Alessandro Luongo, Corriere della Sera 05/03/2011, 5 marzo 2011
«VINO, PORCELLANE, ELEFANTINI NELLA MIA DIMORA-CANTINA»
Contessa Entellina è un piccolo borgo nel territorio del Belice, nel cuore della Sicilia sud-occidentale, dove fu ambientato «Il Gattopardo» di Tomasi di Lampedusa. Sulla strada statale che da Palermo collega Sciacca, fra ulivi, palme e cipressi, «in mezzo a questa vegetazione selvaggia, spicca il carattere un po’ ribelle di un edificio che non si riesce a capire se sia una dimora o una cantina ma che è, in realtà, fusione di entrambi» spiega José Rallo, 45 anni, voce e volto di Donnafugata, famosa azienda vitivinicola siciliana, celebre per il suo vino passito, considerato il migliore d’Italia. Tutto è nato, però, per merito della mamma Gabriella. Questa casa di campagna che si appoggia alla cantina e che con essa comunica tramite una porticina, fu rasa al suolo dal terremoto del 1968 e fu ereditata proprio da lei, «che coltivò il sogno di ricostruirla e recuperare la viticoltura in un contesto non proprio agevole per la conduzione di un’azienda aperta al mercato» . Gabriella Rallo crea pertanto un angolo di ristoro oltre alla cantina. Nasce l’azienda Donnafugata nel 1983 e il sogno è così realizzato. Il giardino di Contessa Entellina, nello stile della tipica tradizionale casa mediterranea, è fonte di calore e di pace, e qui non manca niente. Compresa una pianta di carrubo secolare che regala un’ampia e piacevole ombra d’estate e buganvillea che si arrampicano sulle palme cariche di datteri. Il giardino, che dal 2008 ha anche un prato verde e panchine sotto gli ulivi, voluto da Josè per accogliere amici e wine lovers, è diventato un vero e proprio salotto letterario internazionale. Ha difatti riunito scrittori insigniti del premio letterario «Tomasi di Lampedusa» , come Claudio Magris, Tahar Ben Jelloun, l’indiana Anita Desai. «Io, mio padre Giacomo e mia madre solevamo fare colazione con loro, in pieno relax, offrendo le nostre marmellate d’arancia e cedro e i biscottini di mandorle e conoscevamo così la Sicilia raccontata da questi grandi romanzieri, profondi conoscitori del Gattopardo» . Il fulcro della casa è difatti la veranda che apre sulla vista degli ulivi e della vegetazione. «Nei punti in cui non si gode questo panorama, siamo intervenuti abbellendo le pareti interne con colori che riportano la luce all’interno: pesca, azzurro cielo, verde acqua, tutti realizzati in calce e acqua» . C’è tanta mano di Gabriella Rallo nella disposizione degli spazi e arredi. Le porte sono state da lei dipinte e molti oggetti arrivano dai suoi viaggi esotici. Come, ad esempio, la tovaglia dell’Uzbekistan nella sala da pranzo enoteca e il tappeto dei Tuareg; ma non mancano foto antiche di famiglia ritratta nei momenti importanti ((il matrimonio, la vita di coppia) e oggetti di fine ’ 800-inizi ’ 900, come l’armadietto di Concetta Anca, nonna materna di Josè, che riporta incise sulla vetrinetta le iniziali A e C e tre grappoli d’uva con le foglie di vite. Dentro, una collezione di bicchieri in vetro di Murano e poi boemi, francesi e russi dal ’ 700 al ’ 900. Nell’angolino del soggiorno risalta una collezione di famose porcellane antiche, che riproducono uccelli di diverso tipo. Alla scalinata che porta al piano superiore, Josè esterna tutto il suo entusiasmo: «Questo è il mio regno, dove si congiungono corpo e anima, terra e cielo» . Azzurro ovunque, come i due elefantini in ceramica che fungono da poggiavasi: «Vorrei essere imbattibile e paziente come loro ma sono vulnerabile e poco paziente» . Salendo lungo il corridoio arriviamo alla «Camera della Cardinale» , dove fu ospitata la celebre attrice nel 2004. Tante le cose da vedere: il quadro di una Madonna contadina dall’espressione dolce e una «chiffonière» , mobile tipico siciliano con specchi e un cassetto segreto. Gabriella disegnò per questa stanza anche due cabine armadio, in muratura, dove spogliarsi e posare i bagagli. La stanza da letto di Josè, che dà sulla terrazza, è di nuovo intrisa di azzurro. Cosa manca in questa dimora? «Ero donna di mare e sono diventata di terra— intuisce in quel momento José —, prima degli studi universitari navigavo in barca a vela e ho imparato da quell’esperienza che puoi sempre entrare nella tempesta e uscirne con intelligenza e prudenza. Ecco, sì, mi manca proprio il mare» .
Alessandro Luongo