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 2011  marzo 09 Mercoledì calendario

IL PENSIERO FEMMINILE FA LA DIFFERENZA

Tra le molte cose interessanti esposte alla mostra «Nobel negati alle donne di scienza - Tra pensiero maschile e femminile», organizzata dal Museo Civico di Rovereto in collaborazione con il Centre for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento e Lorenza Accusani, vi è un originale filmato, nel quale si possono osservare delle giovani scimmiette (della specie Macaca mulatta) impegnate in attività di gioco. Gli oggetti con cui si divertono possono essere classificati in due tipi: oggetti con ruote o «meccanici» e oggetti con caratteristiche più «sociali», come bambole e orsetti. Emerge una differenza netta: i maschi preferiscono i camion e gli oggetti meccanici, le femmine mostrano maggiore variabilità nelle scelte.

Un gran numero di ricerche, condotte in società e culture diverse, ha documentato nei piccoli della nostra specie preferenze legate al sesso nella scelta e nell’uso dei giochi del tutto simili a queste osservate nelle scimmie. Per ciò che attiene alla specie umana, l’interpretazione dei risultati ha finora chiamato in causa i processi di socializzazione e gli stereotipi culturali. La resistenza a interpretare le differenze tra i sessi anche nei termini di possibili differenze a base ormonale e genetica è stata tradizionalmente fortissima. Tuttavia è difficile argomentare che pressioni sociali e culturali possano avere qualche rilievo nelle scelte dei macachi.

Perché dovremmo interessarci di queste faccende un po’ bizzarre come le preferenze di bimbi e scimmiette per diverse tipologie di giocattoli? Non è forse ovvio che le differenze e i problemi che incontra la piena rappresentanza delle donne nella scienza ha a che fare con aspetti sociali e culturali? Certo che sì. E probabilmente si tratta di aspetti preminenti. Ad esempio, coniugare la vita familiare e l’allevamento dei figli con la carriera scientifica richiede uno sforzo aggiuntivo per le donne. Tuttavia c’è un ulteriore aspetto da considerare.

Per molto tempo si è ritenuto che i bimbi venissero al mondo pressoché privi di conoscenze. La ricerca neuro-cognitiva ha demolito questo punto di vista. I piccoli della nostra specie (così come quelli di altre specie animali) nascono con dotazioni biologiche-cognitive molto specifiche e sofisticate, che rendono possibile e facilitano l’apprendimento delle caratteristiche e degli eventi che avvengono nell’ ambiente. Tuttavia, in molte circostanze, queste «sapienze» possono essere d’ostacolo allo sviluppo e alla comprensione piena del mondo quale ci viene fornita dalla scienza, tanto più quando le nozioni della scienza si distaccano dal senso comune. Così, la fisica intuitiva che bambini e adulti hanno nella testa assomiglia più alla teoria dell’impeto della fisica medievale che alla meccanica newtoniana. E i bimbi, ma spesso anche gli adulti, sono intuitivamente e spontaneamente dualisti, creazionisti e perfino teisti, incontrando perciò formidabili resistenze psicologiche nella comprensione della teoria dell’evoluzione per selezione naturale. Tutto ciò ha conseguenze importanti sul modo in cui dobbiamo pensare l’attività educativa e didattica. Perché appare chiaro che il problema non è ciò che i bambini non sanno, bensì quello che i bambini già sanno: le sapienze innate che sono lì, predisposte nei cervelli, alla nascita, collocatevi dal lavorìo della selezione naturale.

In maniera simile non è sensato ritenere che i cervelli maschili e femminili siano tavolette di cera assolutamente identiche alla nascita, sulle quali società e cultura imprimerebbero le loro preferenze. Se così fosse, risulterebbe misterioso come mai tali preferenze siano così simili tra loro in culture e società distinte. Se riconosciamo e comprendiamo la natura delle predisposizioni biologiche che sono caratteristiche del cervello maschile e femminile, ciò che li rende simili e ciò che li rende diversi, avremo anche gli strumenti per progettare e favorire, nella scuola e nella società, il dispiegarsi del pensiero maschile e femminile. E non dovremo più discutere di Nobel negati alle donne di scienza, ma solo rallegrarci di quelli conseguiti.