Notizie tratte da: Frédéric Martel # Mainstream. Come si costruisce un successo planetario e si vince la guerra mondiale dei media # Feltrinelli 2010., 8 marzo 2011
«Per cinque anni ho attraversato il pianeta facendo il giro delle capitali dell’entertainment, intervistando oltre 1250 persone operanti in queste industrie creative, in trenta paesi di tutto il mondo
«Per cinque anni ho attraversato il pianeta facendo il giro delle capitali dell’entertainment, intervistando oltre 1250 persone operanti in queste industrie creative, in trenta paesi di tutto il mondo. Ne è emerso un quadro nel contempo inedito, affascinante e inquietante. È un’inchiesta sulla guerra mondiale sui contenuti. E questa guerra è già cominciata». p. 14 Jack Valenti, uno dei più celebri lobbisti di Hollywood, oggi in pensione. Negli anni Ottanta regalò a Ronald Reagan una sala cinematografica all’interno della Casa Bianca. Tutti gli studios hanno dato il loro contributo perché quella sala fosse all’avanguardia. I film richiesti dal presidente, spesso in anteprima, venivano immediatamente mandati da Hollywood con un aereo speciale, in versione 35 mm. p. 26 Per avere successo in Cina un film deve uscire per San Valentino, per la festa nazionale cinese (il 1° ottobre), il giorno della Festa del Lavoro o durante l’estate. Per evitare che i film americani dominino il botteghino la censura cinese gli vieta di uscire in queste date. p. 29 Quindici anni fa in Messico non c’erano più cinema, non si proiettavano più film. Oggi, invece, si costruisce un nuovo multisala al giorno e il Messico ha il doppio dei cinema del Brasile, mentre la popolazione è la metà. p. 36 Il primo drive-in è stato inaugurato nel 1933 nel New Jersey, nel 1945 se ne contavano meno di cento, ma pochi anni dopo erano quattromila. Nel corso degli anni ottanta sono scomparsi quasi tutti. p. 41 Negli anni ’50 il drive in era un fenomeno giovanile e stagionale. Il prezzo di ingresso era basso: due dollari per auto, indipendentemente dal numero di persone che c’erano a bordo; poi è stata introdotta una quota per ciascun passeggero (e qualcuno ha cominciato a nascondersi nei bagagliai, prima che venissero regolarmente ispezionati). p. 42 Ragionamento di un manager di un multisala di Omaha, Nebraska, con un cinema da 7mila spettatori al giorno dove non proiettano mai film stranieri con i sottotitoli: «Leggere i sottotitoli significa chiedere di fare uno sforzo. Qui il pubblico viene per divertirsi, e non per tornare a scuola». p. 44 L’arrivo dei popcorn nei cinema americani risale alla Grande depressione del 1929. I proprietari delle sale cinematografiche erano alla ricerca di nuove forme di incasso. Il pubblico era abituato a comprarsi dolciumi e caramelle nei chioschetti e nei baracchini attorno ai cinema. I gestori hanno iniziato a vendere Coca Cola e caramelle direttamente alle casse. Poi hanno introdotto i popcorn, che hanno il vantaggio di essere facili da produrre e avere costi minimi. Il margine su una confezione di popcorn è circa il 90% del prezzo. p.46 Michael Eisner, amministratore delegato della Disney dal 1984 al 2005. Prima della nomina non aveva mai visto un film Disney e non era andato a Disneyland. Per mettersi nei panni del direttore della società, come vuole la tradizione, dovette accettare di trascorrere una giornata intera vestito da Topolino nel parco d’attrazione di Orlando. Il suo contratto iniziale prevedeva un compenso di 750mila dollari all’anno, grandi quantità di stock option, un bonus annuale pari al 2% dei profitti di Disney, un prestito da 1,5 milioni di dollari a fondo perduto. p. 60 Il musical Il Re Leone, che la Disney porta in giro da 12 anni per tutto il mondo. In molti paesi è rimasto in cartellone