Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 05 Sabato calendario

CYBERCRIMINALI, RAGAZZI BRUFOLOSI E SPIE CINESI

Non è più il caso di sottovalutarlo: il cybercrimine, ovvero i reati commessi sul web, tra pirateria informatica, diritti d´autore ignorati, spionaggio industriale, furti di informazioni o di denaro, ha causato nel 2010 una perdita di 17 miliardi di sterline (circa 21 miliardi di euro) all´economia britannica.
Lo ha reso noto il governo, nella prima stima di questo genere mai pubblicata nel Regno Unito. L´industria farmaceutica è fra le vittime principali, con un passivo di 1 miliardo e 800 milioni di sterline (oltre 2 miliardi di euro) lo scorso anno, seguito dal settore dell´elettronica e da quello del software.
I cybercriminali sono di tre tipi, afferma il rapporto: ci sono quelli «sponsorizzati da Stati», come Cina e Russia, più volte accusate di avere lanciato attacchi cibernetici contro l´industria britannica; ci sono le più sofisticate mafie, fino ai «teen-ager brufolosi che fanno tutto dal computer della loro cameretta».
Il governo britannico invita le aziende private a essere più vigili davanti a questa minaccia, creando di sistemi di difesa «di stile militare» per proteggere i propri network. Non a caso il generale Richards, capo delle forze armate britanniche, ha ammonito che il commercio della Gran Bretagna è oggi talmente dominato da servizi finanziari che vivono quasi interamente online da avere reso «Internet vitale per il nostro Paese come lo erano le rotte marittime al tempo del British Empire un secolo fa». Il Gchq, sigla del servizio segreto di ascolto elettronico del Regno Unito, calcola che l´80% dei cyberattacchi potrebbero essere respinti con semplici misure, ma molte aziende «non sanno nemmeno distinguere tra un funzionamento normale e anormale» dei propri siti.