Alessia Guerrieri, Avvenire 9/3/2011, 9 marzo 2011
SEDENTARI E IN SOVRAPPESO SEMPRE PEGGIO DONNE E GIOVANI - S
ono in salute, anche se di mangiar sano e fare sport gli italiani continuano a non volerne sapere. La dieta mediterranea diventa così una tradizione da riconquistare in un Paese sempre più vecchio e pigro, con un terzo della popolazione in sovrappeso per le cattive abitudini alimentari. Si vive un po’ più a lungo e si sta anche meno in ospedale; insomma si sta ancora bene, ma non si fanno grandi sforzi per preservare la salute. A perder terreno sono soprattutto le donne, più grassottelle e sedentarie, che stentano ad abbandonare la strada anche di altri vizi dannosi come fumo e alcol. Il panorama tracciato dall’ottavo rapporto Osservasalute promuove solo in parte le abitudini degli italiani, stili di vita sbagliati che fanno solo vivere sette mesi in più gli uomini e appena tre mesi in più le donne rispetto a cinque anni fa.
Cresce la spesa sanitaria ma migliora il disavanzo
Migliora invece la cartella clinica del nostro sistema sanitario, accanto alla costante crescita della spesa sanitaria pubblica (quasi il 7% del Pil) si registra anche la lenta diminuzione del disavanzo: 3,2 miliardi di euro, il livello più basso dal 2004. Più buone forchette che maratoneti, il 35% degli italiani infatti è in sovrappeso, uno su dieci addirittura obeso; in genere quasi il 50% comunque ha qualche chilo di troppo, soprattutto nelle regioni del meridione. Scende, anche se solo del 2%, rispetto al passato, la quota di bambini considerati cicciottelli, che si assesta tuttavia al 34% cioè un terzo del totale; sono obesi invece l’11%, con punte anche del 20% in Campania che fa da contraltare al record positivo del 3% in Trentino. La palestra dunque non piace molto, anche se gli sportivi sono in leggera crescita; resta ancora evidente la differenza di genere: mentre il 38% degli uomini fa regolare attività fisica, si ferma al 24% la percentuale di donne che pratica sport. Non arriva al 6%, invece, la popolazione che mangia abbastanza frutta e verdura, mentre sale soprattutto tra i giovani e le donne il consumo di snack fuori pasto e di alcolici. Tra le under 65, difatti, alzare il gomito è diventato un vizio per il 5%, mentre nel 2006 ne abusava appena l’1,6%; in più le donne riescono pure a smettere di fumare meno dei loro coetanei maschi: tra gli ex fumatori i maschi sono il 39% e solo il 16% è donna. Il gentil sesso marca male anche sul fronte della prevenzione, a giudicare dal fatto che ad esempio accede allo screening mammografico gratuito solo il 62% di chi ne avrebbe diritto. La prevenzione in genere ha un record negativo soprattutto per la bocca, visto che un italiano su dieci non va dal dentista anche se ne avrebbe bisogno, perché non se lo può permettere.
Meno atletici e salutisti, ma un po’ più longevi. La popolazione sì aumenta, ma è anziano un italiano su quattro e nel 27% dei casi vive solo ed è monoreddito. Anche qui la fetta più grande è rosa, il 37%, e anche le differenze regionali ricalcano la tradizionale divisione nord sud: si passa dal 33% di anziani soli in Valle D’Aosta a quote di dieci punti più basse al centro e nelle isole.
Al Nordest i più longevi Il Sud perde terreno
In media, infine, si vive di più al Nordest e al Centro che non al Sud: 84 anni per le donne e 79 anni per gli uomini. Dunque, si vive molto anche se per meno tempo in corsia; un tasso, quello di ospedalizzazione, che ha visto ridurre dal 2001 di 22 punti percentuali il numero dei ricoveri e anche la durate delle degenze. «Ma i problemi di salute degli italiani - ha spiegato Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene dell’università Cattolica - non dipendono solo dalla loro cattiva volontà, bensì dal deteriorarsi di interventi adeguati per mancanza di investimenti nella prevenzione». Una situazione di gap Nord-Sud aggravata dal federalismo, ha aggiunto Ricciardi, «che in sanità esiste dal 2001, per il quale le regioni deboli rischiano di essere travolte». Sullo stato di salute del sistema sanitario nazionale l’Italia si allinea in quanto a spesa pro capite alla media dell’Europa a 15, ma a pesare sulla nostra pagella resta il deficit medio: 54 euro a persona. In sostanza con la crisi il Belpaese ha eroso quel vantaggio di costo che l’aveva vista al secondo posto nel 2001 tra i sistemi sanitari nazionali migliori. Va detto, però, che tre regioni da sole (Lazio, Campania e Sicilia) hanno generato il 69% del disavanzo accumulato negli ultimi otto anni.