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 2011  marzo 06 Domenica calendario

«SONO LA MAMMA DELLA TV MA NESSUNO SE LO RICORDA»

lda Lanza, permetta di curiosare. Quanti televisori ha in casa?
«Due, uno in sala e uno in cucina. Ma solo per guardare quello che voglio quando mio marito segue il calcio o, peggio, quelle trasmissioni politiche che tanto detesto».
Ne parla quasi con distacco. Lei che ha avviato la tv in Italia, lavorandoci per 20 anni, non è affezionata all’apparecchio?
«È uno dei miei tanti elettrodomestici».
Scusi, quanti ne ha?
«Più di dieci, è una malattia».
Il più strano?
«Il Multi Coocker, macchina che cucina praticamente da sola».
Scusi Elda, ma tra tanta tecnologia ha anche un computer?
«Ovvio. Anzi, ne posseggo due».
Naviga in Internet?
«E chi non naviga? Ho 86 anni, ma mi tengo aggiornata. Leggo Wikipedia e uso Skype per parlare coi nipoti. Ho anche un profilo Facebook, ma mi annoia un po’».
A proposito di marito e nipotini, ricapitoliamo la sua vita privata.
«Sto con Vitaliano Damioli dal 1947, ci siamo sposati nel 1955. Abbiamo un figlio, Max. E siamo nonni di Bianca di 9 anni e Pietro di 5».
Parliamo della tv di oggi. Elda, c’è qualcuno che le piace?
«Augias. È antipatico, ma bravissimo. Poi Mirabella, che però ha un difetto: non ascolta le risposte dell’intervistato».
Tra i più giovani?
«La Ventura è brava, ma perché urla sempre? Altre sono oggettivamente insopportabili, ma niente nomi. Mi domando spesso come ci sono arrivate, in tv».
Beh, la risposta è abbastanza facile, no? Perché ride?
«Tutti mi chiedono: “Anche ai suoi tempi in video le donne facevano carriera per meriti speciali?».
Che risponde?
«No! Assolutamente. Era la tv che aveva bisogno di noi».
A proposito, la gente la ferma ancora?
«Non mi riconosce nessuno. Nel ’52 conducevo trasmissioni per casalinghe. Faccia lei i conti: chi mi guardava è morto».
Ops. Quando l’ultimo programma in Rai?
«Nel ’72, programma per ragazze che mi annoiava. Ho mollato tutto e mi sono messa a gestire una agenzia di comunicazioni d’impresa. Poi a scrivere. Ora sto concludendo un giallo, una trilogia».
Le manca il video?
«Per nulla. Ho avuto una passione frenetica i primi due anni quando facevamo trasmissioni sperimentali, poi è diventata una routine. Non è più stata la mia tv e io non sono mai più stata della tv».
Torniamo indietro a quei tempi. Anzi, ancora più indietro alla piccola Elda Lanza.
«Nasco a Milano...».
...la data la diciamo?
«Certo! Il 5 ottobre 1924: svelarla è un vezzo, anzi mi invecchio sempre di un anno. Sono in forma».
Complimenti. Restiamo all’infanzia. Fratelli? Sorelle?
«Figlia unica. Dovevo chiamarmi Hildegarde come la bisnonna austriaca, ma le leggi fasciste, in quel periodo, vietano nomi stranieri e divento Elda».
Infanzia difficile?
«Triste. Papà Alfeno e mamma Teodolinda si separano che sono bambina e poi a 9 anni, quando muore nonna, vengo mandata in collegio fino a 16 anni».
Già attratta dallo spettacolo?
«Quando da piccina mi chiedono cosa vorrò fare da grande, rispondo: “Greta Garbo”, come fosse una professione. E mamma mi trova che parlo da sola davanti allo specchio».
Scuole?
«Mi iscrivo a Lettere e Filosofia, ma al terzo anno mollo tutto e vado a Parigi. Psico-sociologia alla Sorbona, uno dei professori è Jean Paul Sartre. Due anni in Francia, ma non mi laureo».
