ANTONIO GNOLI , la Repubblica 5/3/2011, 5 marzo 2011
IL TRADUTTORE E MARGHERITA
Margherita Crepax, dopo anni di lavoro, ci consegna una nuova e bella traduzione di Il maestro e Margherita (Feltrinelli). Oggetto di culto (c´è un numero sorprendentemente alto di siti web), il capolavoro di Bulgakov è pieno di insidie lessicali. Un traduttore è come un esploratore nella foresta: deve trovare il modo di uscirne indenne. Come sapete Renata Colorni ha da poco interamente ritradotto La montagna incantata (Mondadori) cambiandone, con ottimi argomenti, perfino il titolo (diventato La montagna magica). Davide Rondoni, vent´anni dopo, rimette le mani alla sua traduzione dei Fiori del male (Salerno). E come se non bastassero le numerosissime edizioni (una delle prime fu quella di Cesare Pavese), Giuseppe Natale ci ha consegnato una nuovissima traduzione di Moby Dick (Utet). A parte il piccolo fenomeno editoriale, per cui sempre di più si va sul sicuro, rinverdendo i grandi romanzi classici, c´è da dire che tradurre è un esercizio faticoso, pieno di rischi, e spesso anonimo. Il che è un´ingiustizia. Di solito al lettore non specialista poco importa delle complicazioni che un testo presenta. Nel caso di Moby Dick sono più di un migliaio le varianti che Melville adottò per le edizioni del suo capolavoro. I romanzi, quelli riusciti, assomigliano a organismi viventi che si adattano alle mutazioni del tempo, ma difendendo se stessi. Raro equilibrio. Compito del traduttore rispettarlo.