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 2011  marzo 09 Mercoledì calendario

DA FREUD AL PERSONAL TRAINER, PER VOCE ARANCIO


«Trent’anni fa andare in analisi era un vanto culturale per pochi, per tutti gli altri equivaleva a essere matti. Oggi si vive in modo più laico, è uno strumento per stare meglio» (Stefano Bolognini, presidente della Società psicoanalitica italiana).

Italiani che ogni anno ricorrono a servizi e consulenze nell’ambito psicologico: 2,3 milioni (5,5% della popolazione). In sei casi su dieci l’assistito è donna, ma il numero di uomini, rispetto al 2004, è aumentato dell’8% (da uno studio promosso dall’Ordine degli psicologi del Lazio).

Il 38% degli italiani va in analisi per guarire da un disturbo specifico, il 25% per affrontare un malessere o una situazione di crisi, il 19% per un percorso di crescita personale (dati Eurispes).

Gli psicologi europei sono circa 200.000; di questi, 70.000 sono italiani.

Tra il 1994 e il 2008, il numero di psicologi in Italia è aumentato del 198%. In aumento anche il numero di studenti di Psicologia, che ha raggiunto più di 68.000 iscritti nel 2007 (crescita del 25% rispetto al ‘98).

Altra figura molto in voga è quella del personal coach o life coach, una sorta di allenatore dell’anima e della vita che aiuta a star bene fisicamente, a raggiungere i risultati sperati nel lavoro, a vivere in equilibrio, ecc.

In Italia i personal coach sono circa ottocento, ma la stima è approssimativa perché non esiste un albo che li riunisca. Per farsi conoscere usano Internet o il passaparola. Esiste anche una federazione di personal coach, la Pcc ( www.federazionecoach.it ).

In Italia, molti credono ancora che «la psicologia serva solo per ristabilire un equilibrio in caso di disagio, ma in realtà può essere utile anche per tendere a uno stato di benessere, identificare le potenzialità dell’individuo, sviluppare autostima, creatività, soddisfazione personale, integrazione con il mondo circostante. Negli Stati Uniti andare in analisi è quasi una prassi, e lo psicologo è un punto di riferimento in varie fasi della vita, senza aspettare uno stato di malessere» (la psicologa e psicoterapeuta Elisabetta Rotriquenz).

Marina, insegnante, 35 anni. «Nella mia vita non avevo mai pensato di andare da uno psicologo. Sono stata costretta quando, nel 2008, ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. Sempre più frequenti, e nelle situazioni più imbarazzanti: anche a scuola, davanti ai miei studenti. A quel punto ho deciso di rivolgersi a una terapeuta che, all’inizio anche con l’aiuto dei farmaci, mi ha liberata del problema. Oggi, nei rari casi in cui sento che sta per arrivare un attacco di panico, non ho più bisogno di gocce o pillole. Uso solo i trucchi (ad esempio alcune tecniche di respirazione) che mi ha insegnato la psicologa per rilassarmi». Laura, 42 anni: «Sono andata da uno psicologo, anni fa, perché in amore mi imbattevo sempre in uomini che mi facevano soffrire. Alla fine ho capito che il problema non erano i miei partner, ma io. Incosciamente cercavo compagni pieni di problemi per gratificare la mia indole da crocerossina. Quando l’ho capito, ho trovato l’uomo giusto: oggi sono felicemente sposata e ho due bei bambini». Mario, 46 anni: «Mi sono rivolto a un terapeuta perché non riuscivo a fare carriera. Vedevo gente più giovane di me, e meno brava, che mi soffiava regolarmente la promozione. Con l’aiuto dello psicologo sono riuscito ad avere maggiore fiducia in me stesso e ho imparato a pormi di fronte agli altri con più grinta. La promozione, alla fine, è arrivata. Ma non la considero il maggior successo della terapia. Il vero successo è aver conquistato l’autostima».

Molti considerano le sedute dallo psicologo un lusso per ricchi. In effetti, il prezzo di una seduta si aggira in media attorno ai 100 euro. Per consentire a un maggior numero di persone di rivolgersi a uno “specialista della mente” senza affrontare grossi impegni economici, sono nati i cosiddetti “psicologi low cost”. L’ultima iniziativa di questo tipo è nata di recente a Roma dove un gruppo di professionisti ha creato l’associazione Spsp (Servizi psicologici per la salute della persona) che offre, a chi si iscrive, una seduta al costo di soli 25 euro.

