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 2011  marzo 08 Martedì calendario

GLI 80 ANNI DI GORBACIOV UN GIUDIZIO SULLA PERESTROJKA


Cercando qualche commento sugli ottanta anni dell’ex presidente dell’Unione Sovietica Michail Gorbaciov, mi sono imbattuto sul sito «La Voce della Russia» nell’articolo di Aurelio Montingelli dal titolo «Sei anni per distruggere un impero» . Nell’articolo si legge: «I politologi cercano di tracciarne un profilo con un giudizio pacato sull’uomo che in soli sei anni di potere ai vertici del Partito comunista e poi dell’Unione Sovietica, come suo primo e ultimo presidente, avviò un processo che avrebbe provocato la fine del partito e lo scioglimento dell’impero fondato da Pietro I» . Il pezzo continua: «Sta in questo l’origine delle simpatie che l’Occidente gli ha sempre tributato fino al Premio Nobel per la pace?» . Le giro la domanda: perché l’ex segretario sovietico rimane tanto simpatico all’Occidente? Andrea Sillioni Bolsena (Vt) Caro Sillioni, I giudizi politici su un uomo o su un evento dipendono spesso dagli effetti che quell’uomo o quell’evento hanno avuto per la vita di coloro che giudicano. È naturale che le democrazie occidentali diano di Michail Gorbaciov un giudizio positivo; ed è altrettanto naturale che i russi abbiano per lui sentimenti alquanto diversi. Per le democrazie la politica riformatrice dell’ultimo leader sovietico ha significato la conclusione della guerra fredda, la fine dell’era del reciproco ricatto nucleare, il ritorno alla libertà dei Paesi satelliti. Per i russi ha significato il crollo della grande potenza a cui erano orgogliosi di appartenere, la perdita dei benefici economici e sociali (mediocri ma garantiti) di cui tutti avevano goduto, l’avvento di oligarchie rapaci e di organizzazioni criminali, una lunga sequenza di sanguinose guerre civili. Esiste poi il giudizio storico, quello che cerca, per quanto possibile, di sfuggire al criterio della convenienza personale e viene dato con un certo neutrale distacco. Considerato in questa prospettiva, Gorbaciov è un riformatore fallito. Sperò di rinnovare il sistema sovietico iniettando nel corpo inerte dell’Urss una forte dose di dinamismo economico (la perestrojka) e assicurando una maggiore trasparenza dei pubblici poteri (la glasnost), ma riuscì soltanto a mettere in maggiore evidenza gli incurabili mali del regime. Il maggiore paradosso del riformismo gorbacioviano fu che la perestrojka non funzionò e la glasnost funzionò fin troppo bene. Mentre la riforma dell’apparato industriale produceva risultati opposti a quelli desiderati dal Cremlino, la stampa e i cittadini erano più liberi di giudicare e criticare. Gli errori di Gorbaciov furono dovuti in buona parte alla sua formazione sovietica. Credeva che il maggiore dinamismo dei dirigenti delle aziende fosse compatibile con la proprietà pubblica di tutti i mezzi di produzione. Credeva che la crescita di una più libera opinione pubblica fosse compatibile con l’esistenza di un solo partito. Credeva che i soviet invocati dalla rivoluzione leninista fossero stati, sia pure per un breve periodo, organismi democratici (non lo furono mai). E non tenne conto di una famosa riflessione di Alexis de Tocqueville: «Un popolo che ha sopportato a lungo, senza protestare, un regime oppressivo, si ribella quando si accorge che il governo ha allentato la sua pressione» . In altre parole accade spesso che i cattivi regimi crollino quando i loro leader tentano di riformarli. Naturalmente, caro Sillioni, il giudizio negativo che gli storici daranno probabilmente di Gorbaciov non può oscurare né la nobiltà delle sue intenzioni né il coraggio della sua politica. È giusto quindi rendere onore ai suoi ottant’anni.