Però si appassiona al teatro.
«A 20 anni mi iscrivo alla scuola del Piccolo Teatro, con Jacobbi, Grassi e Strehler. Mi innamoro del teatro, ma non del palcoscenico perché il pubblico mi fa paura».
Meglio la tv.
«Siamo nel dopoguerra, anni in cui basta avere buone idee per fare qualcosa. Scrivo per un editore argentino, i miei testi funzionano. Poi lavoro per “BoleroFilm” e curo una rubrica per “Grazia”. Così, quasi per caso, Attilio Spiller, direttore dei programmi della tv sperimentale, legge qualcosa di mio. Sta progettando una trasmissione femminile e mi chiama».
La scelgono subito?
«No, non è così facile. Mi presento con un vestito di cotone a quadri azzurri, a maniche corte, accollato. Da brava ragazza timida. Mi spiegano che vogliono testi di architettura, che poi faranno leggere a una ragazza alta, bella e bionda. Il regista Franco Enriquez però sente la mia voce e resta colpito: “Facciamole fare un provino”».
Che supera.
«Ne faccio quattordici! Dopo l’ultimo vedo arrivare un signore bello, alto, chic. “Piacere, Niccolò Carosio. Lei si intende anche di calcio?”. “Ehm, veramente no...”. “Meno male, altrimenti mi sarei dovuto cercare un altro lavoro!”».
Buona questa. Finalmente la prendono ed è la prima presentatrice della tv.
«Credo che il termine lo abbiano inventato per me. A inizio trasmissione la dicitura era: “Presenta Elda Lanza”».
La infastidisce quando la chiamano la tata dell televisione italiana?
«No. Il primo volto fu Fulvia Colombo, che era annunciatrice. Io facevo tutto, scrivere i testi, scenografia, regia. E presentavo».
Quando l’inizio ufficiale?
«La sera dell’8 settembre 1952, studio due di Milano. Sono arrampicata su una scaletta con un martello in mano, che mi do sul dito mentre cerco di piantare un chiodo per appendere un quadro. E dico: “Buonasera. Quante volte vi sarà capitato un piccolo incidente come questo...”».
Dal ’52 al ’54 lei conduce, una volta la settimana, la trasmissione “Per voi signora”.
«Subito dopo il telefilm Rin Tin Tin. Rubriche di moda, cucina, arte e lavori a maglia per le casalinghe italiane. Stando sempre molto attenta al linguaggio utilizzato».
Cioè?
«La “vendita all’asta” diventava “vendita al dettaglio”, i “membri” del Governo erano solo “ministri”, gli “scapoli” erano “non sposati”».
Che bacchettoni! Come mai quel sorriso?
«Un pomeriggio faccio un siparietto con Topo Gigio, che mi coccola. Dal giorno successivo, lo sketch non si fa più. Abolito. Il motivo? Secondo i dirigenti Gigio era troppo languido con me».
Addirittura?
«Non si scandalizzi e pensi che in quegli anni suor Pasqualina guardava le nostre trasmissioni e poi riferiva al Papa, che a volte chiamava personalmente la nostra direzione per lamentarsi».
Urca.
«Un giorno, invece, decido di andare a lavorare con i pantaloni. Il risultato è terrificante. Mi inquadrano solo dalla vita in su e mi danno della lesbica».
Elda, ma in quanti vedevano quella tv sperimentale?
«Pochi, inizialmente. La tv sperimentava se stessa. Non erano molte le famiglie a possedere il televisore».
Appunto, facciamo un giochino. Avere la tv allora era come avere, oggi, quale elettrodomestico?
«Il Bimby, strumento che fa da mangiare. È molto costoso e non tutti se lo possono permettere».
La televisione cresce e lei lancia presentatori, intellettuali, cabarettisti.
«Io e Spiller la sera giriamo per circhi e teatrini in cerca di nuovi personaggi. Soprattutto comici, perché sanno recitare a braccio».
Elda, qualche nome per qualche aneddoto. Mike Bongiorno: come mai quella smorfia?
