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 2011  marzo 09 Mercoledì calendario

L´ARABO NEMICO DEGLI ARABI DAI PAESI DEL GOLFO ALL´EGITTO TUTTI CONTRO IL RAÌS DI TRIPOLI - BEIRUT

Non uno straccio di solidarietà formale. Non una parola di sostegno da parte degli altri raìs, presidenti, monarchi e sultani che osservano con sguardi indifferenti, se non compiaciuti, l´inesorabile caduta del Colonnello. Anzi, a dire il vero, già si contano le opinioni a favore di una no-fly zone sulla Libia che equivarrebbe ad un intervento militare mirato. E sono opinioni che pesano, come quella del presidente della Conferenza dei paesi islamici, il turco Ekemelledin Ihsanoglu, o quella del versatile segretario della Lega Araba, l´egiziano Amr Mussa. E allora sorge una domanda: ma perché Muhammar Gheddafi sta così sullo stomaco ai suoi stessi "fratelli" arabi e islamici?
«Quella dell´odio arabo vero Gheddafi è una vecchia storia», ci rammenta Saad Kiwan, giornalista e direttore della Fondazione "Samir Kassir", a Beirut. Una storia che data dalla sua ascesa al potere, dopo il colpo di Stato contro re Idris, il primo settembre del 1969. Esattamente un anno dopo, nel settembre del 1970, Gheddafi fa il suo debutto nel salotto politico del Medio Oriente, la lega dei Paesi Arabi, riunita al Cairo e, come suol dirsi, si fa subito riconoscere.
Al centro della discussione è lo scontro sanguinoso che oppone le truppe corazzate di re Hussein di Giordania ai fedayin di Yasser Arafat, il tragico "Settembre nero" dei palestinesi. Il sovrano hascemita spiega le sue ragioni, accusa Arafat di averlo costretto ad usare il pugno di ferro. Gheddafi, allora un giovane ufficiale non ancora trentenne, insorge: «C´è un pazzo fra di noi che vuole uccidere il suo popolo - urla dalla tribuna - bisogna mandare qualcuno a catturarlo per richiuderlo in manicomio». Interviene il re saudita, Fahad, per richiamare il giovane Gheddafi ad un contegno più rispettoso. Poi prende la parola Gamal Abdel Nasser, della cui ideologia del panarabismo Gheddafi è un seguace. Nasser getta acqua sul fuoco.
È curioso che in quel lontano siparietto vi siano già tutti i protagonisti della polemica che contrapporrà negli anni a venire Gheddafi e l´Olp, Gheddafi e i sauditi, Gheddafi e la Giordania. «Sin da allora - spiega Kiwan - emerse quella differenza di carattere, di stile, di visione che avrebbe opposto Gheddafi alla leadership araba tradizionale e particolarmente alle monarchie del Golfo. Gheddafi, non aveva bisogno del petrolio saudita perché la Libia aveva tanto di quel petrolio e gas da poter competere con chiunque. Politicamente godeva dell´appoggio di Nasser e per di più riteneva di essere, un rivoluzionario, il Che Guevara del Nord Africa».
Non è cambiato. Anzi, col tempo, Gheddafi ha condito quel dissenso con la contestazione teatrale, la provocazione gratuita fregiandosi, per esempio, di titoli roboanti del tipo "Re dei Re dell´Africa", o "Decano dei leader arabi"; lui, che, per rimarcare la differenza con gli altri, si vanta ancora di non avere voluto per sé alcuna carica pubblica. Fino alla mala educazione ostentata di spegnere i sigari sul pavimento della sala in cui si riuniva con gli altri capi arabi.
Con Arafat si sa come è finita. Avendo scelto di appoggiare la causa e di finanziarla lautamente, Gheddafi si sentì in diritto di chiedere che Abu Ammar mettesse a disposizione i suoi agenti per uccidere alcuni dissidenti libici rifugiatisi in Europa. Arafat si rifiutò e per tutta risposta Gheddafi ordinò la cacciata di migliaia di profughi palestinesi dalla Libia, la chiusura degli uffici Olp, e il congelamento dei finanziamenti. Ma Arafat aveva bisogno degli aiuti della Libia e, nel 1978, chiese all´imam Mussa Sadr, una personalità sciita e libanese riconosciuta e rispettata d´intercedere presso il Colonnello. Sadr partì alla volta di Tripoli, arrivò nella capitale libica, ma il giorno della sua partenza sparì e da allora non se ne sa più nulla. Alle accuse, mosse, non da ora, dal Libano, Gheddafi ha risposto che l´iman aveva preso un volo per Roma. Vedano gli italiani che fine ha fatto.
Per oltre 40 anni Gheddafi ha continuato a pensare ad un mondo arabo popolato di «stupidi», come definì gli israeliani e i palestinesi, o, peggio, di governanti al servizio di inglesi e americani, come i sovrani del Golfo, al cui livello, gridò in faccia all´emiro del Qatar, lui non sarebbe mai sceso.