Giovanni Nucci, La Stampa 9/3/2011, 9 marzo 2011
Da Proust alle neuroscienze - Scrive Jonah Lehrer nella prefazione del suo libro «Proust era un neuroscienziato» (Codice edizioni): «Molto prima che Charles Snow lamentasse la triste separazione tra le due culture, quella umanistica e quella scientifica, Whitman studiava manuali di anatomia cerebrale e assisteva a interventi chirurgici raccapriccianti, George Eliot leggeva Darwin e Maxwell, la Stein conduceva esperimenti psicologici nel laboratorio di William James e la Woolf si documentava sulla biologia della malattia mentale
Da Proust alle neuroscienze - Scrive Jonah Lehrer nella prefazione del suo libro «Proust era un neuroscienziato» (Codice edizioni): «Molto prima che Charles Snow lamentasse la triste separazione tra le due culture, quella umanistica e quella scientifica, Whitman studiava manuali di anatomia cerebrale e assisteva a interventi chirurgici raccapriccianti, George Eliot leggeva Darwin e Maxwell, la Stein conduceva esperimenti psicologici nel laboratorio di William James e la Woolf si documentava sulla biologia della malattia mentale. È impossibile capire la loro opera senza tener conto di queste relazioni». Volendo mettere a fuoco l’interesse scientifico del libro di Lehrer, occorre concentrarsi sull’ aspetto letterario: ciò che dice di importante sul piano della scienza lo dice, in realtà, quando sta parlando della letteratura. E l’inverso. Lo scopo di questo libro, però non è quello di screditare la scienza o nobilitare eccessivamente la letteratura e le arti. Il dato di realtà che Lehrer mostra è che la scienza e la letteratura sono medesime espressioni, per quanto diverse, del loro tempo. Può sembrare banale il fatto che Whitman, volendo dare al corpo la centralità che effettivamente avrebbe avuto nella sua poesia, studiasse e si documentasse di questioni mediche. Ma non si tratta semplicemente della ricerca che conduce un romanziere apprestandosi a scrivere un libro ambientato in un qualche mondo scientifico. Lehrer sta parlando di qualcosa di più sottile, e profondo. Il fatto che Withman, Cézanne, Proust o la Woolf abbiano cercato di raccontare il mondo, almeno dal loro punto di vista: e che del loro mondo faceva parte anche la scienza. Questo ovviamente accade sia in positivo che in negativo: non solo per l’artista che viene ispirato, e coinvolto, da una data corrente, o scoperta, scientifica; ma anche chi cerca di contrastarla e di opporvisi. La conseguenza della frequentazione della scienza da parte di artisti e letterati è il fatto che spesso (o almeno nei casi che Lehrer analizza) le loro intuizioni hanno preceduto di parecchio le scoperte scientifiche. Proust aveva capito il funzionamento della memoria ben prima di quanto non abbiano saputo fare le neuroscienze. Naturalmente tutto ciò è spiegato nel libro di Lehrer con una certa scientificità, ma su un piano letterario. Alla fine è difficile dire se questo sia un saggio che parla di scienza o di letteratura: ed è il motivo per cui va consigliato agli studenti che partecipano al concorso «La Scienza Narrata»: la cosa migliore a cui può portare la lettura di questo libro è una sapientemente confusione tra l’ambito scientifico e quello umanistico. Ne viene fuori che un vero intellettuale dev’essere ugualmente, e contemporaneamente, scienziato e umanista: un’umanista non può non essere interessato e coinvolto dalla scienza così come la sua epoca la sta celebrando; e uno scienziato non può in nessun modo permettersi di ignorare ciò che l’arte, la musica e la letteratura del suo tempo stanno producendo. I restanti, che siano scienziati, artisti, letterati o musicisti, non saranno mai all’altezza del loro mondo, perché ne avranno comunque omesso una metà.