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 2011  marzo 09 Mercoledì calendario

IL COWORKING, PER VOCE ARANCIO


Bianca, parrucchiera sulla quarantina, un negozio in centro a Roma con le spese ormai diventate insostenibili. Decide di affittare una poltrona del salone a un collega. Ana, di Berlino, per 75 euro al mese ha a disposizione una postazione lavorativa, un collegamento internet ed è in contatto con professionisti che fanno lavori diversi dal suo. Ana e Bianca sono coworker.

Il coworking è una nuova forma di organizzazione del lavoro. Si tratta di postazioni lavorative che vengono messe a disposizione a noleggio, per periodi brevi o anche lunghi. Si affittano soprattutto due cose: scrivanie e poltrone. Le poltrone sono quelle dell’estetista o del parrucchiere, ma anche del dentista. Le scrivanie sono quelle che possono affittare vari professionisti, come web designer, commercialisti: così può capitare di trovarsi nella stessa stanza e scambiare competenze con persone che fanno sia lavori affini ai propri sia completamente diversi.

Il coworking è nato nel 2005 negli Stati Uniti. Il primo “space” si chiamava Hat Factory ed è stato creato da Brad Neuberg a San Francisco.

Chi usufruisce del coworking? Sono soprattutto professionisti tra i 20 e i 50 anni, architetti, informatici, web designer, ma anche parrucchieri, medici, estetiste, business men con la valigia sempre in mano. Più uomini che donne.

Davide, 36 anni, ha lavorato nel design team della squadra dell’America’s Cup “+39”. Poi ha creato la sua azienda con un socio olandese. Non ha una sede fisica. «A cosa servirebbe? Io lavora dal covo di Milano e Doug da un covo di Amsterdam. Email, Skype, un ftp per scambiarci i file più pesanti: è tutto quello che ci serve. Qui c’è sempre qualcuno con cui andare a pranzo che ti racconta di altri mondi. Tra ingegneri, invece, si finisce sempre a parlare di ingegneria».

A New York il sindaco Bloomberg ha finanziato con 250.000 dollari uno spazio per coworking nel Bronx. Il nuovo space dovrebbe aprire nel corso di questo mese.

Il sondaggio di Deskmag, magazine specializzato, su 661 coworker di 24 paesi diversi. Il 70% ha detto di essere soddisfatto del proprio luogo di co-lavoro e quindi di restare anche per il 2011, mentre solo l’8% si è detto veramente insoddisfatto. Che vantaggi si hanno? L’85% degli intervistati si sente più motivato, l’88% ha migliore interazione con le altre persone. Circa la metà adesso lavora più frequentemente in team. Più della metà degli intervistati (il 60%) riesce a organizzare meglio il lavoro in modo da potersi poi rilassare a casa. Ben il 42% guadagna di più da quanto si è unito a un coworking space, mentre solo il 5% guadagna meno. Un quinto pensa che il prezzo dell’affitto dello spazio sia appena costoso ma comunque ragionevole (per il 6% è decisamente troppo caro).

In America si spendono per una postazione da 10 a 100 dollari al giorno, per un mese dai 150 ai 700. In Italia dipende da città a città. Alcuni esempi: a Milano circa 200 euro mensili, con computer 50 in più. A Genova, per lo spazio di via Fieschi, ci vogliono 30 euro più Iva per un giorno, 130 per una settimana, 220 per un mese; al coworkingroma, zona Tiburtina, si pagano 20 euro al giorno per una postazione, per una sala riunione 60 (fino a un massimo di quattro ore).

Coworking Project, il più famoso network in Italia: circa 51 uffici in condivisione in 26 città sparse più o meno in tutto il paese, da Surbo (in provincia di Lecce) a Bolzano. La lista completa si trova online (http://coworkingproject.com/network/). Un altro network è WiO “Making Work Nomad” (http://wiowio.wordpress.com/).

Milano è all’avanguardia per quanto riguarda il coworking: considerando solo il network per Coworking Project ci sono 21 space registrati nella città lombarda, a fronte di solo due a Roma.

Cosa fare se si ha uno spazio che si vuole utilizzare per il co-lavoro? Ci si può organizzare da soli, costruendo sito internet e promuovendosi, oppure unirsi a un network. Coworking Project propone due tipi di affiliazione, quella Basic per 250 euro più Iva per 12 mesi con cui metter a disposizione consigli, consulenza (anche legale), la presentazione del proprio spazio sul sito, varie forme di promozione oltre all’uso del marchio; oltre a tutto ciò, con la Premium (500 euro più Iva per 12 mesi) si hanno altri servizi, come pubblicazioni, interviste e produzione di depliant.

Massimo Carraro, fondatore di Coworking Project: «Nel 2010 c’è stato un boom anche in Italia del fenomeno. Ci sono consulenti d’immagine, scrittori, programmatori di software. In realtà tutti uniti dal fatto di lavorare in modo autonomo e da un tipo di dinamica flessibile e sostenibile». Non si tratta solo di ragioni economiche, ma anche di una scelta di vita. «Il coworking, nel senso di networking, rappresenta un modo per creare delle relazioni professionali. È nato in maniera collaborativa tra programmatori di internet che lavorando nei bar, per usare la connessione wi fi, decisero di affittare uno spazio».

