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 2011  marzo 06 Domenica calendario

«FINI MI HA MOLLATO, SILVIO MI HA CONSOLATO»

«La mattina quando mi pettino davanti allo specchio mi guardo e dico: “Sei il presidente della Regione Lazio. Non ci si crede!”». Ci fa o ci è? Renata Polverini, classe 1962, è stata la prima donna d’Italia a guidare un sindacato, l’Ugl, e ora è la prima governatrice del Lazio. Ti chiedi se è davvero così pane al pane vino al vino come sembra o se è falsa modestia la sua. Perché un attimo dopo dice di non escludere nulla nella vita, neanche di arrivare a Palazzo Chigi.

È più tosto battagliare con i padroni delle fabbriche o con i consiglieri di Rifondazione?
«Quando lotti nelle fabbriche ti occupi di un pezzo di vita dei cittadini. Qui alla Regione, di tutto. Una fatica… Da un anno non vivo più».
È così insopportabile essere una delle donne più potenti del Paese?
«Molti lo chiamano potere, per me è una responsabilità, di cui io sento tutto il peso. Certo, è bello, perché puoi incidere positivamente sulla vita della gente e hai nelle mani un pezzo di Paese».
A «Libero» in campagna elettorale disse: «La mia priorità sarà il sostegno alle famiglie e alle imprese». Cosa ha fatto per le une e le altre?
«Per le famiglie abbiamo presentatoun progettodi leggebasatosul numerodei componenti e sul reddito, perché chi ha più bisogno goda di un maggior supporto dalla Regione».
E per le imprese?
«Quando siamo arrivati abbiamo dovuto affrontare settecento vertenze, che coinvolgevano ventimila lavoratori ».
È la sua specialità.
«Sì, ma da sindacalista mi ha colpito la disponibilità delle imprese. Grazie a questo, abbiamo potuto garantire gli ammortizzatori sociali a tutti quei lavoratori. Abbiamo anche inventato un modello di welfare per cui l’impresa si impegna a sostenere le famiglie dei dipendenti in cassa integrazione attraverso bonus scuola per gli studenti meritevoli e bonus bebè».
Cosa ha fatto per abbattere il debito di 25 miliardi di euro che grava sul Lazio?
«Una manovra di assestamento di oltre un miliardo, una Finanziaria di 1,2 miliardi e un piano di rientro della Sanità impedendo che la Regione subisse un abbassamento del rating».
Eppure l’opposizione le rinfaccia di aver sforato il piano di rientro concedendo finanziamenti in più agli ospedali cattolici. Strizza l’occhio alla Chiesa?
«Nonè vero che abbiamo foraggiato gli istituti religiosi a scapito degli ospedali pubblici».
Un milione di euro al Regina Apostolorum, 2 milioni al Fatebenefratelli San Pietro, 7 milioni al Fatebenefratelli San Giovanni Calibita…
«Abbiamo semplicemente premiato le eccellenze. Le nostre scelte sono state dettate solo dalla necessità di rendere più efficiente e meno costoso il sistema sanitario».
Cos’ha fatto per eliminare gli sprechi nella sanità?
«Abbiamo introdotto la centrale unica per gli acquisti, che frutterà 900 milioni in due anni. Abbiamo rimodulato tutta l’offerta ospedaliera per costruire una rete di servizi territoriali e abbiamo investito molto nella prevenzione».
Ma il disavanzo sanitario del Lazio resta tra i più alti d’Italia con oltre un miliardo annuo.
«Intanto in sette mesi siamo passati da un disavanzo annuale di 1 miliardo e 421 milioni a 1 miliardo e 70 milioni. Il progettocheabbiamo messoincampo ci porterà fuori dall’emergenza in meno tempo del previsto».
È ancora convinta di raggiungere l’obiettivo che si era prefissa: ridurre il debito a 500 milioni entro il 2013?
«Se in sette mesi abbiamo abbattuto quasi 400 milioni di debito... Andremo avanti con la lotta agli sprechi, anche nella pubblica amministrazione. Solo dai tagli alla Regioneabbiamoottenuto un risparmio di circa 10 milioni».
E allora come mai le spese del consiglio regionale sono lievitate del 12% in un anno, salendo a 102 milioni?
«Il presidente del consiglio regionale ha contestato questa cifra. In giunta abbiamo abbattuto il 10% gli stipendi».
Sull’emergenza immigrazione il sindaco di Roma ha già messo le mani avanti: «I nostri centri di accoglienza sono saturi ». Lei che farebbe se Maroni chiedesse ospitalità al Lazio per i profughi libici?
«Tutti noi governatori gli abbiamo dato la nostra disponibilità a patto che ogni Regione faccia la propria parte. Nel Lazio stiamo verificando assieme ai sindaci se ci sono aree in cui poter dare ospitalità, tenendo conto dei problemi che la regione ha già con i rom. Ma abbiamo chiesto a Maroni di spronare l’Europa a farsi carico della questione. L’Ue non può lavarsene le mani».