A Milano è stato sperimentato lo “psicologo di quartiere”, un servizio che offriva ai clienti, nel retro delle farmacie, consulenze gratuite con uno psicologo. Ad affidarsi all’aiuto dello psicoterapeuta sono state soprattutto donne (79,4%) e giovani fino ai 29 anni (14,6%), tutti con un discreto livello d’istruzione. Tra le problematiche più frequenti, quelle legate alla famiglia e alla vita di coppia (27,4%), seguite da ansia (16,6%), depressione (14,9%), gestione di situazioni critiche (10,1%), abuso di alcol e droghe (1,7%).

Chi non trova il coraggio di rivolgersi di persona a un esperto può utilizzare le consulenze psicologiche via Internet. Negli ultimi anni, infatti, c’è stato un boom di siti che hanno iniziato a dedicarsi alle consulenze online (ilmiopsicologo.it, psiconline.it, cpsico.com, ecc). I primi contatti sono gratuiti nella maggior parte dei siti. Poi, a seconda della consulenza scelta, i prezzi variano (in media da 10 a 40 euro) e le sedute virtuali si pagano con la carta di credito.

Maria Assunta Consalvi, psicologa e sessuologa di Psiconline.it, spiega che su questo sito le consulenze sono sia gratis che a pagamento: «Quelle gratis vengono pubblicate sul sito, quelle a pagamento (25 euro) vengono inviate al paziente, in privato, via mail».
Perché molti scelgono la consulenza online?
«Tante persone hanno timore ad avvicinarsi allo studio dello psicologo, anche se ne sentono l’esigenza. Attraverso il filtro di Internet, invece, si liberano di ogni imbarazzo e riescono a esprimere dubbi e disagi. Proprio per questo ho creato un blog (Sessuologiaroma.it) dove gli adolescenti, o i loro genitori, possono fare domande sulla sessualità, uno degli argomenti più difficili da affrontare di persona. Le risposte, naturalmente, sono gratuite».
Non tutti i disagi, però, si possono risolvere via Internet.
«Certo. In alcuni casi bisogna indirizzare il paziente da uno specialista. Ad esempio uno studente che prima di un esame è in preda all’ansia, ma riesce comunque a sostenere l’esame, non ha bisogno di una psicoterapia. La sua è un’ansia fisiologica e l’esperto può aiutarlo anche via Internet. Se invece l’ansia gli impedisce proprio di dare l’esame, allora sarebbe opportuno intervenire con una terapia. Ma intanto, attraverso la Rete, quello studente ha avuto un primo approccio con lo psicologo e ha capito che non è un giudice, bensì una figura professionale in grado di aiutarlo. E non avrà il timore di affrontare uno specialista di persona. Molti non vanno in terapia proprio per la convinzione, falsissima, che lo psicologo giudichi le loro azioni. Una mia paziente temeva così tanto il mio giudizio che solo dopo tre mesi mi rivelò di avere un amante. Il risultato? Tre mesi di terapia buttati al vento».
Non c’è pericolo di imbattersi, su Internet, in qualche ciarlatano?
«Per non correre rischi bisogna rivolgersi a siti importanti, di grande visibilità, che mostrino l’iscrizione all’Albo dei loro specialisti. E indichino con chiarezza le tariffe delle consulenze».

«A differenza di un terapeuta il coach non aiuta il cliente ad analizzare e elaborare il proprio vissuto emotivo, ma lo aiuta a gestirlo; e qualora si renda conto che vi sono dei conflitti emotivi irrisolti che frenano l’efficacia del coaching, consiglia al cliente di affrontarli in altro modo. Il coaching non è idoneo alla risoluzione di problematiche psicologiche. Il focus del coaching non è sulle cause passate, ma sulle soluzioni; non è concentrato sul passato, ma sul presente e sul futuro» (dal sito www.learningcoach.it).

Il personal coach Giovanni Cozza: «Tra i clienti c’è di tutto. Dalla massaia al dirigente. La durata della “terapia” varia a seconda delle problematiche: per certe fobie è sufficiente una seduta di un’ora e mezzo, per altre è richiesto un intervento di sei incontri della stessa durata. Un conto è aiutare chi ha paura di volare, diverso è intervenire su chi cerca sempre uomini sbagliati».

In linea di massima una seduta di un’ora e mezzo può andare «dai 100 ai 1.500 euro, con una media, quindi, di 450-500 euro» (Giovanni Cozza).

Carlo Raffaelli, 49 anni di Pisa, pubblicitario. Qualche anno fa si è rivolto a un personal coach. Ha speso circa 2.500 euro per otto incontri. Lui considera quei soldi «un investimento, non un costo». Racconta: «Ero contitolare di una agenzia di pubblicità. Insoddisfatto. Dopo sei mesi di coaching mi sono messo in proprio» (a Lilli Garrone sul Corriere della Sera).

