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 2011  marzo 01 Martedì calendario

LA SCIENZIATA ITALIANA CHE HA SCONFITTO L’EPILESSIA

Lunedì14 febbraio si è celebrata a Strasburgo la 1° Giornata europea dell’epilessia, la devastante malattia che oggi colpisce 6 milioni di persone, 500mila solo in Italia. È recente anche la notizia del Premio mondiale dell’American Epilepsy Society vinto dalla scienziata italiana Annamaria Vezzani, dell’Istituto farmacologico “Mario Negri” di Milano, per la scoperta della molecola all’ori - gine delle crisi epilettiche. Una scoperta che si rivela come il punto nodale da cui partire per arrivare al farmaco risolutivo o addirittura al vaccino per l’epilessia, un importantissimo passo avanti per tanti ammalati anche perché le terapie attualmente disponibili, benché capaci di bloccare le crisi, in nessun caso sono in grado di rimuoverne le cause. Per giorni e giorni, prima di incontrarla al “Mario Negri” di Milano dove lavora come neurobiologa, ho cercato un po’di aneddoti su Annamaria Vezzani. Non ce ne sono: la sua vita sembra riassumersi nella professione di scienziata e in una sua straordinaria scoperta, la molecola che è all’ori - gine dell’epilessia. La signora sembra aver posto ogni cura a circondarsi d’ombra e a difendere la sua privacy dalla curiosità del pubblico. E direi che c’è riuscita: tutti i come e i quando della sua esistenza risultano rigorosamente sottaciuti, soprattutto da lei stessa. Eppure non ha una mente qualunque, una personalità qualunque, un curriculum scientifico qualunque. UN GENIO TRA LE MISS Benché Annamaria Vezzani nella ricerca e nell’ambito accademico abbia indubbiamente avuto quello che merita, comunquenulla di più di quanto le èdovuto, ho saputo di lei soltanto per caso, e dal più frivolo programma tivù che si possa immaginare, il Concorso per l’elezione di Miss Italia a Salsomaggiore dove lo scorso settembre 2010, omaggio al sapere da parte del mondo della bellezza, si è voluto assegnare una targa d’onore a questa nostra connazionale che a dicembre aveva vinto il Premio internazionale dell’American Epilepsy Society, prima donna in Europa a ottenere l’importantissimo riconoscimento. Chiedo scusa ai ben informati e agli onniscienti, ma purtroppo in Italia le cose girano così. Perfino ai Nobel serve comparire sul piccolo schermo perché qualcuno si accorga di loro. La cultura della scienza da noi non esiste. Ma è proprio questa Annamaria Vezzani? Questa signora snella alta e armoniosa che nell’immensa hall del“Mario Negri” mi viene incontro con passo agile e leggero e con l’espressione di chi abbia trascorso tutta la vita ad aspettare me e soltanto me? Oppure è un’altra che d’accordo con lei ne ha preso il posto per liberarsi dell’importuno? Alla receptionmi avevano detto l’ora in cui sarebbe scesa, ma è già qui, con venti minuti d’anticipo. Perché qualche giovane star di cinema otivù, di quelle che giudicano la puntualità incompatibile col prestigio, non è qui a vederla? Occhi agrodolci e sottili, pieni di annotazioni originali, capelli corti biondocenere, ilsuoaspetto è quello di una ragazza che per conferirsi un po’ di tono si è lasciata crescere qualche capello bianco. Mi accompagna al bar dell’Istituto per un caffè poi, in ascensore, al terzo piano dell’edi - ficio, in uno studio che, ingombro di libri carte computer fotografie e diplomi sembra piccolissimo, ma non lo è. Con ben dosato miscuglio di dolcezza e perentorietà mi fa sedere accanto a un tavolo basso, di fronte a lei. «Vuole fare un articolo su di me? E per quale ragione» dice subito.Lavoce è rapida, nitida e trasparente come una guaina di cellofan. «Allora, di che parliamo?». MALE MISTERIOSO Annamaria Vezzani prende subito il toro per le corna, ma con sbrigativa semplicità, senza un gesto, un sorriso. «Parliamo del suo lavoro, della sua scoperta sull’epilessia, un po’ anche della sua vita» rispondo cercando di guadagnare tempo. Poi, a ghiaccio rotto.

Per primo una domanda che mi ripeto spesso: perché voi scienziati trascurate quasi sempre ogni possibilità di farvi conoscere dal grande pubblico, dai media?

«Pensiamo che le chiacchiere nel nostro lavoro servono a poco. Occorrono piuttosto pazienza e tenacia. Anche un poco di intuito direi che non guasta. Soprattutto, mai lasciarsi scoraggiare da ostacoli e insuccessi!». Ostenta modestia, distacco, quasi noncuranza per la sua attività. È sincera? Finge? Certamente finge. Ma quale eleganza in questa finzione. Oltre a fare ricerca qui al Negri lei insegna epilettologia all’Università di Ferrara, dove tiene un Master.

Come le è nato tanto interesse per questa malattia, in un certo senso un po’misteriosa, da dedicarci ormai gran parte della sua attività?

«Chissà, forse perché sembrava appunto un male misterioso, giustocome hadetto». L’epilessia dunque. Che razza di diavoleria sarà mai? Per gli antichi, e quasi fino a ieri nelle nostre campagne, era giudicata una possessione satanica. Le reazioni violente ebrutali degli ammalati, le urla, la cianosi del volto, la bava sanguinolenta, tutti i sintomi delle crisi facevano pensare a qualcosa di soprannaturale. Chi ne soffriva era chiamato “ossesso”. Per tentare di guarirla si chiamava il prete, l’esorcista, non il medico. Nella Germania nazista gli epilettici venivano addirittura soppressi come “socialmente improduttivi”.

