MASSIMIANO BUCCHI , la Repubblica 5/3/2011, 5 marzo 2011
QUEL THINK TANK AMERICANO CHE SAPEVA PENSARE AL FUTURO
Nella sua celebre Trilogia della Fondazione, Isaac Asimov immagina che una nuova scienza, la psicostoriografia (descritta come "la quintessenza della sociologia"), permetta allo studioso Hari Seldon di prevedere il lungo declino dell´Impero Galattico e di porre le basi per la sua ricostruzione.
Daniel Bell (1919-2011), sociologo di Harvard recentemente scomparso, fu una sorta di Hari Seldon del XX secolo. Nel suo libro del 1974 The Coming of Post-Industrial Society descrisse quello che poi sarebbe divenuto il nostro presente, l´economia della conoscenza e la società globale dell´informazione.
Ma Bell fu anche il protagonista di una singolare impresa che merita di essere riscoperta. Nel 1965, l´Accademia americana delle Scienze formò una commissione con l´incarico di immaginare la società e il mondo del XXI secolo. In un´America proiettata verso il futuro, nel decennio che si era aperto con l´ambizioso proclama sull´esplorazione spaziale di Kennedy di fronte al Congresso e che si sarebbe concluso con il primo uomo sulla Luna, decifrare le sfide del Duemila pareva un obiettivo ragionevole e alla portata delle migliori menti del Paese. Anzi, sembrava quasi un atto dovuto. «Una società interdipendente come la nostra» esordì Bell «non ha il dovere di impegnarsi in qualche forma di riflessione sul futuro?».
Bell raccolse intorno a un tavolo trenta studiosi di varie discipline che fa ancora impressione elencare: tra gli altri, l´antropologa Margaret Mead, lo zoologo Ernst Mayr, lo psicologo Erik Erikson, il sociologo David Riesman; i politologi Samuel Huntington (in seguito noto per il suo libro Lo scontro di civiltà e l´ordine mondiale) e Zbigniew Brezinski (futuro Consigliere per la sicurezza nazionale durante l´amministrazione Carter); economisti come Martin Shubik. Sotto la direzione di Bell, la commissione si riunì due volte al completo, oltre a lavorare su settori specifici. I risultati furono poi pubblicati in un libro, tradotto anche in Italia e precocemente dimenticato.
Quale futuro immaginarono Bell e i suoi convitati per l´America e per il mondo? Le loro riflessioni e conclusioni si prestano naturalmente a una lettura di superficie, divertente e a tratti illuminante, su quali e quante previsioni si siano effettivamente avverate. C´è, ad esempio, una straordinaria lista di "cento innovazioni probabili di qui al Duemila". Alcune sono incredibilmente vicine al nostro presente tecnologico quotidiano: «strumenti elettronici per uso personale (forse perfino telefoni tascabili) per la comunicazione, il calcolo e l´elaborazione di dati»; «esteso e intenso uso in tutto il mondo della fotografia da grandi altezze per mappe» (non vi ricorda Google Maps?). Altre sono rimaste ricorrenti suggestioni fantascientifiche: «ibernazione umana per mesi o anni»; «cibi e bevande sintetiche». Un certo numero di previsioni investono oggi i nodi più critici e conflittuali del rapporto tra scienza e società: «possibilità di scegliere il sesso dei figli»; «esteso controllo genetico sulle piante e sugli animali»; «forme primitive di vita artificiale». Una, se avveratasi, avrebbe forse potuto evitare note vicende di attualità: «metodi non nocivi di super-appagamento sessuale».
Certo, con gli occhi del presente è facile lasciarsi suggestionare da alcune considerazioni di questi "visionari": quando delineano, ad esempio, un´espansione e trasformazione delle relazioni grazie ai media digitali, il problema della privacy e perfino il rischio di una società "malata di sovraccarico di informazione". Ma quello che più mette i brividi sono alcune riflessioni che in sé racchiudono il cuore delle grandi sfide, ancora aperte, per il nostro tempo. «Nella nostra discussione abbiamo assunto che tutto cambia, tranne l´uomo; soltanto l´uomo rimane immutabile. Ma io mi chiedo se questo sia un principio corretto» interviene Mayr, lasciando intravedere i dilemmi che gli sviluppi della genetica o le frontiere del doping faranno deflagrare.
Non sono da meno gli scenari politici: «Verso il Duemila» secondo Huntington «la potenza americana comincerà a declinare, e altri paesi si muoveranno per riempire il vuoto. Tra quelli che assumeranno un ruolo preminente vi saranno la Cina (…) e il Brasile». E chi pensa che l´emergenza del clima sia una scoperta recente o addirittura un´intuizione di Al Gore, stia a sentire il demografo Roger Revelle nel 1965: «Verso il Duemila, vi sarà stato un aumento del 25% dell´anidride carbonica contenuta nell´atmosfera rispetto al 1900 (…) che cosa significherà per il clima?». Qui davvero la conclusione potrebbe essere pessimistica: a che serve prevedere il futuro, se poi non si può fare niente per cambiarlo?
Tuttavia è forse proprio qui che si annida la lezione più profonda di questo audace convito intellettuale. Ed è per questo che oggi ci impressiona il coraggio visionario di Daniel Bell e dei suoi colleghi; la loro intuizione che riflettere sul nostro futuro sia di per sé una conquista, se non una necessità morale.
Bell concluse i lavori della commissione con una di quelle parabole che spesso amava citare. «C´era una volta un rabbino, che aveva fama di conoscere ciò che era nella mente degli uomini. Un cattivo ragazzo andò a trovarlo e disse: "Rabbi, nella mia mano ho un uccellino. E´ vivo o morto?". E fra sé pensava: "Se dirà che è morto, lo lascerò volar via; se dirà che è vivo, lo schiaccerò". "Allora, Rabbi, è vivo o morto?!". Il rabbino lo guardò negli occhi, e tranquillamente disse: "Come vuoi tu, figliolo, come vuoi tu"».
(L´autore insegna Sociologia della Scienza a Trento e ha scritto "Scientisti e antiscientisti" per il Mulino)