Elisabetta Soglio, Corriere della Sera 9/3/2011, 9 marzo 2011
«La botola? Non è casa Batman. Accuse a mia madre, lei non c’entra» MILANO— «Ma quale Batman? Intanto ho paura dell’aereo e poi, se proprio devo scegliermi un eroe volante, a me da bambino piaceva Superpippo
«La botola? Non è casa Batman. Accuse a mia madre, lei non c’entra» MILANO— «Ma quale Batman? Intanto ho paura dell’aereo e poi, se proprio devo scegliermi un eroe volante, a me da bambino piaceva Superpippo...» . Gabriele Moratti è nel suo ufficio alla Saras, vista guglie del Duomo, e cerca di stemperare la tensione con una battuta. «Sa— si scusa— sono molto timido e non ho mai fatto un’intervista. Mi sono trovato sui giornali dipinto come una specie di mostro: ma è tutta una colossale montatura usata contro mia mamma. E questa è la cosa di cui più mi rammarico: noi siamo legati da un profondo e reciproco affetto, ma io faccio la mia vita e rivendico la mia indipendenza» . Il «piccolo» di casa Moratti si racconta così: trentadue anni, liceo a Milano e laurea alla Duke University. Un tirocinio alla Saras, l’azienda di papà Gianmarco, poi due anni in JPMorgan, «per migliorare la mia preparazione sul business» , gli stessi amici da sempre «un po’ incontrati a San Patrignano e un po’ a scuola» , l’impegno nel volontariato, l’attaccamento «fortissimo» alla famiglia. E questo loft trasformato nella casa di Batman? «Non voglio entrare in polemica con una persona con cui c’è un contenzioso aperto. Ma queste sono le parole del signor Pavanello, al quale avevamo affidato l’incarico di realizzare l’impianto elettrico che però non era a norma: così abbiamo bloccato i suoi lavori e i pagamenti. Lui ha chiesto un decreto ingiuntivo nei miei confronti, che è stato respinto con cinque pagine di memoria. Io l’ho citato per danni e pochi giorni dopo, nel luglio scorso, è uscito il primo articolo sul Giornale» . Pavanello insiste: dice di aver visto con i suoi occhi ponte levatoio, bunker, ring da boxe, piscina e tutto il resto. «Pavanello ha molta acredine nei miei confronti che lo porta a raccontare falsità» . Nessuna botola? «È una scala che conduce a un seminterrato» . E il poligono di tiro insonorizzato? La piscina? Quella l’hanno vista anche i tecnici del Comune... «Noi volevamo realizzare uno spazio espositivo, non un ufficio, che è organizzato su diversi livelli ed è un po’ scenografico, anche perché utilizzato come studio e set fotografico. Ma tutto in regola» . Quando dice «noi» di chi parla? «Insieme a due amici abbiamo fondato la società Redemption Choppers, una srl che partiva dalla passione di un mio socio per le moto, che lui stesso costruisce. Volevamo creare un laboratorio per questo, poi ci siamo resi conto che non avrebbe reso e, come fanno molte marche, abbiamo ampliato la mission aziendale a una linea di abbigliamento casual» . È lì che avete chiesto il cambio di destinazione da industriale a commerciale? «Sì e abbiamo pagato più di 100 mila euro di oneri al Comune. Ora stiamo disegnando le linee del campionario: gran parte del ricavato, come fanno alcune srl di questo tipo, andrà in beneficenza» . Ma in via Ajraghi avreste fatto vendita al dettaglio? «No. Quello avrebbe dovuto essere solo il nostro show room. Poi, ci saremmo affidati all’e-commerce, la vendita via internet» . Lei ha mai vissuto lì? «No. Sono residente e abito in galleria De Cristoforis» . Ha dato feste in quello spazio? «Assolutamente no. Sono una persona timida e io le feste le evito, figuriamoci se le organizzo...» . Beh, però in discoteca ogni tanto ci va. Come la mettiamo con quella lite con Irvine? «Quella è stata un’altra menzogna. Irvine mi ha aggredito e mi ha spaccato un bicchiere di vetro sulla faccia: guardi qua la cicatrice (mostra un segno sul sopracciglio sinistro, ndr). Da parte mia, è benvenuto l’intervento della magistratura che farà chiarezza su una situazione che mi vede come parte lesa» . Torniamo a via Ajraghi. Lei in luglio ha discusso della questione con i suoi genitori? «Ne ho parlato con mio padre en passant, ma ero tranquillo perché i miei legali e i miei tecnici sapevano che stavamo rispettando le regole» . Perché non ha aperto ai funzionari del Comune che volevano fare l’ispezione in luglio? «Perché non c’ero. Ero fuori Italia per lavoro, poi ci sono state le vacanze e al ritorno dalle ferie abbiamo aperto le porte» . Ma avete avuto il tempo per nascondere quello che avevate realizzato, eventualmente? «Ma le pare? E poi, perché? Ripeto: quella non era una residenza ma uno showroom» . Perché solo il 4 marzo, appena il caso è esploso, arriva un’altra Dia di proseguimento lavori? «I tecnici la stavano preparando da tempo: è stata una coincidenza. Anche perché una cosa così non la scrivi in dieci ore...» . Ma intoppi ce ne sono stati, lo dicono anche i funzionari del Comune. «Non lo metto in dubbio. Ma una cosa è un intoppo, un’altra un abuso edilizio o una speculazione immobiliare e quello che cercano di far credere dipingendomi come uno che ha approfittato del ruolo dellamadre per avere chissà quali favori. Non vedo l’ora che la magistratura faccia chiarezza» . Pentito di qualcosa? «Più che altro rammaricato: mi spiace che la rabbia di una persona che forse voleva approfittarsi di questa situazione stia coinvolgendo mia mamma, che proprio non c’entra nulla» . Il vostro progetto continua? «Sì, ma ci cercherò un’altra sede. Quando la magistratura avrà fatto piena chiarezza, donerò quegli spazi in beneficenza a una fondazione: con quell’onta lì non andrei da nessuna parte» .