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 2011  marzo 07 Lunedì calendario

L’ex pm che vuole arrestare Napoli - Dalla padella alla brace: questo il rischio che corre la sfortunata Napoli

L’ex pm che vuole arrestare Napoli - Dalla padella alla brace: questo il rischio che corre la sfortunata Napoli. Dopo la di­sastrosa Rosetta Iervolino, po­trebbe capitarle di dovere di­gerire come sindaco Luigi De Magistris dell’Idv. L’ex pm si è infatti autocandidato alla gui­da della città per il prossimo lustro. Gli unici a gioire della prospettiva sono il medesimo De Magistris che ha definito «entusiasmante, passionale e rivoluzionaria» la sua sciagu­rata idea e il leader del suo par­tito, Totò Di Pietro, che non ve­de l’ora togliersi dai piedi il presuntuoso pm. La città in sé oscilla invece tra depressione e l’uso del cannone contro Pa­lazzo San Giacomo, sede della municipalità. I primi ad accogliere col ma­g­one l’iniziativa sono gli allea­ti del Pd. I meschini, dopo le primarie andate buca per bro­gli, cercavano ansanti un vol­to nuovo nella mitica società civile. L’occhio era caduto sul giudice Raffaele Cantone, rac­comandato dallo scrittore Sa­viano, che però non se l’è senti­ta. Stavano allora provando con un prefetto, Mario Morco­ne, quand’è piombata la fera­le notizia di De Magistris. Co­me una iena imbufalita, il com­missario provinciale del Pd, Andrea Orlando, ha sibilato: «Sono inaccettabili le scelte in­dividuali. Qui si rischia di lace­rare la coalizione». Tradotto: possibile che ’sto De Magi­­stris, faccia tutto da sé senza chiedere se sta bene anche a noi, col rischio di seminare ziz­zania al nostro interno e rega­lare la poltrona ai manigoldi berluscanti? Infatti, si profila un nuovo caso Emma Bonino. Ricordate l’anno scorso quan­do la pulzella radicale si candi­dò a sorpresa alla presidenza del Lazio contro Renata Polve­rini, lasciando Bersani come un allocco? Il volatile, preso di contropiede, rinunciò a un proprio candidato per non di­s­perdere voti e sostenne obtor­to collo l’intrusa. Conclusio­ne: vinse la destra. Memore della beffa romana, la sinistra napoletana è ora in ambasce. Gongola invece l’impunito De Magistris e già prevede che sul suo nome «ci sarà convergen­za dei partiti del centrosini­stra ». Cioè il bis esatto del caso Bonino. Vediamo cosa significhereb­be in concreto un De Magi­stris sindaco. Da non augura­re nemmeno a un plotone di suocere. L’ex pm è un clone di Di Pietro. Uno che ha sostituto le volute del cervello con cer­chi di manette, catene attorci­gliate, giri di chiave. Come il suo leader, riduce qualsiasi comportamento umano a un articolo di codice penale, un combinato disposto, un’ag­gravante. Figuratevi governa­re Napoli - città che ha biso­gno di lavoro, reddito, tran­quillità - col fucile spianato. Direte: con tutto il malaffare che pullula sotto il Vesuvio un sindaco-questurino viene a fa­giolo. Se lo dite, siete confusi. Una cosa è combattere la ca­morra, che è compito dello Sta­to, un altro è fare fiorire la cit­tà, che è il mestiere del sinda­co. Invece, il solo talento dimo­strato da De Magistris nei suoi 43 anni di vita è quello di sbat­tere in galera. Ergo: governerà Napoli con lo stesso spirito. Con una giunta inquisitoria, zeppa di pm, sospettosa di tut­ti e di ciascuno: dei funzionari comunali, degli imprenditori, dei colletti bianchi in genere. Che io sappia, l’aspirante primo cittadino non ha l’om­bra delle competenze che a Napoli servirebbero come il pane: la saggia amministrazio­ne, il rilancio dell’economia, la pianificazione della città, lo sviluppo delle libertà impren­ditoriali, ossia il sale di una cit­tà da risanare. Ce lo vedete voi Luigino Millemanette che dà udienza a un imprenditore senza denunciarlo di essere venuto per tirargli un bidone, arricchirsi a sbafo, tentare di corromperlo? No, infatti quel­le sono le sue categorie menta­li e la sua visione della vita. D’accordo, posso sbagliarmi. Infatti, sto arbitrariamente proiettando il passato demagi­­strico nel futuro, mentre sareb­be giusto dargli la chance di una resipiscenza. Bè, lo con­fesso: non ci riesco. Anche per­ché mi ronza in testa la lettera con cui Millemanette ha an­nunciato ai fan la decisione di scendere in lizza. Dà un’idea aggiornatissima di come Luigi­no sia in quest’esatto momen­to. Cioè, questo: un populista mesozoico e un megalomane. Sappiamo già che giudica «rivoluzionaria» la scelta di proporsi come sindaco. Come dire, una fortunata e irripetibi­le occasione per Napoli. Poi, spiega com’è maturata: «Da­gli incontri con movimenti, co­munità resistenti, associazio­ni, laboratori sociali, centri so­ciali, studenti, professori, in­tellettuali, operai, lavoratori, disoccupati, precari ho raccol­to una voce che è cominciata a essere assordante nelle mie orecchie: tocca a te, rappre­senti l’USCITA D’EMERGEN­ZA (maiuscolo nel testo, ndr)». Già con quel cenno me­­tafisico dell’udire e obbedire alle «voci» che si rivolgono a lui, siamo tra Padre Pio e Tere­sa d’Avila. Ma sono soprattut­to le categorie cui Luigino si è rivolto e che lo hanno incorag­giato, a dirci come si compor­terà da sindaco: vendoliana­mente sensibile ai centri socia­li (occupazione case), alle co­munità resistenti (scontri con polizia), disoccupati e precari (assunzioni comunali pioggia e lavori inutili a spese dei napo­letani utili). Nessun cenno di soluzione invece per rifiuti, traffico caotico, abusivismo, bonifica urbanistica, ecc. No­nostante le zero proposte, Mil­lemanette è convinto di fare centro e lo dice da par suo. L’annuncio è, in diverse parti, poesia pura. Parte in sordina con una promessa palingene­tica: «Realizzeremo una scos­sa morale e di etica pubblica». Poi, con crescendo rossinia­no, diventa cosmico: «Faremo una battaglia politica per Na­poli, per il Sud, per l’Italia, per il Mediterraneo, per l’Euro­pa ». Pizza, ricotta, Oreste, bum! Infine, esplode: «Aprire­mo le porte dei palazzi per fare uscire il puzzo del compro­messo morale e fare entrare il fresco profumo di libertà. In­sieme, vinceremo!». Un esalta­to. Comunque, tranquilli: non è affatto detto che Luigi ce la faccia. Non dimentichiamo, che è un gran pasticcione. Da pm, su tre mastodontiche in­chieste, non ne azzeccò una. La Poseidon, gli è stata tolta per irregolarità. La Why not fi­nì nell’ignominia: il gup, accu­sò Millemanette di avere pro­dotto fuffa per andare in tv. Al vento anche la terza, Toghe lu­cane. Per lo scorno, Luigino si è buttato in politica anziché al­le ortiche, com’era suo dove­re. Ne converrete: sarebbe in­giusto adesso che a pagare l’er­rore siano i napoletani.