Varie, 7 marzo 2011
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 7 MARZO 2011
La Procura di Roma sta indagando sulle case affittate e vendute dal Comune dopo il 2007 (gli eventuali reati precedenti, abuso d’ufficio a carico di ignoti, sono prescritti). Il Campidoglio ha istituito una commissione d’inchiesta per fare luce su vendite e locazioni tra il 2001 e il 2008, sotto l’amministrazione di Walter Veltroni. Ernesto Menicucci: «Il Comune ha ceduto 1.300 immobili per 150 milioni di euro alla “Campidoglio Finance”, che poi aveva il compito di venderli. In alcuni casi, si parla di veri affari». [1] Valter Verini, ex capo della segreteria di Veltroni: «È un polverone, una campagna simile alla macchina del fango berlusconiana». [2]
La delibera consiliare 139/2001 definì l’elenco dei 1.140 immobili da dismettere, poi proseguito con la delibera 221/2004 che fissò le modalità della cessione. In tutto 775 quelli passati di mano a partire dal 2006 (613 residenze, 22 non residenziali e 140 pertinenze) utilizzando due criteri: vendita diretta ai conduttori o utilizzatori lì residenti da almeno 5 anni e in regola coi pagamenti; asta pubblica in mancanza di tali requisiti. Il prezzo fu fissato tra il 2003 e il 2004 da “Risorse per Roma” in base al valore di mercato con l’applicazione del 30% di sconto in caso di acquisto da parte degli inquilini, più un’ulteriore sforbiciata dal 5 al 15% nell’ipotesi di vendita in blocco. Esercitate 653 prelazioni, 28 delle 122 aste andarono deserte rendendo necessario il ricorso a una successiva offerta. Dagli elenchi risulta che intere famiglie sono riuscite ad accaparrarsi con lo sconto fino a quattro abitazioni nelle strade più pregiate di Roma. [3]
Bassi prezzi di partenza, sconti concessi ai residenti, la sproporzione tra i valori di mercato e le valutazioni “da saldo” fissate con le delibere che davano il via alla dismissione pare evidente. Si prendano ad esempio due cessioni in piazza Navona, stesso stabile al civico 68. Massimo Malpica e Tiziana Paolocci: «Nel 2006 Glauco Taliento, già locatario, esercita il suo diritto di prelazione. E si compra i suoi 127 metri quadrati al quarto piano della celebre piazza per 352.450 euro. Per capirci, le stime prudenti dell’agenzia del territorio suggerirebbero un prezzo, per un simile immobile, di almeno 1,5 milioni di euro. E in effetti, al primo piano, l’anno dopo, Giancarlo Jacorossi compra un immobile ben più piccolo ma all’asta, senza prelazione, e infatti versa nel le casse comunali 511mila euro per “soli” 47 metri quadri». [4]
Altra stranezza su cui la Commissione d’indagine dovrà fare luce: tutte le perizie sono state validate dalla Commissione capitolina Patrimonio presieduta dall’attuale capogruppo pd Umberto Marroni. «Come fa un organo politico ad arrogarsi un diritto che spetta solo ai tecnici?» attacca il centrodestra. L’operazione di “cartolarizzazione” avvenne tramite la Campidoglio Finance Srl costituita nel 2004 per poi acquisire, l’anno successivo, la proprietà di 629 beni, la cui vendita ha fruttato 121 milioni. Sommati ai 50 incassati dai 146 immobili non cartolarizzati, fanno per il Comune un guadagno di 171milioni («Davvero una miseria», accusano gli Alemanno boys). [3]
Il sospetto è che dietro la cinquantina di società acquirenti possa celarsi qualche nome “eccellente”. Giovanna Vitale: «Almeno la metà sarebbero infatti nate tra il 2002 e il 2005, cioè alla vigilia della grande dismissione.