Alessandra Mattioni, life coach ed esperta di Pnl (Programmazione neuro-linguistica): «Il mio scopo è far ritrovare alle persone equilibrio e armonia sia attraverso quello che mangiano sia attraverso quello che pensano. Il primo livello su cui si agisce è l’alimentazione, che deve stimolare la produzione di neurotrasmettitori per equilibrare l’umore e gestire lo stress. Sì ad alimenti ricchi di magnesio, come la frutta secca, o di vitamina B, come quella fresca». Sulla Pnl: «Con domande specifiche si possono aiutare le persone a scoprire con quali processi creano la propria realtà esterna. E identificando le potenzialità di ciascuno, facciamo in modo che riescano a tirar fuori il meglio da sé».(a Lilli Garrone sul Corriere della Sera).

Claudio Bellotti, condirettore della Nlp Coaching School: «La tecnica, applicata ad aziende e manager, porta a migliori rapporti e produttività sul lavoro. Dati dell’International Personal Management Association dimostrano che, se con la formazione la produttività migliora del 22%, con l’intervento del coaching si raggiunge l’88» (a Lilli Garrone sul Corriere della Sera).

L’International coach federation (Icf) ha chiesto a 2.165 manager cosa li ha spinti a rivolgersi a un personal coach. Risultato: al primo posto c’è la necessità di incrementare la propria autostima (40,9%), seguita dal desiderio di riuscire a bilanciare lavoro e vita privata (35,7%), avere maggiori opportunità di carriera (27,6%), migliorare il proprio business management (25,1%). Il 72% degli intervistati ha scelto da solo il proprio coach, mentre nel 7% dei casi l’esperto è stato indicato dall’azienda.

Laura Quintarelli, presidente nazionale della Fic (Federazione italiana coach): «Per il 73% dei clienti il percorso di coaching dura un anno, con due o tre incontri al mese che possono essere face to face con il proprio coach (approccio preferito dal 65% dei coachee) o telefonici».


Il personal coach, a differenza dello psicologo, non sempre riceve la gente in studio. Ad esempio Gabriella Pin, 40 anni, che da un anno ha messo su l’attività di luxury manager lifecoach (www.newlifeforyou.com) esce regolarmente coi suoi clienti (tra cui politici, imprenditori e attori): «Vado a colazione, pranzo o cena con le persone. Con loro avvio un percorso di benessere, le porto in palestra, do suggerimenti sulla dieta da seguire per rimanere in forma, a volte vado a teatro. Soprattutto parlo. L’obiettivo è diventare una confidente, una compagna di viaggio. La mia attività è una sorta di terapia, e dura anche due o tre mesi [...] Sono un motivatore del benessere fisico e mentale. Porto l’altro a espellere la negatività e lo faccio tornare a gioire alla vita».

Smettila di incasinarti, Tempo di risultati, Leader di te stesso (alcuni titoli di libri o dvd del personal coach Roberto Re, i cui corsi sono seguiti da migliaia di persone).

Roberto Re: «Sono una specie di allenatore dell’anima. Cerco di tirare fuori il meglio da ognuno, partendo dagli insegnamenti base: sviluppo della memoria e tecniche di apprendimento veloce. Faccio corsi di programmazione neuro-linguistica, insegno a parlare in pubblico o a sedurre l’interlocutore singolo, ho messo a punto un training fisico e una serie di esercizi motivazionali. Con me lavorano persone che insegnano i segreti dell’ipnosi, le buone regole per vivere in un team, come trasformare un fallimento in opportunità. Per capire cos’è il mio lavoro prendi la psicologia e togliendo tutta la lagna dell’inconscio fanne una materia pratica e moderna, utile» (a Elena Stancanelli su Repubblica).

Roberto Re, nato a Genova nel 1967, ha studiato un po’ di economia e un po’ di psicologia e poi è andato negli Stati Uniti. Lì negli anni Ottanta ha scoperto la filosofia del successo. «La sua invenzione della camminata sui carboni ardenti come esercizio di affermazione della volontà è diventata subito un cult» (Elena Stancanelli su Repubblica).

Tra i seguaci di Roberto Re, manager di numerose industrie ma anche calciatori come Del Piero (che ricominciò a segnar gol dopo aver frequentato Re per un po’ di tempo), Beppe Signori, e gente dello spettacolo.

Il Motivation Day organizzato qualche mese fa da Tecnocasa a Villa Icidia, vicino a Frascati: nove agenti immobiliari si sono ustionati camminando sui carboni ardenti. La prova, facoltativa, serviva «per sperimentare dal vivo la capacità di ottenere risultati andando... oltre» (dal sito del motivatore, Alessando Di Priamo).