Roberto Da Rin, Il Sole 24 Ore 6/3/2011, 6 marzo 2011
LA GRANDE CORSA ALL’ORO DEI NARCOS
Osservazione dei prezzi delle materie prime, studio della congiuntura internazionale, marketing e cost benefit analysis potrebbero essere alcune linee guida di un’efficiente multinazionale europea o americana.
In verità sono le scelte, effettuate in Colombia, dei gruppi armati che si contendono il territorio di vaste regioni del Paese. Alla coltivazione di coca, negli ultimi anni, è stata affiancata l’estrazione di oro.
Le Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), la guerriglia più antica d’America Latina, e le Autodefensas (paramilitari) mantengono il loro core business nella produzione di coca e vendita di cocaina ma l’ingresso di altri players come Messico, Perù, Ecuador nella redditizia filiera di produzione della droga, le ha convinte a rilanciare il settore minerario, in particolare aurifero.
Con un doppio vantaggio: nuovi proventi da un settore in forte espansione e nuovo combustibile politico per alimentare un conflitto che da quattro decenni dilania la Colombia. Tre attori si contendono potere e territori: lo Stato, le Farc e le Autodefensas. L’anima ideologica dei contendenti si è stemperata, l’orientamento marxista delle Farc così come i principi della destra autoritaria che abbracciavano i leader delle Autodefensas, hanno lasciato il posto a un altro concetto, pragmatico e molto più yankee: business is business. «Che pensate voi europei? Che la caduta del Muro di Berlino non abbia prodotto i suoi effetti anche in Colombia?». L’ironia di Alfredo Molano, raffinato scrittore colombiano, apre uno squarcio di realismo (non magico) latinoamericano.
L’oro quindi. Cos’altro di meglio del bene rifugio per eccellenza? In un Paese che già centinaia di anni fa era nelle mire dei conquistadores, in cerca di leggendari giacimenti, l’oro rilancia il conflitto e riapre ferite sociali ancora in via di rimarginazione.
La regione di Antioquia, quella da cui proviene l’ex presidente colombiano Alvaro Uribe, è l’epicentro di un’attività economica in pieno vigore. Proprietari dei giacimenti, signori della guerra, guerriglieri, militari e paramilitari, mediatori e distributori, multinazionali e governo colombiano fomentano una collusione mafioso-terroristica in cui vale un solo principio, ben riassunto da un campesino colombiano che vive nella regione: «Vince chi è più armato». Intervistato dal New York Times, il contadino della regione di Caucasia, un’altra ricca di giacimenti auriferi, aggiunge che «chi non paga muore».
Tangenti, diritti di proprietà, estorsioni. Queste alcune tariffe: 141mila dollari al mese per il permesso di esplorazione di un giacimento, 3.800 dollari al mese per un’escavatrice in attività. L’ultimo allarme arriva dalle Nazioni Unite. «La Colombia ha il triste primato do mondiale di inquinamento da mercurio, la sostanza necessaria ai cercatori per separare l’oro dal fango». Lo spiega Marcelo Veiga, un ingegnere minerario che lavora che ha effettuato una ricerca ambientale, commissionata dall’Onu, nella regione di Antioquia. «Ogni anno si diffondono nell’aria più di 67 tonnellate di mercurio. Un grave danno per l’ecosistema e soprattutto per i 30mila minatori contagiati nella febbre dell’oro».
Ciò accade in una delle regioni con il più alto tasso di omicidi al mondo, 189 per 100mila abitanti. Due delle bande più efferate sono gli Urabenos e i Rastrojos, gruppi armati che contano più di 1.200 combattenti arruolati nelle proprie file. Il paradosso è che un leader di questi gruppi ha candidamente dichiarato che lo spostamento del baricentro del business dalla droga all’oro si spiega con il fatto «quello dell’oro è un affare lecito». Un altro limite a chi, con l’analisi politica e sociologica, cerca di dare indicazioni utili al controllo di un settore, quello aurifero, che pare ideale per finanziare Farc e Autodefensas, arriva dalla base produttiva, i campesinos colombiani: «Siamo al corrente dei danni provocati dal mercurio al nostro cervello e al sistema nervoso, ma non abbiamo altre chance di sopravvivenza. Le fumigaciones (aspersioni di prodotti di chimici effettuate dal governo colombiano con piccoli aerei, ndr) hanno ridotto le superfici coltivabili con la coca e l’estrazione di oro resta l’unica attività che ci dà da vivere».