Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 6/3/2011, 6 marzo 2011
IL PAESE DELLE CRICCHE TEME LE INTERCETTAZIONI
Una lunga nota di Mauro Masi alle 11 di mattina cerca di rimediare all’articolo di ieri del Fatto Quotidiano che ha svelato le telefonate tra il direttore generale della Rai e il suo amico Luigi Bisignani, intercettato dalla Procura di Napoli nell’inchiesta P4 dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio, per concordare insieme la punizione di Michele Santoro dopo le sue dichiarazioni nella prima puntata di Annozero, il 23 settembre scorso.
Masi nella nota, non a caso, vuole precisare che i suoi contrasti con Michele Santoro sono stati “forti ma sempre trasparenti”. La parola chiave è proprio quel “trasparente” che mira a nascondere il lato peggiore della gestione Masi: l’oscenità del suo operato.
Purtroppo per Masi non c’è niente di trasparente in un manager pubblico che accetta di farsi scrivere la lettera per punire un dipendente da un terzo (che non riveste alcun ruolo pubblico) e che si serve a sua volta dei suoi consulenti legali per la bisogna. Non c’è trasparenza in questa storia e, più in generale, non c’è nella gestione del potere in Italia.
Esiste un filo comune che unisce P3, P4 e Cricca. Le tre inchieste ci hanno svelato squarci di un unico scenario che prima o poi qualcuno dovrà ricomporre. Gli atti delle Procure di Roma, Perugia, Firenze e ora Napoli disegnano una mappa del potere che fugge la ribalta e il controllo del pubblico.
I personaggi arrestati o indagati non appaiono mai in televisione e non firmano decreti o nomine. L’unica foto di Bisignani che tutti i giornali continuano a pubblicare ritrae un quarantenne con gli occhialoni passati di moda e non il 57enne potente che emerge dall’inchiesta napoletana.
A MUOVERE I FILI dei burattini che recitano sul teatrino della politica ad uso delle televisioni e dei giornali sono signori come Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, gli arrestati della cosiddetta P3, o come Luigi Bisignani nell’inchiesta P4, e prima ancora Angelo Balducci e Diego Anemone, arrestati nell’indagine sulla cosiddetta “Cricca”. Al di là del merito e dell’esito delle diverse accuse elevate dai pm nei loro confronti, appartengono tutti allo stesso mondo, quello del potere osceno, che si muove lontano dai riflettori, ob scaenam appunto.
Ieri Il Fatto Quotidiano ha svelato il ruolo avuto da Luigi Bisignani, indagato a Napoli dai pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio nell’inchiesta P4, nel tentativo di punire disciplinarmente Michele Santoro e nella nomina del capo dei servizi segreti militari Adriano Santini. Bisignani si muove nell’informazione pubblica e nei servizi di sicurezza come se fosse investito da una delega del sottosegretario Gianni Letta.
Le decisioni passano così attraverso canali occulti e i processi che le determinano sono sottratti a ogni controllo da parte dei cittadini. Già nell’inchiesta del procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, che portò all’arresto di Flavio Carboni e dei suoi sodali nell’estate scorsa, emergeva un network in grado di condizionare nomine, appalti, sentenze e persino decisioni della Consulta. La P3 interveniva sui giudici di Cassazione per far prosciogliere Nicola Cosentino e sui giudici della Corte costituzionale per salvare Berlusconi. Premeva per far nominare Alfonso Marra a presidente della Corte di appello di Milano. E passava subito all’incasso per chiedere al presidente sponsorizzato di intervenire sull’esclusione della lista Formigoni nelle elezioni regionali della Lombardia. Contemporaneamente in Campania il medesimo network brigava per far candidare a presidente della Campania un ragazzo di belle speranze, Ernesto Sica, che si faceva largo raccogliendo dossier diffamatori sulle abitudini sessuali del futuro governatore Stefano Caldoro, e ricattando il premier di rivelare quello che sapeva sulla compravendita dei senatori per far cadere il governo Prodi nel 2007. Le nomine descritte nelle inchieste di Roma e Firenze seguono schemi simili. Talvolta fanno perno sugli stessi politici. Nel-l’indagine P3, per esempio, la nomina del direttore dell’Agenzia regionale per l’ambiente, Ignazio Farris, è determinata dalla filiera che parte dal faccendiere Flavio Carboni e passa per il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, per influenzare il governatore Ugo Cappellacci.
NEL CASO CRICCA basta cambiare i nomi per ritrovare lo stesso schema: a monte della nomina del provveditore alle Opere pubbliche della Toscana Fabio de Santis c’è la filiera che parte dall’imprenditore della Btp Riccardo Fusi, passa ancora una volta per il tramite di Denis Verdini e stavolta termina con il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, che firma la nomina. In entrambi i casi la catena decisionale parte con un imprenditore che vanta interessi per decine e decine di milioni (Fusi voleva sbloccare il cantiere della scuola dei marescialli di Firenze, Carboni voleva ottenere l’autorizzazione per impiantare centinaia di pale eoliche in Sardegna) e che è ben contento di trovare come controllore un dirigente pubblico che dovrebbe fare gli interessi dei cittadini e che invece risponderà agli interessi di chi lo ha posto in quella posizione.
Carboni oggi avrebbe i suoi parchi eolici e la Cricca i suoi appalti, se non fossero intervenute le indagini. Il potere osceno ha un solo nemico: le intercettazioni telefoniche. La scelta di cancellarle per legge non è un capricciodiBerlusconi.Laleggein preparazione non è l’ennesima legge ad personam ma ad sistemam.