C HIARA B ERIA DI A RGENTINE, La Stampa 5/3/2011, 5 marzo 2011
Gli scatti raccontano i “luoghi del martirio” - Come nel tragico caso di Yara il luogo del martirio è quasi sempre banale
Gli scatti raccontano i “luoghi del martirio” - Come nel tragico caso di Yara il luogo del martirio è quasi sempre banale. Un parcheggio, l’ascensore di casa, un marciapiede. Spazi qualsiasi della nostra vita quotidiana; posti senza importanza se non per quello che vi è successo», così Donata Pizzi, bella e sensibile fotografa, commenta il ritrovamento del cadavere della ragazzina in un fangoso campo di sterpaglie. Proprio ieri sera alla Triennale di Milano si è inaugurata «Intolerance, zero», il suo laico pellegrinaggio in 38 tappe e 4 continenti per fissare con l’obiettivo il ricordo delle vittime -in maggioranza donne- di violenza e sopraffazione. Storie diverse come quella di Yara o di Neda massacrata a Teheran sono per la fotografa l’ennesima, triste conferma del suo struggente lavoro: «Le donne oggi sono più a rischio violenza anche perché si espongono di più». Il 7 ottobre 2007 Donata Pizzi - laurea a Milano in scienze politiche; studi d’arte e fotografia in Inghilterra - era a Mosca per presentare al Museo d’Architettura, «Città metafisiche», un suo lavoro sull’architettura coloniale italiana degli Anni Trenta. «Quel giorno cadeva il primo anniversario della morte di Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa nell’ascensore di casa mentre stava rientrando con le borse della spesa. Aveva 48 anni, la mia stessa età. Da tempo ragionavo sull’intolleranza ma pensavo ai miei miti giovanili - Gandhi, i Kennedy, Chico Mendes - e mi perdevo. L’uccisione di Anna mi fece intuire che le vittime del XXI secolo - iniziato con l’attacco al World Trade Center, un formidabile atto d’intolleranza - sono persone comuni. Fanatismo, ignoranza, zero valore della vita umana: non si può restare indifferenti. Con il mio linguaggio, la fotografia, dovevo trovare un modo per far riflettere sul virus più diffuso e micidiale dei nostri giorni». Convinta che il lavoro del fotoreporter debba cambiare sia perché la gente è ormai assuefatta dal bombardamento di troppe immagini cruente sia perché, nell’era digitale, ogni mediazione è saltata («Le foto più significative della guerra in Iraq sono quelle sconvolgenti delle torture ad Abu Ghraib non quelle fatte da grandi reporter») Donata Pizzi ha scelto di evocare le vittime scattando nei luoghi dove sono state massacrate. Il risultato sono immagini all’apparenza asettiche ma che contengono una violenza pazzesca. Nel suo lungo e commovente viaggio Donata Pizzi (si è autofinanziata il progetto, ora sostenuto dal ministero delle Pari Opportunità, dalla fondazione Kennedy e da «Doppia Difesa», l’associazione di Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker) è andata a fotografare la casa e il boschetto dove Hina Saleem e Sanaa Dafani, le due ragazze arrivate nel Nord Italia dal Pakistan e dal Marocco, sono state sgozzate dai loro padri solo perché volevano essere libere di vivere. Nella verde campagna di Barnwell, un sobborgo di Manchester, Pizzi ha ritrovato il luogo dove Fiona Pilkington, 38 anni, esasperata dalle offese dei vicini si è data fuoco con sua figlia Francesca, disabile. E ancora. I binari deserti della stazione Atocha evocano la morte di Eva Belen Abad Quijada - 30 anni, sognava di fare l’estetista - la prima, in ordine alfabetico, dei 191 morti negli attentati a Madrid, dell’11 marzo 2004. Intolleranza senza alibi e senza confini. Nella disperata township di Kwa Thema, in Sud Africa, Pizzi ha fissato con il suo obiettivo il campo sportivo dove Eudy Simelane colpevole di essere una lesbica è stata violentata e uccisa dal branco; e, oltre gli oceani, è arrivata fino ad Anadarko, in Oklahoma, scenario del martirio di Carol Daniels, una predicatrice nera ritrovata, il 23 agosto 2009, nuda, decapitata, le braccia e gambe divaricate come se fosse stata crocefissa». Nessun luogo, nessuna lapide ci può essere per Hurya Awwan, la ragazza marocchina stuprata su una spiaggia libica dai trafficanti di migranti e affogata con altri 50 giovani, al largo di Lampedusa, il 19 agosto 2006. Per non dimenticarla Donata Pizzi ha fotografato le onde del Mediterraneo.