Francesca Marino, Il Messaggero 6/3/2011, 6 marzo 2011
UN MILIONE GLI SFRATTATI DELLO SLUM DEL MILLIONAIRE
«Con la mia casa sono è andato in fumo tutto ciò che avevo, tutti i miei ricordi. I miei abiti, le mie fotografie della cerimonia dell’Oscar…». A parlare così non è un diva e non siamo a Hollywood. E Bollywood, in senso di stabilimenti cinematografici, non è così distante in linea d’aria ma potrebbe essere su di un altro pianeta. La casa che è andata in fumo si trovava nello slum di Behramapada, e molti di noi avrebbero qualche difficoltà a definirla “casa”. E chi parla dei suoi «ricordi della cerimonia dell’Oscar» è la piccola Rubina Ali, dodici anni appena, che ha avuto il suo momento di gloria quando ha recitato la parte della piccola mendicante nel pluripremiato Slumdog Billionaire. Prima di essere rimandata a Behrampada, con tante promesse e moltissimi ricordi. Nell’incendio dello slum, provocato probabilmente dall’esplosione di cinque bombole di gas per uso domestico, sono andate in fumo più di duemila abitazioni. Ventuno i feriti, miracolosamente, almeno per il momento, nessuna vittima. Senza la piccola Rubina, la notizia sarebbe stata probabilmente relegata, come sempre accade in questi casi, ai trafiletti delle notizie locali.
L’incendio riporta alla ribalta almeno un paio di questioni: la prima, è legata al destino, comune a tutti gli attori presi dalla strada in India, ubriacati di attenzioni e di successo per il tempo del lancio del film e poi dimenticati. Le immagini di Rubina e di Azharuddin, l’altro piccolo protagonista, condotti in limousine alla cerimonia degli Oscar a Los Angeles avevano fatto il giro del mondo. Danny Boyle, il regista del film, aveva assicurato che avrebbe provveduto al loro futuro ma, dopo tre anni, Rubina è ancora là. La seconda questione riguarda gli ormai famigerati slums. Secondo una stima approssimativa circa sette milioni di persone vive in uno dei due-tremila slums che crescono, secondo la definizione di Vikas Swarup, autore del romanzo da cui Slumdog Billionaire è stato tratto, «come un cancro» all’interno di Bombay. Sempre secondo le stime, due milioni e mezzo di persone occupano abitazioni ‘regolari’ ma fatiscenti, il cinque per cento della popolazione cittadina vive stabilmente ai margini delle strade, il tre per cento si limita a vagare da un capo all’altro della città. I prezzi degli alloggi, i più alti dell’Asia, hanno reso impossibile anche a persone con un impiego fisso e un reddito decente acquistare o affittare una casa in uno dei quartieri regolari. Intorno a Dharavi in particolare, il “più grande slum dell’Asia”, ruota un giro d’affari miliardario. Per la quantità di beni da esportazione che si produce a basso costo nel quartiere, come oggetti di pelle, di terracotta, stoffe e ricami, e per il commercio illegale di case abusive in mano alla mafia e ai politici locali corrotti. Tanto che, secondo i piani urbanistici, dovrebbe essere riqualificato e diventare un quartiere produttivo “regolare” con nuove costruzioni a più piani e strutture sanitarie adeguate. Tradotto: Dharavi sorge ai margini del quartiere di Bandra, il cuore degli affari di Bombay. Abbattere lo slum significa recuperare qualche centinaio di chilometri quadrati di terra edificabile, da sviluppare in verticale e non in orizzontale come adesso, in cui il prezzo di uffici e abitazioni è simile ai prezzi di Manhattan. E pazienza se, per questo, bisognerà sfrattare circa un milione di persone. A cui in teoria dovrebbero essere offerti alloggi alternativi. Ma che, come è già accaduto nella stessa Bombay per gli slums vicino all’aeroporto, verrà semplicemente respinta ai margini.
Per il piano di bonifica allora erano stati stanziati circa sei miliardi di dollari e agli abitanti dovevano essere assegnati nuovi alloggi. Secondo gli sfrattati, però, nessuno ha offerto loro una nuova casa e le baracche, semplicemente, sono sorte più in là. Fino alla prossima demolizione.