per anni, spesso ha fatto registrare il tutto esaurito nonostante il costo del biglietto, cento dollari (senza riduzioni per i bambini). Lo hanno visto 50 milioni in tutto il mondo e ha incassato oltre un miliardo di dollari. p. 71 Secondo alcune stime, l’economia americana del cinema e della televisione vede la partecipazione di 115.000 aziende, la maggior parte delle quali ha meno di 10 lavoratori, coinvolge complessivamente 770.000 dipendenti e indirettamente 1,7 milioni di impieghi. Al contrario della vecchia Hollywood dove tutti erano dipendenti, nella nuova Hollywood sono tutti indipendenti. p. 79 La produzione di Spider-Man 3 è costata 380 milioni di dollari di cui 260 milioni per il film (dettonegative cost) e 120 milioni per il marketing globale. p. 88 Costo medio della campagna commerciale di un film di una major di Hollywood: 2 milioni di dollari nel 1975, 39 milioni nel 2003. Si è arrivati anche a oltre 100 milioni per grandi film come Matrix o Pirati dei Caraibi. p. 89 Prima di dare il via libera alla promozione di un film, la cosa più importante è determinare il suo potenziale pubblico. Negli Stati Uniti questa operazione si fa generalmente seguendo tre criteri: l’età (più o meno di 25 anni); il genere (uomo o donna); infine il colore della pelle (bianchi e "non-bianchi"). I film ideali sono i "four-quadrant film", pellicole con un pubblico potenziale di uomini e donne attorno ai venticinque anni. Il rischio maggiore è fare film che possa piacere solo a ragazze di meno di 25 anni, perché i ragazzi non le accompagnano mai a vederli. p. 90 La cattle drive − dal nome della transumazione del bestiame nell’Ovest americano − è l’ultimo stadio della campagna di produzione di un film. Consiste nel martellare il nome del film e degli attori con tutti i mezzi possibili, su tutti i supporti e in diversi continenti nello stesso tempo, nelle due settimane che precedono l’uscita. p. 92 Le ultime strategie di marketing dei film, che prevedono anche la diffusione "illegale" di spezzoni su siti come Youtube. p. 93 «I cattivi registi − peccato per loro − non hanno idee. I buoni registi − e questo è il loro limite − ne hanno troppe. I grandi registi − soprattutto quelli innovativi − ne hanno una sola". p. 104 Le possibili strade per sfondare a Hollywood secondo John Dewis, attore "would-be", in cerca della gloria: «Si può sfondare facendo doppiaggio. Oppure attraverso il giornalismo. Oppure legando il proprio nome a uno script, come ha fatto Matt Damon, facendo quello che si chiama script-veichle: scrivere un buono script e porre come condizione di essere l’attore, se lo script è accettato». p. 111 Si dice che la musica pop sia stata inventata al numero 2648 West Grand Boulevard Detroit, nella sede della casa discografica Motown. È una modesta casa collegata con un sotterraneo a un’altra casa, ugualmente modesta, il cui sottosuolo è stato trasformato in studio. p. 113 La situazione di Berry Gordy nel 1959, quando ha fondato la Motown: coltivava il sogno di diventare un campione di boxe, ma ha fallito. Ha fatto il miliare e la Guerra di Corea, ma soprattutto si è annoiato. Ha cercato di fare il protettore di prostitute, ma ha abbandonato perché, così dice, non sapeva «picchiare le ragazze». Si è sposato e il suo matrimonio è sull’orlo del fallimento. Ma ha tre figli e dunque ha bisogno di un minimo di entrate. p. 114 La maggior parte dei cantanti Motown sono immigrati di seconda generazione che cantano nelle chiese battiste nere: i padri di Aretha Frankline Marvin Gaye erano pastori neri, Otis Redding si forma in una parrocchia della Georgia, Ray Charles in una chiesa battista della Florida. Donna Summer in una chiesa del ghetto nero di Boston, Whitney Houston nel