Giuseppe Matarazzo, Avvenire 9/3/2011, 9 marzo 2011
IMPRESE, 11MILA CRAC NEL 2010 «MA C’È UN’INVERSIONE DI TENDENDENZA» - U
ndicimila imprese fallite nel 2010 in Italia. Un anno nero per la tenuta delle aziende, stritolate dalla crisi che ha bloccato la produzione, gli ordini, e rallentato i pagamenti. Undicimila crac: tanti ne ha rilevati uno studio di Cerved group, secondo il quale le procedure di bancarotta sono aumentate di circa il 20% rispetto al 2009, anno che già aveva accusato una crescita del 25% rispetto al 2008. Quello sul 2010 è infatti il valore più alto da quando, tra il 2006 e il 2007, è stata riformata la disciplina sulla crisi d’impresa, che di fatto ha escluso un numero rilevante di piccole aziende dall’ambito di applicazione della legge.
Un dato pesante. Anche se qualche segnale più confortante arriva dall’ultima parte dell’anno e suggerisce il superamento della fase più critica: i dati destagionalizzati nel quarto trimestre indicano infatti una flessione dell’8,8% delle procedure di fallimento aperte rispetto al picco toccato tra luglio e settembre. «La riduzione dei fallimenti registrata nell’ultima parte del 2010 su base destagionalizzata – ha commentato Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group – potrebbe suggerire un’inversione di tendenza nei prossimi mesi: l’impressione è rafforzata dalla più lenta dinamica dei concordati preventivi. Il concordato è uno strumento che, rispetto all’istituto fallimentare, è utilizzato in una fase in cui la crisi dell’impresa è in uno stadio meno avanzato e che quindi ha un carattere più congiunturale».
Le più colpite dalla crisi sono le imprese che operano nell’industria, seguite da quelle del mondo delle costruzioni. Secondo i dati focalizzati sull’industria, nel 2010 hanno dovuto dichiarare default più di 5mila imprese manifatturiere, con un insolvency ratio , il tasso di insolvenza, che ha toccato quota 45,2 (oltre il doppio di quello complessivo dell’economia pari a 20). Hanno sofferto soprattutto il comparto dei mezzi di trasporto ( insolvency ratio pari a 87), quello della gomma e della plastica (83), l’industria calzaturiera (71) e la meccanica (63). A livello territoriale, se nel 2009 l’impennata dei fallimenti aveva riguardato soprattutto le aree del Nord (con incrementi del 35% nel Nord Ovest e del 28,4% nel Nord Est), nel 2010 il fenomeno risulta più omogeneo: le procedure sono cresciute a un tasso del 21,5% nel Nord Ovest, del 20,9% nel Centro, del 18,4% nel Nord Est e del 17,4% nel Sud e nelle Isole. Il Nord rimane tuttavia l’area del Paese con la più alta incidenza dei fallimenti: il tasso d’insolvenza si attesta a 23,8 nel Nord Ovest (dove si contano oltre 6mila fallimenti nell’ultimo biennio), soprattutto a causa dell’alto livello dell’indice registrato in Lombardia (indice di 28,1), la Regione italiana che conta il maggior numero di casi (più di 4mila nel corso del 2009-2010). Nel 2010 è cresciuto anche il ricorso al concordato preventivo (+5,6% rispetto al 2009), ma a ritmi più lenti sia in confronto a quelli osservati negli anni precedenti sia rispetto ai fallimenti. Sono calate le domande di concordato nell’industria (-14,3% tra 2010 e 2009), mentre sono aumentate – con tassi a due cifre – in altri settori.