempo né modo.
La seconda novità è rappresentata dalle conseguenze economiche mondiali dell’esplosione nordafricana e della drammatica vicenda libica. Il loro combinato disposto è l’alzarsi nel mondo di una potente ventata d’inflazione, che aggiunge l’aumento rapido del prezzo del petrolio a quello tra il 30 e il 60% delle commodities agricole e tessili. Infine, la terza novità è la risposta della Banca centrale Europea, che ha già annunciato come prossimo il rialzo del tasso d’interesse di mezzo punto. La Bce segue in questo una linea più rigorosa della Fed americana, che continua a stare su tassi di fatto negativi e a creare base e massa monetaria coi suoi acquisti di titoli, massa monetaria che a propria volta potentemente contribuisce ad alzare la spirale dei prezzi delle commodities, “spalmando” nel resto del mondo gli effetti della politica lassista americana.
Per l’Italia, l’innalzamento dei tassi e il caro-barile significano due cose. Un peggioramento dell’onere di servizio del debito pubblico, che potrebbe rapidamente tornare sopra i 5 punti di Pil malgrado il deficit 2010 sia stato contenuto da Tremonti oltre mezzo punto di Pil sotto le aspettative generali. Inoltre, se i 20-25 dollari al barile del caro petrolio non rientrano ma diventano stabili, allora l’effetto per un Paese che dipende dall’estero per l’85% della sua energia significa un peggioramento della bilancia dei pagamenti tra lo 0,2 e lo 0,3% l’anno, e un calo della crescita potenziale di mezzo punto di Pil entro 30 mesi. Non bastasse tutto questo, l’accordo per il nuovo patto di stabilità europeo è lungi dall’esser siglato.