«Non ci siamo mai presi. Ha iniziato con me nella trasmissione “Arrivi e partenze”, lui a Roma e io a Milano. Il poco feeling però derivava da altro: era amico di mio marito in un periodo in cui ci eravamo mollati...».
Walter Chiari.
«Divertente, un pazzo. Dopo gli spettacoli si andava a cena, in un locale aperto appositamente per gente di teatro. Noi mangiavamo, lui rifaceva lo spettacolo aggiungendo battute irresistibili».
A proposito di teatro, lei ha conosciuto anche Wanda Osiris?
«Indimenticabile il profumo, dolcissimo. Alle sue ballerine ne regalava una boccetta, in modo che avessero il suo odore».
Ora guardi qui un po’ di fotografie e scelga lei tre nomi.
«Sandra Mondaini. Eravamo amiche. Inizialmente era innamorata di Tognazzi, non ricambiata. Un giorno mi chiama: “Elda, ho conosciuto uno che mi piace. Certo, non è Tognazzi, ma è un bravo ragazzo, educato e di poche parole”. E io: “Fallo parlare tu!”. Era Raimondo Vianello. E si sono messi insieme. Per sempre».
Secondo nome.
«Beh, ho citato Tognazzi. Birichino. Dobbiamo fare uno sketch e mi appoggia la mano sul ginocchio. Io taaac, gliela tolgo. Alla fine si avvicina, quasi infastidito: “Elda, sul ginocchio ti ho messo la mano, non...”. “Che c’entra? Non sono puritana, è che in tv ho un’immagine che voglio conservare”. Ride. “Me ne frego e ad ogni esibizione ti toccherò il ginocchio”. “E io ti toglierò la mano!”».
Terzo nome.
«Giorgio Gaber, amico vero. Credo di essere una delle poche persone cui ha raccontato subito dei problemi alla mano destra dovuti alla poliomielite: ha iniziato a suonare la chitarra per fare ginnastica e muovere meglio l’arto».
Elda, guardi queste altre foto. Umberto Eco e Furio Colombo.
«Li conosco che sono neolaureati, arrivano per concorso in tv al settore culturale. Umberto è un monello irriverente, ama gli scherzi e si diverte a fare il saputello recitando in rima le teorie di Kant e di Hegel. Colombo, invece, è più educato».
Lanza, torniamo a lei. Dal’54 al ’57 conduce “Vetrine”. Poi lascia la tv.
«Mi sposo e resto incinta. A farmi abbandonare però è la pubblicità della Pavesini: il contratto che mi offrono è allettante, tantissimi soldi».
Quanti?
«Nove milioni, cifra con cui, all’epoca, si comprano un paio di case. Non posso rifiutare e alla Rai mi dicono che devo scegliere: loro o il carosello. Li saluto con orgoglio: “Avrete ancora bisogno di me e mi chiamerete”».
Succederà dopo un anno.
«Mi fanno condurre una trasmissione per ragazzi: “Avventure in libreria”. Poi viene soppressa e mi affidano un programma per ragazze senza senso. Mi annoio e nel ‘70 saluto tutti. Addio tv. Per sempre».
Elda, ultime domande veloci. 1) La presentatrice più brava di sempre?
«Enza Sampò».
2) Le chiedessero di ideare un programma oggi?
«Qualcosa per i ragazzi, con i libri».
3) Lei è stata la prima donna a parlare alle donne in tv, per emanciparle. Oggi si vedono solo tette e culi.
«Siamo tornati indietro, mi spiace».
4) Rapporto con la religione?
«Il mio cielo è vuoto. Sono cresciuta in una famiglia protestante».
5) Paura della morte?
«No, assolutamente».
Ultimissima. Elda Lanza che sogno ha?
«Vivere fino a 100 anni. E che finalmente qualcuno mi riconosca il lavoro fatto. Mi rivolgo a Napolitano: ha premiato sarte e maestranze che hanno fatto nascere la tv italiana. Nessuno, però, ha pensato a me».