È il caso, ad esempio, della Tf Immobiliare, che ha acquistato ben quattro appartamenti di circa 85 mq nei dintorni della stazione Termini; della Gessim srl, due immobili in via Giolitti; della Mecenate, altri due a un tiro di schioppo dal Colosseo (210 mq in via Bonghi per 256mila euro e 150 mq in via Mecenate a 502mila). Per non parlare degli intrecci: la Tech Real Estate, posseduta al 100% dalla Techproject srl, nel 2007 si è aggiudicata all’asta 110 mq al 5° piano di via Giolitti per 284 mila euro, ma il vero affare l’ha fatto il titolare delle due società, Giancarlo Tanzi, che come persona fisica nello stesso anno ha comprato per 572 mila euro una bella casa al secondo piano in via Santa Maria del Pianto, cuore del centro storico». [3]
Oltre alle vendite, c’è la questione locazioni. Malpica e Paolocci: «Di certo, qualcosa non torna se, come contraltare ai 1.346 immobili disponibili (non case popolari) che il Campidoglio ha dato in locazione, l’amministrazione incassa 4.344.000 euro. In media, poco più di tremila euro l’anno per immobile (un dato che comprende però anche le pertinenze), nonostante le zone di assoluto pregio in cui in gran parte si trovano. Colpisce, nell’elenco, il gran numero di locali assegnati in locazione al gestore telefonico Vodafone, sempre con canoni non certo proibitivi (meno di 6mila euro annui, per esempio, per un locale in via Cassia Vecchia, 734). Mentre continuano a spuntare sezioni di partito laddove, invece, agli elenchi del comune risultano associazioni no-profit». [4]
Canoni irrisori per gioielli immobiliari: a metà febbraio è partita da qui anche l’affittopoli milanese, caso più eclatante quello del Pio Albergo Trivulzio, dove l’abbuffata di politici e potenti è stata particolarmente evidente (dalla settimana scorsa è gestito dal commissario Emilio Triaca). Su pressione di alcuni quotidiani, in testa Libero, si è scatenata una campagna per metter in piazza ciò che tutti sanno: le case del comune di Milano e degli enti benefici che dipendono da Palazzo Marino vengono affittate a certi ricchi per quattro soldi. Giorgio Salvetti: «Dopo infiniti tentativi di insabbiare tutto, i dirigenti del Pio Albergo Trivulzio (un nome una garanzia dai tempi di Mario Chiesa) hanno dovuto vuotare il sacco». [5]
Il Pat è «un ente pubblico senza scopo di lucro - come si può leggere sul suo sito - le cui finalità si realizzano nei settori dell’assistenza sociale, socio sanitaria e dell’educazione». Con un comunicato stampa ha fatto sapere che gestisce complessivamente «1.064 appartamenti prevalentemente a Milano che generano un volume complessivo di affitti di circa 7,3 milioni di euro/annui. Da tale lista sono state escluse le unità rurali, le nude proprietà, le comunità d’accoglienza, gli immobili usati a fini istituzionali, le unità sfitte, le portinerie e le unità per le quali sono in corso azioni legali di sfratto». [6]
La lista degli inquilini comprende l’ex étoile della Scala Carla Fracci, la modella Gaia Bermani Amaral, Daniele Montezemolo (fratello di Luca), la moglie dell’ex ministro Brancher, l ’ex “spione” di Telecom Fabio Ghioni, il direttore generale dell’ospedale San Carlo Antonio Mobilia, Giulia Ligresti, i deputati azzurri Giancarlo Abellie e Piero Testoni (nipote di Francesco Cossiga), il nipote dell’ex sindaco socialista Paolo Pillitteri, l’ex consigliera regionale Sveva Dalmassi, l’ex assessore alla sicurezza della giunta Albertini Guido Manca, l’ex tesoriere di Forza Italia Domenico Lo Jucco, il compagno della figlia di Dell’Utri e la compagna del candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia (Cinzia Sasso, giornalista di Repubblica). [7]