coro gospel della chiesa di Newark. p. 116 Alla Motown ogni settimana alla riunione di produzione e marketing si votava per decidere quale canzone meritasse di essere commercializzata, in relazione alla sua possibilità di diventare una hit. In questa occasioni Berry Gordy invitava alle riunioni kids incontrati per strada per avere il loro parere. p. 119 Solo quattro major controllano ormai il 70% della musica venduta in tutto il mondo e una sola di questa major è americana. Universal Music, leader del mercato, è francese; Sony Music Entertainment è giapponese; Emi è inglese; Warner Music Group, infine, è l’unica ad essere ancora americana. p. 123 Negli Stati Uniti il mercato del country è stimato attorno al 10% delle vendite di dischi e del digitale. È il genere musicale più diffuso alla radio in termini di stazioni, oltre 1.400. p. 135 La musica christian rappresenta oggi circa il 7% delle vendite di musica negli Stati Uniti, ha classifiche proprie, il suo barometro, Nielsen Christian Sound, la si trova negli scaffali dei supermercati e spesso fa da colonna sonora a film hollywoodiani come le Cronache di Narnia o Matrix. p. 138 Mtv, che ancora nel 1981 considerava la musica nera un ghetto, qualcosa non abbastanza crossover e poco mainstream. Anche Micheal Jackson era messo al bando. L’ad di Cbs, che aveva Jackson sotto contratto, un giorno è andato su tutte le furie minacciando di boicottare completamente l’emittente con tutto il suo catalogo se non avessero smesso di boicottare Jackson. p. 141 Oprah Winfrey, nata nel 1954 nel Mississippi rurale e in un contesto di grande povertà − in un appartamento senza acqua né elettricità − da una madre che faceva la donna delle pulizie e un padre minatore, diventato barbiere. Oggi 7 milioni di telespettatori americani guardano ogni giorno il suo talk show. A livello mondiale il pubblico quotidiano è di 15-20 milioni di persone. p. 163 Quando Oprah Winfrey nell’estate del 2005 ha recensito tra romanzi di Faulkner invitando i suoi fan a leggerli. L’ostico L’urlo e il furore è stato comprato e letto, grazie a lei, da 300mila americani. p. 167 Per arrivare al complesso della Film City di Mumbai bisogna attraversare decine di mercati e di bidonville, chiedere diverse indicazioni sulla strada da percorrere. Chi sbaglia strada si ritrova nella giungla, circondato da scimpanzè che saltano sul tetto delle auto. p. 184 Alcune delle motivazioni con cui la censura cinese ha rifiutato dei film: in uno si mostravano tatuaggi e un attore aveva un piercing; un altro aveva scene di grande povertà; un altro ancora era di stampo "nichilista", un altro aveva troppe scene di suspence. Spesso la censura cinese non fornisce nemmeno la spiegazione delle proprie scelte. p. 195 In Cina i dvd originali e quelli illegali sono prodotti dalla stessa fabbrica. Esattamente come accade per le penne Montblanc e gli orologi Rolex. p. 198 Time Warner nel 1994 ha investito nei multisala in Cina. Partita con una joint venture con il 70% in mano sua e il 30% ai cinesi, dopo pochi mesi è stata costretta a ridurre la sua quota al 51% per concedere il 49% ai cinesi. Quando avevano costruito otto cinema improvvisamente le autorità cinesi hanno deciso di vietare che una società straniera avesse sale cinematografiche sue. Quota di Warner ridotta al 49%. Oggi è impossibile entrare nel mercato dei multisala cinesi. p. 207 Rupert Murdoch nel 1993 ha comprato la rete televisiva satellitare Star, basata a Hong Kong. In una conferenza stampa a Londra, al magnate scappa detto che «le televisioni satellitari permetteranno alle popolazioni dei paesi chiusi, avidi di informazione, di aggirare le televisioni pubbliche ufficiali». Un mese dopo il primo ministro cinese firma