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 2011  marzo 05 Sabato calendario

UN INTERO VILLAGGIO A 129 EURO. NORD E SUD, LE AFFITTOPOLI D’ITALIA —

Ventisei minuti. Non uno di più. Tanto bastò il 23 marzo 2000 ai giudici di Roma per assolvere i dirigenti dell’Inps accusati di una certa disinvoltura nell’assegnare le case dell’ente. Il fatto non costituiva reato, anche perché l’unico possibile, l’abuso d’ufficio, era stato svuotato nel 1997 da una modifica del codice penale che prevedeva «la violazione di norma di legge o regolamento» per configurarlo. Il primo scandalo immobiliare della seconda Repubblica, scoppiato nel 1995 dopo le rivelazioni del Il Giornale, finiva la sua corsa su un binario morto. Al netto del cambio di casa di Massimo D’Alema, l’unica eredità lasciata da quella vicenda ormai lontana consiste in un orrido neologismo, Affittopoli, che in questi giorni sta conoscendo una nuova vita. Capitali corrotte, nazione infetta. Se i preclari esempi di Milano e Roma guidano la lista, nelle città dotate di un portafoglio immobiliare importante in questi giorni si nota una certa tendenza a porre mano agli elenchi dei destinatari di appartamenti pubblici. Con esiti, a volte meno clamorosi di quelli già assurti agli onori delle cronache, ma altrettanto sconfortanti. Sulle sponde dell’Arno A Firenze la case e i fondi dell’Ipab, Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza, potrebbero fruttare alla casse pubbliche una cifra annuale stimata tra i 5 e i 6 milioni di euro. Il monte affitti fatica invece a raggiungere il milione e mezzo. Non ci sono nomi noti nell’elenco, almeno per ora non ne sono stati trovati. Ma ottimi affari, quelli sì. Una bella casa di 176 metri quadrati in via Guelfa costa ai suoi inquilini solo 467 Euro al mese. E un noto locale in via dei Calzaiuoli ne paga 1.800, a fronte di un fatturato annuale che sfiora i tre milioni di euro. Nello statuto Ipab è scritto che il patrimonio immobiliare deve essere utilizzato come strumento per la produzione di servizi agli anziani, ai disabili, alla marginalità e all’inclusione sociale. Ma i fondi e gli appartamenti sono destinati nella maggioranza dei casi a ristoranti, bar, hotel e altre attività commerciali non propriamente bisognose di aiuto che pagano cifre lontane chilometri dalle tabelle stilate dalle agenzie di settore. Quando va bene siamo a un terzo del valore di mercato. I contratti sono stati quasi tutti rinnovati nel biennio 2008-2009. Se ne riparla tra sette anni. Le tre aziende di Bologna Dall’altra parte degli Appennini la faccenda sembra più delicata, almeno a giudicare l’estrema riservatezza che avvolge gli elenchi degli immobili, dei canoni e soprattutto degli inquilini delle tre Aziende di servizi alla persona bolognesi. Si chiamano Irides, Giovanni XXIII e Poveri bisognosi, quest’ultima sigla si è già attirata addosso qualche ironia per via della ragione sociale. Si parla di politici, medici, avvocati e dirigenti del Comune. La verifica è affidata anche al commissario straordinario Cancellieri, che si è offerta volontaria. Controlla lei, ma niente nomi al pubblico. Nei giorni scorsi due di questi enti hanno scritto agli inquilini rivelando di aver consegnato i dati alla Provincia e al Comune, e di non essere quindi più in grado di tutelare la loro privacy. Lavori in corso. Gli ispettori di Palermo Per aprire un bar o un ristorante Palermo è ancora meglio di Stoccolma. Addio burocrazia e carte bollate, basta una richiesta su foglio semplice e l’Istituto autonomo case popolari provvede all’affitto di un magazzino. Una domanda, e via con un contratto di 6 più 6, che sarebbero gli anni. In assenza di un regolamenti interno che disciplini l’assegnazione degli spazi, i canoni e il controllo delle morosità, fino a dicembre del 2010 funzionava così. Una meraviglia. Peccato che nessun comune mortale fosse al corrente di questa efficienza scandinava. Ad approfittarne sono stati bar e ristoranti delle zone residenziali, un consigliere comunale che ha trasformato un magazzino nella propria segreteria politica alla modica cifra di 200 euro al mese, un ex assessore provinciale che con 150 euro al mese. cadauno si porta via due magazzini nel centro della città. Il bar delle Magnolie, uno dei più famosi della città, paga 832 euro per 220 metri quadri. Fattura 400.000 euro all’anno. Poi è arrivato quel seccatore del commissario straordinario, che ha fatto qualche verifica sul patrimonio dell’ente, anche perché non riusciva a capacitarsi di una perdita secca da quattro milioni di euro all’anno. I controlli hanno rivelato che l’ 80%dei magazzini Iacp è stato trasformato in abitazioni o uffici. L’unica cosa rimasta come prima è la tendenza a non pagare il canone. Gli ispettori che hanno visitato la sede del sindacato di Polizia Sodipo, appena 30 euro al mese, al posto degli agenti hanno trovato una famiglia che si apprestava a mettersi a tavola. Per eventuali lamentele, rivolgersi al Sindacato Inquilini. Versa all’ente un affitto di 13 euro al mese. La Misericordia genovese C’è agitazione anche a Genova, dove i quotidiani locali hanno rivelato il caso di un appartamento affittato dal Magistrato della Misericordia a un prezzo decisamente simbolico, cento euro al mese. Il beneficiario è il professor Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedale Bambin Gesù, personaggio molto ascoltato in Vaticano sulle questioni di sanità. La Misericordia è un ente privato, ma il palazzo in questione è stato ristrutturato con un contributo di 750mila euro stanziato dal ministero dei Beni culturali. Dal 2007 al 2010 l’Istituto Brignole, una delle più grandi Asp genovesi, ha dismesso parte del proprio patrimonio immobiliare per mettere il tappo a una falla nel bilancio da 50 milioni di euro. Gli alloggi, quasi tutti nel quartiere residenziale di Castelletto, sono stati acquistati dagli inquilini. In molti casi politici, giornalisti e docenti universitari. Per legge avevano un diritto di prelazione che assicurava una riduzione del 30 per cento sul valore di mercato. In alcuni casi l’ente venditore si sarebbe fatto prendere la mano, arrivando a percentuali di sconto che oscillano tra il 40 e il 60 per cento. La Corte dei conti ha già fatto sapere di essere interessata all’argomento. In Italia gli scandali sulla gestione dei beni pubblici sono come la minigonna. Restano uguali a se stessi ma passano di moda, per essere poi oggetto di improvvisi revival. Una volta eclissata la questione delle case si potrebbe passare alle strutture turistiche e agli immobili industriali. La comunità montana della Val di Sangro, negli Abruzzo, ha appena scoperto di ricevere un canone mensile di 129 euro dalla società che gestisce un suo villaggio da trentamila metri quadri, 15 bungalow, piscina, campi da tennis, parcheggi e piazzole di sosta incluse. Un affarone, come sempre.
Marco Imarisio