L’opposizione l’accusa di voler seppellire la regione sotto 80 milioni di metri cubi di cemento per fare cassa con il suo piano casa.
«Il piano casa è il provvedimento più atteso nella nostra regione.Non loabbiamo approntato per fare cassa, ma per rispondere alle richieste della gente».
Non la preoccupano i 1.500 ettari di parchi, i 500 ettari di aree agricole e gli oltre 3.000 ettari che divorerà nelle aree destinate al verde?
«Il mio piano casa non avrà nessunimpatto negativo sull’ambiente».
Il progetto di cui va più fiera?
«Il patto regionalizzato. Ci consente di utilizzare i soldi di cui dispongono Comuni e Province, ma che non possono spendere perché hanno raggiunto il tetto imposto dalla legge. Ha già fruttato al territorio300milioni, chevengono utilizzati per tutto il Lazio. Ne vado molto orgogliosa perché poi Tremonti l’ha messo in Finanziaria ed è diventato uno strumento a diposizione di tutti. E quando Vasco Errani lo ha illustrato in Conferenza Stato-Regioni, abbiamo potuto dire: l’abbiamo inventato noi».
Errani contesta il federalismo regionale sostenendo che disattende l’accordo siglato dai governatori con il governo il 26 dicembre. Condivide?
«Confido in Calderoli e Fitto che si sono impegnati al rispetto di quell’intesa».
Eppure mancherebbero i fondi promessi per il trasporto pubblico locale…
«Errani ha detto che se viene rispettato il patto si va avanti, altrimenti il federalismo regionale va rivisto, e su questo siamo tutti d’accordo».
Quel patto vale 1 miliardo. Se non c’è la copertura finanziaria?
«Finora le risorse sono state trovate. Come il governo ha raggiunto l’intesa con i Comuni, sono sicura che la raggiungerà anche con le Regioni».
Che idea si è fatta del bunga bunga?
«Io penso solo a governare bene la regione. Mi ha fatto molto piacere Berlusconi quando, qualche giorno fa, mi ha detto che, in questa situazione di caos totale, apprezza che io vada avanti nel Lazio e dia delle risposte. A me il presidente non ha mai mancato di rispetto».
Nel suo staff c’è anche Federica Gagliardi, la funzionaria regionale divenuta famosa perché fece il viaggio con Berlusconi a Toronto.
«Alla Gagliardi, che non è più una ragazzina –hauna trentina d’anni - è stato proposto di partecipare a quella missione, la Regione non poteva certo obiettare. Le è stato solo chiesto di prendere le ferie per andare a Toronto ».
È vero che il premier le ha telefonato per caldeggiare il rinnovo del contratto in scadenza della Gagliardi?
«No.La Gagliardihaavuto uncontratto uguale a quello di tutte le altre funzionarie. Lei ha fatto parte del mio comitato elettorale e lì ha lavorato tanto».
Il suo pigmalione è Gianfranco Fini.Ma oggi siete lontani anni luce…
«Le nostre strade si sono divise incampagna elettorale, quando lui decise di nonscendere in piazza per sostenere la mia candidatura. Ma quando Fini mi mollò trovai al mio fianco Berlusconi».
Ha sentito di recente il suo ex leader?
«No. Io non serbo rancore. Ad alcune persone vicine a lui ho detto che certi dissapori si possono superare. Ma non c’è mai stata l’opportunità di dirglielo a quattr’occhi».
Forse non vuole lui perché pensa che lei lo abbia tradito…
«Semmai sarei io a dovermi sentire tradita ».
Che giudizio dà di Fli?
«Il giudizio lo hanno già dato quelli che avevano creduto in quel sogno e poi se ne sono andati».
Chi è oggi il leader della destra in Italia?
«Silvio Berlusconi».
Qualche suo ex collega di An dice che lei punta molto sul suo progetto Città nuova, che potrebbe già esordire alle amministrative di Latina.
«È solo una fondazione. Tutti ne hanno una, soprattutto gli ex colleghi di An».
Diconoche lei punti ai piani alti delPdL e addirittura a Palazzo Chigi.
«Cacchio! Questo dicono? Certo, l’Italia ha dimostrato che qualche donna, messa di fronte a grandi responsabilità, qualcosa sa fare…».
Cos’è, un’autocandidatura?
«Io ho cominciato nel sindacato facendo la centralinista e non immaginavo neppure lontanamente di raggiungere il vertice, nemmeno quando ero in segreteria confederale. Figuriamoci la presidenza di una Regione. Quindi non escludo più nulla nella vita».
«Famiglia Cristiana» l’ha già eletta premier. Cos’ha provato quando ha visto il sondaggio che la colloca in pole position tra le donne del centrodestra?
«M’è preso un colpo».
Non le ha fatto piacere?
«Moltissimo. Non sono ipocrita né bugiarda. Poi, al di là di me, sarebbe ora che questo Paese avesse una premier. No?».