Roberta Amoruso, Il Messaggero 9/3/2011, 9 marzo 2011
ECCO TUTTE LE PARTECIPAZIONI IN ITALIA
Non a caso è Uncredit la prima a rompere gli indugi. L’istituto di Piazza Cordusio è pronto a congelare i diritti di voto del suo primo azionista. Un’azionista pesante quanto scomoda la Libia, che complessivamente detiene oltre il 7,5% del capitale della banca attraverso la Banca Centrale Libica (il 4,98%) e la Lybian Investment Authority (il 2,59%). Sarà lei, Unicredit, a spianare la strada. Ma il copione è uguale per tutti. Anche le altre società italiane finite negli anni tra gli investimenti dei fondi sovrani riconducibili al colonnello Gheddafi e alla Libia dovranno far scattare il congelamento. A partire da quelle che sanno già di avere un legame con il Paese nordafricano, come Finmeccanica, Eni, Juventus, Olcese, la Retelit di Telecom Italia, la Triestina Calcio e la Banca Ubae.
Chissà però quant’altra Libia c’è in Italia. Fino a ieri non era dato saperlo. Ma forse, già da domani, il blocco scattato a livello Ue potrebbe far emergere qualche asset in più dai controlli in corso sulle attività «sospette» sparse un po’ in tutto il mondo. Già, perchè si sa, gli investimenti «trasparenti» del colonnello Gheddafi sono solo una parte delle mosse fatte all’estero. Perchè degli affondi attraverso fondi equity privati, oppure di tutte le incursioni fatte usando banche europee o americane pur di chiudere i suoi affari, c’è poca traccia.
Allora stiamo agli atti ufficiali. Il patrimonio di Gheddafi in Italia supera i 3,5 miliardi di euro, si dice. Ma basta guardare i prezzi di Borsa per dire che solo la partecipazione in Unicredit vale circa 2,6 miliardi di euro.
La quota nel gruppo della difesa, Finmeccanica, è pari al 2,01%. In Eni si parla di una partecipazione dello 0,7% (e comunque inferiore all’1%) attraverso la Lafi Trade. Mentre il chip nella Juventus vale il 7,5% del capitale (in mano alla Lafico). E’ la Libyan Post Telecommunications Information Technology Company, invece, ad avere il 14,79% di Retelit, controllata da Telecom Italia. Per chiudere con Olcese, di cui il fondo Lia controlla il 21,7%, con la Triestina Calcio (33%), e con la Banca Ubae (67,55%). Ad oggi la connection di partecipazioni in Italia si chiude qui. Ma non si può dimenticare il passaggio storico nel capitale della Fiat. O non si può ignorare che più volte in passato si è sentito arrivare il vento della Libia su altre società italiane: da Terna a Impregilo.
Poi ci sono i legami indiretti con l’Italia. Il fondo sovrano è anche intrecciato via-Francia a Fininvest, visto che la Lia, attraverso la società Lafi Trade, è presente con il 10% in Quinta Communications S.A., società di diritto francese controllata al 68% dal finanziere franco tunisino Tarak Ben Ammar e in cui è presente anche Fininvest, con una quota del 22% (detenuta attraverso la controllata lussemburghese Trefinance). Nel portafoglio della Libian Investment Authorithy figurano, inoltre, le partecipazioni nella Oilinvest, gruppo con sede in Olanda che a sua volta controlla Tamoil. E poi chissà quanti altri fili indiretti ci sono ancora. Si vedrà.