direttamente un decreto che proibisce su tutto il territorio cinese le parabole per captare canali satellitari. p. 213 Wendi Deng, cinese, alta, attraente ed entusiasta, nel 1997, ha ventinove anni, un Mba a Yale e sta facendo da qualche mese nella sede di Star a Hong Kong. Per una serie di circostanze diventa l’interprete di Rupert Murdoch. Il magnate è in crisi con il suo matrimonio. Dice al suo principale assistente: «Quando si comincia ad avere una certa età, è importante circondarsi di persone giovani, gente con nuove idee, piene di energia e entusiasmo. Fa bene, rivitalizza». Poco dopo comincia una relazione con Wendi che diventerà presto la sua terza moglie. p. 219 Jiang Zeming, presidente cinese convinto da Murdoch nel 1997 a vedere in anteprima una proiezione di Titanic. Qualche giorno dopo firma lui stesso una critica del film sul quotidiano comunista ufficiale: «Invito i miei compagni dell’ufficio politico a vedere il film, non per promuovere il capitalismo, ma per aiutarci ad avere successo. Non dobbiamo credere di essere gli unici a sapere come si fa propaganda». p. 221 Il gruppo indiano Reliance controlla 240 sale cinematografiche negli Stati Uniti, nel 2008 ha acquistato quote di DreamWorks da Steven Spielberg per 600 milioni di dollari, ha speso altri 600 milioni di dollari per produrre una decina di film hollywoodiani con interpreti come Brad Pitt, Jim Carrey, Nicolas Cage, Tom Hanks e George Clooney. p. 227 Hrithik Roshan, divo di Bollywood. Gli indiani sarebbero pronti a tutto per capire se ha davvero 6 dita in una mano. p. 229 In India il cinema locale conquista il 90-95% del botteghino e lascia agli americani solo il 5%. A livello di biglietti venduti nel mondo Bollywood batte Hollywood 3,6 miliardi a 2,6. Al botteghino stravincono gli americani: 38 miliardi a 2. In India ci sono 22 lingue ufficiali e centinaia di lingue regionali e dialetti. Per conquistare il pubblico Sony ha tradotto Batman. Il cavaliere oscuro in 14 lingue indiane, ha aggiunto canzoni hindi in Casino Royale, ha girato video con cinque gruppi locali per lanciare Spider-Man. p. 234 La star coreana BoA, che canta in coreano il pubblico coreano, in giapponese per i giovani di Tokyo (è bilingue), in Inglese per i giovani di Singapore e Hong Kong, e ha imparato a cantare anche in mandarino per piacere al pubblico cantonese. p. 253 I Super Junior, gruppo di 13 ragazzi coreani selezionati dalla loro casa discografica per conquistare tutti i mercati asiatici. Giovani, belli, capelli lunghi alla coreana, cantano in diverse lingue. Sono divisi in "unità" più piccole per adattarsi al paese in cui viene prodotto: in Cina i Super Junior M cantano in mandarino, in Giappone i Super Junior J cantano in giapponese, in Corea vanno in scena i Super Junior K. p. 254 Jung-Sook Huh, dell’emittente coreana Mbc: «Vendiamo molti drama in Medio Oriente perché le donne musulmane si identificano totalmente con i personaggi femminili coreani. Le nostre idee sulla famiglia, sul ruolo della donna, sono piuttosto compatibili». p. 265 I musalsalat, i teleromanzi del Ramadan. Inventati dagli egiziani sono popolari in tutto il mondo arabo. Per il Ramadan le famiglie restano un mese rinchiuse in casa tutto il giorno e quindi guardano continuamente la televisione. Una serie di musalsalat dura sempre trenta giorni. p. 272 La telenovela più popolare in Brasile va in onda alle 21, dopo il Jornal Nacional. È la storia di una coppia che vuole baciarsi e abbracciarsi, ma che lo sceneggiatore, per 200 puntate, ha deciso di non volerli lasciar fare. Da qui l’impazienza della coppia e dei telespettatori. p. 275 Paesi che sottotitolano senza doppiare: Olanda, Danimarca, Finlandia, Belgio fiammingo, Portogallo, Israele, Islanda, Romania, Malesia