La Pillola a Bologna (http://www.lapillola.net/sito/coworking.html), coworking space nel centro di Bologna, costa 360 euro al mese, e mette a disposizione anche aeree per gruppi (da 540 a 720 euro). Si può istituire lì la propria sede legale, mentre dal sito di La Pillola ci sono i link che collegano alle aziende attualmente presenti nello space. Altri spazi noti sono il romano 7th Floor e il torinese MetaCoworking.

«Questo sviluppo ha stupito tutti. Evidentemente abbiamo risposto a un’esigenza latente molto forte. Vogliamo continuare sulla stesa strada, anche se la gestione di una rete allargata è piuttosto impegnativa» (Massimo Carraro).

Il graphic designer Vincenzo e il suo socio, che vicino alla Tiburtina a Roma lavorano fianco a fianco con un ingegnere consulente di impresa e ai titolari di un’agenzia di viaggi online. «L’atmosfera è accogliente e la disponibilità delle persone che frequentano l’ufficio mi hanno colpito fin dal primo giorno – ha raccontato Vincenzo a Emanuele Coen dell’Espresso –. E poi dal punto di vista economico è una scelta obbligata: siamo una start up e dobbiamo abbattere i costi, forse è una soluzione definitiva».

I coworker si organizzano e si riuniscono per capire come meglio gestire le esperienze. A Bruxelles a novembre scorso si è tenuta Coworking Europe 2010, la prima conferenza europea del settore.

All’indirizzo http://wiki.coworking.info/w/page/29303049/Directory una utile lista di coworking space in tutto il mondo. Nel mondo ci sono circa 270 comunità di coworking, in rapido aumento. Un’indagine di DeskMag ha contato invece 600 spazi, di cui 236 in Europa.

EnLabs (http://www.enlabs.com/), lo spazio dell’università Luiss vicino alla stazione Termini a Roma, quaranta postazioni in 400 metri quadrati. Così si definiscono sul sito: «EnLabs è il primo incubatore, nato sull’esempio di quelli esistenti da anni in Silicon Valley. In un ambiente Open, Innovative & Dynamic potrete affittare il Vostro desk, per un mese o part-time, per sviluppare la Vostra idea imprenditoriale. Potete anche partecipare al programma di incubazione e, se selezionati, approfittare di un training per mettere a punto il Vostro business model e lanciare la Vostra impresa». Non solo coworking quindi, ma anche modelli di lavoro e scambio di esperienze.

È in generale l’idea della condivisione che diventa sempre più capillare e diffusa. Come il coachsurfing (che mette a disposizione un posto letto), Homelink (con cui ci si scambia proprio l’intera casa per un dato periodo), o appunto il coworking. The New Sharing Economy, come viene chiamata, porta quindi a condividere beni fisici, come una casa o un ufficio. Ma si possono condividere anche libri, cd, dvd e videogame (attraverso il sito americano Swap) o i vestitini dei bambini ancora utilizzabili, attraverso Thredup. La chiamano anche Generazione S (da Sharing, condividere).

Il coworking non è solo un’esigenza economica, ma un modo di vivere il lavoro in maniera diversa. È sostenibilità collaborativa e un modo per sfuggire alla solitudine del lavoro autonomo.

The Hub, network internazionale di spazi e di persone che si occupano di innovazione sociale. Il fondatore di The Hub Milano, Nicolò Borghi: «Appare come uno spazio di coworking ma non è solo quello». Ci sono quindi gli strumenti per lavorare (stampanti, fax, computer, wireless ecc.) ma, continua Borghi «a un altro livello c’è l’accesso al network di persone. Chi diventa membro ha accesso a piattaforme online tramite cui può vedere quali sono gli altri membri di The Hub Milano e nel mondo, circa 5.000. Questo è uno dei valori più forte, paradossalmente ciò che è intangibile è il maggior valore aggiunto intorno a The Hub». Stanno partendo altri The Hub in giro per l’Italia.

Quali sono i segreti per creare un coworking space di successo? Deskmag indica almeno sette consigli. La location è fondamentale, deve esse in una zona vicina ai trasporti e con bar, supermercati, ristoranti, poiché molti coworker sono viaggiatori. L’arredo dell’ufficio è importante: un tavolo e una connessione, naturalmente, ma se si possono fare caffè e tè, anche meglio. Mantenere un prezzo ragionevole è un punto cardine, come lo è costruire un buon ambiente di lavoro, ma questo dipende se si ha un target specifico o meno (per i soli scrittori per esempio serviranno spazi riservati, mentre per i business men servono anche spazi riunione). Deskmag consiglia anche di scegliere un nome che possa attirare l’attenzione, e di puntare molto sull’avvio – far parlare di sé, farsi notare eccetera. Infine, per non far fallire il proprio spazio in breve tempo, consigliano di dedicarsi al coworking a tempo pieno, non come progetto parallelo a qualcos’altro.