Massimo Nava, Corriere della Sera 9/3/2011, 9 marzo 2011
COME SI PROCESSANO I POTENTI FRANCIA E ITALIA, DUE STILI DIVERSI - I
potenti sono processabili? I francesi se lo chiedono quanto gli italiani, dopo il nuovo rinvio del processo contro Jacques Chirac. Ed è fondato il sospetto che a una sentenza non si arriverà mai. Tuttavia, a differenza dei processi italiani, il rango dell’imputato fa abbassare anziché alzare i toni. E pur nella dialettica delle parti, si ha l’impressione che tutti sostengano con misura il proprio ruolo, compresi i giornali che hanno scelto il basso profilo. Senza megafoni, senza tentativi di delegittimazione. Chirac in passato ha definito fantasiose le accuse, ma non si è sottratto al giudizio e ha assicurato che sarà presente in aula. Ha evitato qualsiasi dichiarazione, tantomeno sul lavoro del tribunale. I magistrati non si sono fermati di fronte a pressioni di varia natura, hanno rispettato la regola dell’immunità per il capo dello Stato, ma poi sono andati avanti, senza riguardi per nessuno. Gli avvocati dei coimputati hanno sollevato dubbi d’incostituzionalità e ottenuto un nuovo rinvio. I legali delle parti civili hanno protestato perché si dilatano i tempi del processo. Chirac ha fatto sapere di non essere lui all’origine di questo nuovo rinvio. Ma lo stesso procuratore della Repubblica definisce «anacronistico» un processo che pure è giusto abbia luogo. L’opinione pubblica ha accolto con favore il fatto che nessuno, nemmeno un presidente della Repubblica, sia al di sopra della legge, però riflette sul rispetto che meritano l’uomo Chirac e l’istituzione che ha guidato per due legislature. L’opposizione, chiusa la stagione della lotta contro l’avversario politico, gli rende l’onore delle armi: è più incline alla benevolenza che ai ceppi. Non è questione di perdono, ma nessuno si nasconde l’epoca (gli anni Novanta, quando Chirac era sindaco di Parigi) e il contesto in cui il reato contestato è stato consumato, la zona grigia del finanziamento della politica. Se l’impunità dei potenti non conosce frontiere, lo stile forse sì. Massimo Nava