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 2011  marzo 07 Lunedì calendario

Sorpresa: i medici non si fidano dei medici - Scusi, ma lei come com­batte l’influenza, con il vacci­no? «Macché io non mi sono mai vaccinato però mi sono beccato il virus in ospedale e così ho dovuto prendere l’an­tibiotico per presentarmi in corsia»

Sorpresa: i medici non si fidano dei medici - Scusi, ma lei come com­batte l’influenza, con il vacci­no? «Macché io non mi sono mai vaccinato però mi sono beccato il virus in ospedale e così ho dovuto prendere l’an­tibiotico per presentarmi in corsia». É un medico che par­la, presente al convegno «Me­dico cura te stesso » dedicato al­le patologie che colpiscono i camici bianchi. Ci chiede di non scrivere il suo nome, per­ché non sarebbe raccomanda­bile un esperto che si cura in modo opposto rispetto a quel­lo che consiglia ai pazienti e cioè vaccinarsi, non prendere l’antibiotico perché l’influen­za non è batterio eccetera, ec­cetera... Eppure chi ci sta di fronte è un bravissimo e stima­to professionista. Ma per i dot­tori vale il proverbio che si usa per le tonache: segui quello che il prete dice e non quello che il prete fa. Lo sa bene il pro­fessor Beniamino Palmieri, ideatore del convegno di Mila­no che ammette: «Effettiva­mente la categoria che do­vrebbe dare il buon esempio non si cura o lo fa in modo em­pirico, utilizzando campioni di farmaci che gli vengono sot­tomano ». Insomma, anche i medici si ammalano, ma hanno una certa riluttanza a considerarsi pazienti e solitamente si rifiu­tano di seguire i consigli che forniscono in studio. E quan­do si curano, anziché sottosta­re a un preciso protocollo, ten­dono a fare autodiagnosi e cer­cano consulenze informali e confidenziali di «corridoio» presso amici specialisti e col­leghi. I dati confermano l’at­teggiamento di scetticismo diffuso verso diagnosi e medi­cine. Il 70 per cento dei medi­ci al di sotto dei 50 anni non si curano, peggio, si trascurano. «I camici bianchi si sentono in una condizione di invulne­rabilità e per loro curarsi rap­presenta una diminuzione di prestigio – aggiunge Palmieri - ma per me è solo supponen­za e presunzione». Dunque, l’umiltà non è una dote tipica della categoria dei medici che, come tutti i comuni mor­tali, si ammalano. Di cosa? Di un po’ di tutto.Ma è lostress la principale causa di patologie come l’ipertensione, la soffe­renza cardiovascolare, l’in­sonnia. Poi c’è la depressione che colpisce, secondo le sti­me di Palmieri, tre medici su dieci. Non a caso, il tasso di suicidi tra la categoria è più al­to rispetto al livello nazionale. Ci sono però molti medici che sanno gustarsi il sapore della vita. Specie della buona tavola. Ma poi il sovrappeso incide per il 15 per cento sul­l’intera categoria. Gira anche la droga tra i camici bianchi, cocaina per lo più. Mele mar­ce come dicono i responsabili delle varie branchie della me­dicina? Non proprio, replica Palmieri: «Soprattutto nelle specialità ad alto stress, alcu­ni stimati professionisti fan­no uso di sostanze che li ren­dono lucidi e attivi. Lo fanno perché sono convinti di domi­nare l’assuefazione ma alla fi­ne cascano nella dipenden­za ». E poi ci sono le patologie legate al colesterolo, il diabe­te, gli infarti e i tumori. Umber­to Scapagnini ha raccontato alla platea la sua odissea con­tro il male da cui è riemerso quasi fosse un miracolato. Ora è un uomo più mite, più umanizzato, più avvicinabile. E sicuramente può compren­dere­meglio il travaglio dei pa­zienti che soffrono. Una tema­tica affrontata anche da tre medici italiani autori di un li­bro «Dall’altra parte» che rac­conta le loro drammatiche esperienze da malati. Tutti e tre consapevoli di non far par­te di una categoria speciale e tutti e tre diventati più umani per necessità. I metodi del dot­tor House, del resto, non sono graditi da nessuno. La gente preferisce il medico umano, magari con una vena artistica necessaria a scaricare lo stress accumulato in corsia o in sala operatoria. E il medico ideale è anche uno sperimen­tatore. Palmieri vuole diffon­dere l’autosperimentazione di farmaci non validati ma su cui vale la pena di investire: «Esiste un estratto di alga giap­ponese che sembra avere ef­fetti sulla perdita del potere cognitivo e della lucidità dei pazienti. Nessuna industria lo produrrà mai e siccome an­che noi perdiamo la memoria vale la pena di sperimentarlo sulla nostra pelle assieme ad un altro prodotto a base di ac­qua di un lago fossile america­no che ha proprietà antiossi­danti incredibile». Provare per credere.