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 2011  marzo 07 Lunedì calendario

LA STORIA DELL’OPERAZIONE RACCONTATA DAL MEDICO UN CHIRURGO BRASILIANO PER RINGIOVANIRE GHEDDAFI «NON VOLLE L’ANESTESIA TOTALE PER PAURA DI ESSERE UCCISO»

IPOCONDRIACO e fiero del suo corpo. È l’altra faccia di Gheddafi. A rivelarla ci pensa in un’intervista alla nota giornalista Christiane Segatto su Epoca , uno dei più importanti magazine brasiliani, il chirurgo plastico carioca Liacyr Ribeiro. Settant’anni, allievo del grande Ivo Pitanguy, è lui il medico che negli Anni ’90 si è occupato dell’aspetto fisico del leader libico, anche se l’incontro tra i due avvenne in modo avventuroso.
Ribeiro fu chiamato in Libia nel 1994 con un sotterfugio, grazie un invito dell’allora ministro della Salute, Mohamed Zaid per partecipare al primo congresso Panarabico di chirurgia plastica. Finiti i lavori, a Ribeiro fu chiesto di visitare una persona. Credendo si trattasse della moglie del ministro il chirurgo non esitò ad andare. Ad attenderlo, però in una costruzione anonima, ma superprotetta c’era invece il leader libico. «Voglio un’operazione che mi ringiovanisca», disse dopo aver chiesto di restare da solo con il chirurgo- «sono al potere da molto e non voglio che i giovani mi vedano come un vecchio».
Una frase che apriva un mondo e che fece capire al povero Ribeiro finito in una storia più grande di lui il perché di tutto quello che aveva visto arrivando fin lì. Nel bunker di Gheddafi «c’erano una piscina olimpionica - ricorda - una palestra, uno studio dentistico con attrezzatura all’avanguardia e una dentista bulgara a sua completa disposizione e perfino due sale operatorie con terapia intensiva in caso di urgenze». Un mondo sotto il mondo, è il caso di dire, gestito da un Gheddafi «educato, ma freddo. Ogni sua parola sembrava frutto di un calcolo». Per non parlare delle pretese. Il colonnello voleva fare l’operazione plastica quel giorno stesso, all’istante. Grazie alla mediazione del suo medico personale pakistano e del ministro della salute, Ribeiro riuscì a convincerlo a organizzare il tutto successivamente, nel 1995. Obiettivo della chirurgia: lifting facciale, eliminazione delle borse sotto gli occhi, rinfoltimento dei capelli e ricostruzione di una brutta ferita alla testa, forse causata da una coltellata. Il Gheddafi che traspare dai racconti del chirurgo carioca era insomma l’uomo baldanzoso del deserto, dallo sguardo di ghiaccio, preoccupato per il suo aspetto da macho. Ma anche eccentrico e ossessivo. «Aveva paura di essere ammazzato - dice Ribeiro - per questo mi impedì di somministrargli un’anestesia generale». Il che dette adito a scenette spassose. Gheddafi interruppe l’operazione perché preso da un colpo di fame. «Ordinò un hamburger e dovemmo smantellare la sala operatoria per farlo mangiare».
«Ho comunque un bel ricordo di lui - continua - forse è peggiorato con il tempo. Quando l’ho operato mi sono fermato con lui una decina di giorni per seguire il post-operatorio. Fu lui alla fine a congedarsi da me dicendomi che quel luogo senza donne e senza alcol doveva essere stato un vero sacrificio per me. Ero libero». Anche se fino all’ultimo Ribeiro ha temuto per sua vita. «Sapevo chi era e non gli ho chiesto un soldo. E avevo il terrore che mi facesse ammazzare per evitare che io raccontassi questa storia». Invece no. Prima di imbarcarsi per il Brasile, Ribeiro ricevette una busta piena di dollari. E nel 2006 Gheddafi lo ricontattò per un’altra operazione di chirurgia plastica. Il medico stavolta disse no. Qualcun’altro fece il lavoro al suo posto e lo fece male perché lo riempì di botox in faccia. Ma botox o non botox anche il chirurgo ne è convinto «per come l’ho conosciuto io sarà difficile che accetti l’esilio. Il potere ha solo una porta. Chi entra non vuole uscire».