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 2011  marzo 07 Lunedì calendario

METTI UNA SERA A CENA TRA OBAMA E BRIGATE POLENTA

Il Parlamento – si dice – è stato esautorato: ormai non dibatte più nulla, il vero dibattito lo si fa altrove. E’ altrove che si disegnano i futuri scenari interni e internazionali; altrove che si disfano e si ricuciono le alleanze; altrove che maggioranza e opposizione si lanciano segnali.

Vorrei rendere partecipe il lettore di uno di questi altrove. L’altra sera sono stato catapultato alla Fiera di Bergamo a un galà leghista (ossimoro) nel corso del quale, ho poi appreso da alcuni giornali e agenzie, Bossi Maroni Calderoli eccetera hanno mandato avvertimenti a destra e a manca. Il ministro degli Interni ad esempio avrebbe approfittato di una pausa tra i casoncelli e il brasato per tirare le orecchie a Obama, il quale “si deve dare una calmata”, e per far sapere a Berlusconi che, se gli girano, la Lega alle prossime amministrative va da sola; Bossi, nel tagliare la torta per i 25 anni della Lega nella Bergamasca, avrebbe trovato il modo di, nell’ordine: 1) ribadire la via democratica al federalismo; 2) comunicare l’apertura di un asse strategico con Napolitano; 3) indicare il nome del suo successore (anche se tra i giornalisti si è poi aperto un ulteriore dibattito: per alcuni ha indicato Maroni, per altri Calderoli, per altri ancora Giorgetti; per nessuno il Trota).

Tante fondamentali notizie sarebbero state lanciate in un capannone dove i giornalisti erano relegati in un recinto. Per quattro ore ci siamo goduti lo spettacolo di duemila persone che mangiavano aspettando qualche briciola: non di cibo (sembravamo il povero Lazzaro al cospetto del ricco Epulone) ma appunto di notizie.

Mi domando se sia credibile che per aprire un duro confronto con gli Stati Uniti, chiarire la via al federalismo e lasciare un testamento politico i vertici di un partito come la Lega abbiano scelto proprio le undici di un sabato sera, sotto un tendone di periferia, mentre la direttrice di Telepadania in modello Belen distribuiva medaglie ai patrioti della “Brigata Polenta” (giuro che esiste); mentre Daniele Belotti, il capo degli ultrà dell’Atalanta e assessore regionale (ogni partito, com’è noto, ha un capo ultrà assessore regionale) ricordava in maglione verde pisello i tempi eroici della Lega bergamasca; mentre un gigantesco buuuh commentava la notizia della presenza di alcuni leghisti bresciani (quando si dice l’unità della Padania).

Mi domando insomma se davvero Bossi Maroni eccetera avessero voglia di far dichiarazioni ad uso del famoso “dibattito politico”, oppure se siamo noi giornalisti ad alimentare questo dibattito solo per far vedere che siamo riusciti a portare a casa qualcosa. Chi segue la Lega solo dai resoconti dei giornali, e mai dal vivo, non può immaginare quale sia il rapporto fra cabaret e politica in un discorso di Bossi. L’altra sera ha raccontato di quando imbrattava i muri: siccome il primo nome del movimento era “Lega autonomista lombarda”, ci metteva troppo tempo a scriverlo e lo beccavano: “Una sera stava arrivando la pula e sono scappato in un bosco”. A salvarlo dalla polizia venne poi il futuro capo della polizia, cioè Maroni: quando Bossi salì sulla sua macchina, si sedette per sbaglio su un secchio di colla per manifesti. Poi ha spiegato perché i capi delle miniere del Nord preferiscono gli operai bergamaschi a quelli meridionali; e ha raccontato di una rissa sfiorata sul lago di Lecco per un parcheggio fregato a un handicappato.

Di simili argomenti da bar Bossi aveva voglia di parlare. Una serata di serenità e allegria: trasformata in una serata di messaggi politici da un media system di cui il lettore è vittima quotidiana. Succede tutti i giorni con tutti i partiti (anche se con la Lega in particolare): frasi smozzicate da politici che camminano attorniati dalla scorta, che salgono in macchina o che stanno entrando alla toilette vengono immediatamente rilanciate dalle agenzie e sui siti. E prima ancora che finiscano sulla carta hanno già il loro corredo di repliche, di smentite, di indignate richieste di dimissioni. Per una volta, peggio noi dei politici. Abbiamo messo in piedi un tale sistema che, con l’esegesi del rutto, potrebbero bastare dei casoncelli indigesti per far cadere un governo.