e i paesi arabi. Paesi che doppiano la serie senza sottotitoli: Ungheria, Repubblica Ceca, Vietnam, Canada, Francia, Belgio, Italia (dove i sindacati impediscono di sottotitolare per difendere i posti di lavoro dei doppiatori). p. 286 La strategia di marketing per lanciare una star latina: 1. break your own market first, cioè avere successo nel mercato locale; 2. you have to get Us latino market, conquistare i latinos che vivono in America, sempre a partire da Miami; 3. poi si affronta il mercato messicano, il più importante in termini quantitativi e il più difficile da conquistare. Se ci si riesce si sfonda in tutta l’America latina. p. 296 Gilberto Gil, nel 1967, quando cominciò a usare chitarre elettriche in un festival di San Paolo fu insultato e accusato di essere un agente dell’imperialismo americano che cercava di imporre influenze occidentali nella musica brasiliana pura. p. 300 Il sabato del luglio del ’97, quando verso le 16 per un errore nel segnale su Canal France International − rete araba del gruppo francese Canal+ − va all’improvviso in onda il film pornografico Club privé au Portugal, e va avanti per mezz’ora. Canal+ il giorno dopo è stata espulsa dalla piattaforma satellitare ArabSat, saudita, l’unica che trasmette in 21 paesi arabi. Prese il suo posto una giovane Al Jazeera. p. 304 Al Jazeera è vietata in Tunisia, Marocco, Algeria e Iraq; fino al 2007, alcuni stati arabi come l’Arabia Saudita hanno minacciato di proibirla, più recentemente l’ha fatto l’autorità palestinese. p. 309 La rete libanese Al Manar. Il direttore Hassan Fadlallah disse nel 2002:«Non è nei nostri obiettivi intervistare Ariel Sharon. Vogliamo avvicinarlo non per fargli un’intervista, ma per ammazzarlo». p. 322 Andrés Izarra, presidente onnipotente di Telesur, la rete di Chavez. Giovane, muscoloso, abbronzato, in jeans e scarpe da ginnastica. Dà l’impressione di un omosessuale di West Hollywood appena uscito da una palestra. p. 333 Il principe Al Waleed bin Talal bin Abdul Aziz al Saud, calsse 1955, membro della famiglia reale dell’Arabia Saudita. Avrebbe perso 21 miliardi di dollari in Borsa nel 2008. Nel 1987 ha fondato Rotana, il gruppo media e intrattenimento che controlla il 50% del catalogo cinematografico arabo e il 90% della musica mainstream araba. Ha anche 20 emittenti televisive. p. 348 «Jawaab nihaa’i?». In arabo, significa «è la tua risposta definitiva?». p. 348 Oggi in Egitto non si tagliano più le scene in cui ci sono baci, ma quelle in cui ci sono donne nude o poco vestite sì. p. 363 Il governo egiziano limitata la diffusione dei film stranieri a cinque copie per ogni città al massimo. Ma siccome ci sono solo due grandi città, Il Cairo e Alessandria, in generale ci sono 10 copie di film non egiziani in tutto il paese. p. 364 All’editrice Random House, quella de Il Codice da Vinci, puntano soprattutto su due tipi di libri: i runway bestseller, che vendono molto subito, e i coast-to-coast besteller, che piacciono a tutti, da una costa all’altra degli Stati Uniti. p. 368 La paura dell’egemonia americana − un’ossessione tanto a Parigi quanto a Roma − sembra invece un concetto ormai desueto a Mumbai e Tokyo. In Iran, India, Cina milioni di persone non sanno chi siano Michael Jackson o Madonna. A Seul, Taiwan e Hong Kong si teme più l’egemonia giapponese o cinese di quella americana; in Argentina si ha più paura del Brasile o del Messico; in Giappone e in India si diffida della Cina più che dell’America. p. 406 Le statistiche internazionali da una decina d’anni indicano un notevole ribasso dell’Europa sulle esportazioni di film, programmi televisivi e musica a un ritmo dell’8% all’anno. Gli Stati Uniti invece crescono a un ritmo del 10%.