Il fitto medio annuale ricavato da ciascuna casa è pari a meno di 600 euro al mese. Galapagos: «Pochino visto che la maggior parte delle abitazioni è in immobili di pregio. Certo, alcune case sono state affittate a chi ha il problema di come arrivare alla fine del mese. Però quei 600 euro scarsi mensili sono uno schiaffo agli universitari che ci pagano una sola stanza o a chi è costretto a fuggire nei palazzoni dell’interland dove paga di affitto sui 1.200 euro». [6] Nella lista del Trivulzio ci sono appartamenti di lusso in pieno centro a prezzi stracciati, ma anche case in periferia e appartamenti che richiedono ingenti spese di ristrutturazione. [5] Carla Fracci, che da 16 anni abita in un appartamento di 187 metri quadrati in via della Spiga: «L’affitto è la nostra rovina, un grande peso per tutta la famiglia. Paghiamo 4.300 euro al mese, non c’è davvero alcun privilegio. Abbiamo partecipato a un bando pubblico e così ci hanno assegnato la casa». [8]
Secondo Fabio Nitti, direttore generale del Trivulzio, l’Affittopoli milanese «è una montatura»: «Le case se le aggiudica chi ha i requisiti e sa dell’esistenza dei bandi. Ovviamente c’è chi si informa più di altri. Noi pubblichiamo le offerte degli affitti sul nostro sito web e sull’albo pretorio. Non abbiamo soldi per fare annunci sui giornali». Se mancano soldi, perché non adeguano i prezzi di affitti e vendite a quelli di mercato? «Chiedere affitti alti è impossibile. La maggior parte delle case è malmessa e senza fondi non possiamo fare le ristrutturazioni. Il 45 per cento di chi vince i bandi dopo avere visto la casa che si è aggiudicato rinuncia ad abitarci». [9] Gaia Bermani Amaral: «Per 72 metri quadri in via Bramante, praticamente a Chinatown, pago quasi 700 euro al mese, spese incluse. Può essere che sia un prezzo agevolato, ma di quanto: 100, 200 euro rispetto ai prezzi di mercato? Quando ci sono entrata l’appartamento era fatiscente, ho speso moltissimo per rimetterlo a posto». [10]
Ipotesi di reato truffa aggravata ai danni di enti pubblici e abuso d’ufficio, le indagini affidate al pm Maurizio Romanelli vogliono fare luce sull’intera rete degli affitti a prezzi di favore milanesi e si estendono a Policlinico, Golgi Redaelli (ente d’assistenza agli anziani) e Aler, l’azienda che gestisce l’edilizia popolare, 70mila inquilini fra case di sua proprietà e appartamenti comunali. [11] Salvetti: «Sulla questione della casa si gioca la principale partita tra i poteri politici ed economici che si spartiscono Milano. Non è un caso che la campagna sulla nuova affittopoli sia stata cavalcata da un giornale come Libero a tre mesi dalle elezioni comunali e benché nel mirino ci siano prima di tutto uomini del centro destra. A partire dal presidente Emilio Trabucchi del Pdl». [5]
Affittopoli non riguarda solo Roma e Milano: a Firenze le case e i fondi dell’Ipab, Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza, potrebbero fruttare alla casse pubbliche una cifra annuale stimata tra i 5 e i 6 milioni di euro, ma l’incasso non raggiunge il milione e mezzo; a Bologna il patrimonio è gestito da Irides, Giovanni XXIII e Poveri bisognosi, sigla quest’ultima che si è attirata addosso qualche ironia (tra gli inquilini ci sarebbero politici, medici, avvocati, dirigenti del Comune); a Palermo basta una richiesta su foglio semplice e l’Istituto autonomo case popolari provvede all’affitto di un magazzino («Peccato che nessun comune mortale fosse al corrente di questa efficienza scandinava»); a Genova Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedale Bambin Gesù, paga cento euro al mese per un appartamento di un ente privato, la Misericordia, situato però in un palazzo ristrutturato con un contributo di 750mila euro del ministero dei Beni culturali. [12]
Note: [1] Ernesto Menicucci, Corriere della Sera 5/3; [2] la Repubblica 5/3; [3] Giovanna Vitale, la Repubblica 5/3; [4] Massimo Malpica e Tiziana Paolocci, Il Giornale 5/3; [5] Giorgio Salvetti, il manifesto 19/2; [6] Galapagos, il manifesto 19/2; [7] il Fatto Quotidiano 4/3; Giorgio Salvetti, il manifesto 19/2; [8] Benedetta Argentieri, Corriere della Sera 19/2; [9] f. v., la Repubblica 23/2; [10] or. li., la Repubblica 20/2; [11] Franco Vanni, la Repubblica 1/3; [12] Marco Imarisio, Corriere della Sera 5/3.