Americo Bonanni, varie, 9 marzo 2011
I CELLULARI IN AEREO, PER VOCE ARANCIO
Spegnere i telefonini sugli aerei, un rito al quale quasi tutti si sono abituati senza troppi problemi.
L’attore Josh Dudamel, che fu fatto scendere da un aereo perché si rifiutava di spegnere il suo Blackberry.
Salvo casi piuttosto rari, la grande maggioranza dei viaggiatori sembra non solo accettare le regole ma addirittura, secondo un sondaggio condotto dalla Lufthansa, apprezza la quiete di un volo senza telefonate. Eppure la questione dell’utilità o meno di vietare l’uso dei cellulari a bordo rimane controversa, soprattutto dal punto di vista tecnico.
Il motivo principale è il pericolo di interferenze sui sistemi di guida dell’aereo da parte delle onde radio emesse dai cellulari. Onde che a volte sentiamo, letteralmente, quando in una sala conferenze qualcuno parla al microfono tenendo il cellulare acceso in tasca. L’eventuale arrivo di un messaggio è accompagnato da tre ronzii che si propagano attraverso gli altoparlanti. Un caso di interferenza classico. Che non si limita solo al momento del messaggio o della chiamata. Il cellulare infatti trasmette continuamente anche quando non è usato, segnalando la sua presenza ai ponti Gsm, cercando il ponte più vicino, passando da un ponte all’altro. Ognuna di queste fasi rappresenta una serie di segnali radio che vengono diffusi. E che non necessariamente si mantengono confinati nella frequenza assegnata, ma possono finire per estendersi ad altre zone dello spettro radio.
Proprio questa interferenza, apparentemente innocua, rappresenta una delle principali lamentele da parte dei piloti. Sono infatti molti i casi in cui hanno dichiarato di sentire nelle loro cuffie i ronzii provocati dal cellulare di qualcuno che lo ha lasciato acceso o lo sta addirittura usando. E attraverso quelle cuffie passano le comunicazioni con il controllo del traffico aereo.
Ma una frase capita male per via dei ronzii può essere ripetuta. La vera preoccupazione è se quelle emissioni radio possano interferire con la strumentazione di bordo. E qui la questione si fa più confusa perché i rapporti su problemi causati da telefonini sono pochi (alcune decine al massimo) e non troppo chiari. In molti casi i piloti si sono trovati davanti ad un comportamento anomalo della strumentazione. Allora hanno preso il microfono ricordando ai passeggeri di spegnere i cellulari. Dal punto di vista ufficiale, dal 2000 ad oggi sono dieci le relazioni ricevute dall’Aviation Safety Reporting System, un organismo gestito dalla Nasa. C’è il caso del 737 che, subito dopo l’atterraggio, si è ritrovato con il sistema di navigazione fuori uso. L’aereo era già a terra, quindi al sicuro. Comunque una hostess ha trovato un passeggero che aveva acceso un navigatore satellitare. Spento l’apparecchio, i comandi sono tornati normali. Altri episodi parlano di discrepanze tra i diversi strumenti che indicano la posizione dell’aereo, cosa che in alcuni casi ha portato il velivolo fuori rotta. E quasi sempre, secondo il racconto dei piloti, le cose tornavano normali dopo aver ripetuto l’invito ai passeggeri a spegnere tutti gli apparecchi elettronici o dopo la “caccia” da parte degli assistenti di volo.
Un solo caso veramente serio figura in un rapporto ufficiale. Un aereo neozelandese precipitato, nel 2003, in fase di atterraggio poco prima di toccare la pista. Otto morti, e stavolta c’entrerebbe proprio il pilota. Aveva chiamato la moglie con il cellulare poco prima, e il telefono era rimasto acceso. Niente di conclusivo, ma la relazione della commissione d’indagine indica quanto meno la possibilità che quel telefono abbia interferito con gli strumenti.
Il problema principale è che gli esperimenti non danno risultati definitivi. Sono stati fatti volare apposta aerei con diversi telefonini accesi a bordo, in alcuni casi con i tecnici che telefonavano, e non è successo niente. Secondo alcuni le prove dovrebbero essere sufficienti per decidere che gli episodi raccontati non erano stati causati da telefonini o altri apparecchi.
Le cose sono più complesse. Prima di tutto un aereo contiene centinaia di chilometri di cavi che trasportano segnali di tutti i tipi. Il telefonino di un passeggero potrebbe interferire o no a seconda della sua posizione, del sedile sul quale è seduto. E c’è anche un altro aspetto: gli aerei sono ovviamente schermati per essere al riparo dalle interferenze radio che li colpiscono. Ma gli sviluppi tecnologici corrono a velocità diverse: un aereo può essere ben schermato contro alcune interferenze, ma non contro altre causate da apparecchi inventati dopo la sua uscita dalla fabbrica.
«Le tecnologie degli apparecchi elettronici portatili cambiano ogni settimana. Quelle degli aerei ogni venti anni» (Doug Hughes, ispettore della sicurezza aerea, al New York Times).
Un rapporto dell’Autorità per l’aviazione civile inglese cita proprio l’aspetto della differenza di età tra aerei e cellulari: «Le interferenze causate da un telefonino situato vicino alle strumentazioni vanno oltre gli standard di schermatura usati fino al 1984». Ma apparecchiature che seguono quei vecchi standard sono state usate anche negli anni successivi, ed è per questo che il rapporto concludeva, nel 2000, a favore del mantenimento del divieto.
Praticamente ogni aereo, oggi, vola con almeno un telefonino dimenticato acceso da qualcuno. E tutto fila liscio. Nel mondo dell’aeronautica tuttavia si sa che per creare guai seri ad un velivolo non basta un solo problema. In genere sono più cause, tutte allo stesso momento. Nel caso dei telefonini, sostengono molti piloti, una coincidenza pericolosa potrebbe avvenire: una schermatura non abbastanza efficace della strumentazione aerea, un cellulare magari danneggiato che emette frequenze non perfette, il tutto in un momento critico del volo. Le probabilità possono essere bassissime, ma «se bastasse anche ad evitare un solo incidente in dieci anni – ha commentyato Jay Apt, ex astronauta impegnato nell’ente americano di sicurezza del volo – vale la pena mantenere il bando».
Una curiosità sulle origini del divieto dei telefonini a bordo è che non ci sono solo le preoccupazioni per la sicurezza dell’aereo. Anzi, una delle norme più rigorose negli Stati Uniti riguarda tutt’altro: la sicurezza delle reti telefoniche. A velocità di crociera un aereo viaggia attorno ai 900 chilometri orari, e i ripetitori dei cellulari coprono aree molto piccole, dell’ordine di alcuni chilometri, che verrebbero sorvolate in pochissimi secondi. Un cellulare si troverebbe così a cambiare in modo estremamente rapido il ponte a cui agganciarsi, creando confusione nel sistema. Le reti cellulari moderne gestiscono il cosiddetto handover molto meglio, ma la velocità e l’altitudine di un aereo rendono comunque molto poco probabile che un telefonino funzioni nella fase di crociera, ad oltre diecimila metri di quota. Prima di tutto le antenne dei ripetitori non inviano i segnali verso l’alto, sarebbe uno spreco. E poi la stessa velocità del velivolo crea spostamenti di frequenza, il cosiddetto effetto Doppler, capaci di impedire una corretta comunicazione tra telefonino e antenne a terra. Magari un Sms può passare, ma una comunicazione a voce ha grosse difficoltà.
A questo panorama non troppo chiaro si aggiunge anche lo sviluppo degli smartphone. Tutti hanno la modalità “Flight”, in cui vengono spente le trasmissioni radio di qualsiasi tipo, sia Gsm che Bluetooth. Ma funzionano ancora come agendine, lettori Mp3, visualizzatori di fotografie. Anche in questo caso, se pure molto ridotte, ci sono emissioni elettromagnetiche di cui i costruttori dell’aereo potrebbero non aver tenuto conto perché semplicemente questi apparecchi non esistevano al momento della progettazione.
Le compagnie aeree inseguono, ma non con tanto accanimento, strade alternative. I servizi di telefonia a bordo, con telefoni installati sulle poltroncine e pagamento con carta di credito, hanno avuto un discreto boom negli anni passati, e hanno giocato un ruolo importante nelle telefonate fatte dai passeggeri degli aerei dirottati dai terroristi l’11 settembre. Oggi si punta alle cosiddette “picocelle”. In pratica, l’aereo contiene una piccola antenna Gsm che raccoglie il segnale dei cellulari e lo ritrasmette attraverso un collegamento satellitare. In questo modo tutti possono usare il proprio telefono in una specie di roaming. La sicurezza dovrebbe essere maggiore perché il cellulare, dovendosi connettere con una stazione così vicina, emette onde radio a potenza molto inferiore di quanto non faccia tentando di collegarsi con un lontano ripetitore a terra.
Nella scelta dei servizi da offrire ai passeggeri esistono orientamenti diversi. Alcune compagnie (ad esempio Lufthansa, ma anche Ryan Air sui alcuni voli) offrono telefonia Gsm con il sistema delle picocelle, mentre altre puntano al Wi-fi, permettendo ai passeggeri di collegarsi a internet con i propri apparecchi, ma non di telefonare. Magari potrebbero farlo usando la telefonia via Internet, come Skype, che però nella maggior parte dei casi viene disabilitato. Non c’è alcun motivo per farlo, ma le compagnie preferiscono così.
Oggi la vera battaglia, insomma, sembra essere quella contro le telefonate, non contro gli apparecchi a bordo. A ragione, si potrebbe dire. Molti sondaggi hanno mostrato che i passeggeri non gradiscono avere nel sedile vicino passeggeri che parlano al telefono durante il volo. Anzi, il deputato americano Peter Defazio porta avanti un suo progetto di legge contro i telefoni in aereo, di qualunque tipo. La legge ha un nome curioso: “Halting Airplane Noise to Give Us Peace”, cioè bloccare i rumori sugli aerei per darci pace. La sigla in inglese diventa “Hang up”: riattacca.