Quando si è cominciato a considerarla una patologia decifrabile come ogni altra?, chiedo ad Annamaria Vezzani. «Ancora oggi in molte regioni dell’Africa subsahariana gli eccessi convulsivi dell’epilessia sono giudicati opera di spiriti maligni, ma già Ippocrate, più di 2500 anni fa, aveva definito l’epilessia una malattia neurologica, della stessa natura da cui tutte le altre provengono, senza connotazioni né sacre né demoniache.E prima ancora risulta così nelle Tavole Babilonesi. Ciononostante, e per molto tempo, questa sindrome, che colpì anche Alessandro Magno e GiulioCesare, ha mantenuto qualcosa di enigmatico». Vezzani bada a esprimere idee chiare ed essenziali, che non mirano a sbalordire l’interlocutore, solo fargli capire. Niente aggettivi, frasi concise, dati, fatti. Be’, diciamola verità, fa piacere ogni tanto incontrare persone così.

È vero che questa terribile malattia che lei combattedaanni, per la quale non ci sono ancora rimedi risolutivi e che lei sta per sconfiggere sarebbe causata da scariche simultanee ed eccessive di neuroni nel cervello? E quali sono, con buona pace del diavolo, le cause di tali devastanti raffiche di neuroni?

«Si tratta proprio di scariche di neuroni. Quanto alle cause, occorre anzitutto distinguere i vari tipi di epilessia, che si presenta sotto diverse forme, da quelle congenite, le meno gravi perché in genere si risolvono dopo l’in - fanzia, a quelle resistenti a ogni farmaco e che solo chirurgicamente si può tentare di curare. Io mioccupo dei cosiddetti casi sintomatici, i più numerosi, provocati da ictus, traumi cranici, infezioni, tumori. Abbiamo visto che quando si registra uno di questi attacchi, ictus trauma o altro, l’or - ganismo reagisce elaborando sostanze come la proteina HMGB1 prodotta dalle cellule della glia, che sono le sentinelle del cervello. Esprimono un segnale di pericolo e sono generate per difesa, ma quando se ne formano in eccesso queste sostanze, come anche l’Interluchina1ß, diventano dannose e provocano processi infiammatori importanti per la patologia epilettica». Sul viso di Annamaria Vezzani, serio e mobile, il sorriso è raro e breve. Viene il sospetto che la signora soffra un poco quando ride. Comunque, è facile intuire una sua straordinaria abilità nel cogliere e comprendere i dettagli e insieme la facoltà di formulare pronte ma accurate generalizzazioni.

PRIMA AL MONDO

Emiliana, 55 anni, sposata con un oncologo conosciuto in America, due figli, il Master al “Mario Negri” subito dopo la laurea in biologia a Milano, la specializzazione a Baltimora nell’Università del Maryland, quindi di nuovo al microscopio, continui viaggi di aggiornamento dall’uno all’altro continente, seminari, conferenze, lezioni. Non è un caso che proprio lei sia stata la prima nel mondo a riconoscere il complicato, “perverso” meccanismo eziologico della malattia: dalle proteine HGMB1 ai recettori antagonisti come Toll-like 4, i campanelli d’allarme che permettono il riconoscimento di un’infezione e del suo agente patogeno ma che incontrando molecole come HMGB1 finiscono per aumentare l’eccitabilità, l’infiammazione delle cellule nervose e quindi per provocare lo scontro dei neuroni, cioè la crisi epilettica.

Se è vero cheHMGB1sarebbe coinvolta in tutte le patologie in cui vie è stress biologico, è verosimile che eliminandola si potrebbero guarire moltissime altre patologie neurologiche?, chiedo alla professoressa. «Sappiamo che, se impediamo a questa molecola di comparire, la crisi epilettica si riduce del 50- 70 per cento. Quanto alle altre malattie, c’è da dire che anche studiando ad esempio la sindrome di Alzheimer o l’artrite reumatoide, entrambe di natura neurologica, abbiamo notato un significativo aumento della molecola infiammatoria HMGB1. Bloccarla, assieme ai recettori Toll-like 4 ai quali si lega, potrebbe dunque essere la terapia valida per molte patologie neurologiche, non solo per l’epilessia».

STATO DELLA RICERCA

In pratica, a che punto siete ora?

«In sede sperimentale, la molecola nuova antagonista di HMGB1 l’abbiamo già trovata, ma dobbiamo attendere i risultati dei test clinici. Il grande salto, la svolta dal topo all’uomo, potremo farlo solo quando sarà stata valutata nell’organismo umano la tossicità degli antagonisti, cioè la tossicità del farmaco. Bisogna prima valutare ogni rischio, a cominciare da quello che può compromettere la funzione immunitaria».

Un’attesa di mesi, oppure di un anno, due anni?

«Non lo sappiamo. I nostri colleghi clinici già stanno lavorando per stabilire il rapporto fra benefici e rischi. Per gli animali come il topo il farmaco lo abbiamo già. Purtroppo nell’uomo non è lecito iniettarlo direttamente nel cervello; possiamo farlo arrivare al cervello solo per endovena o per via orale. Occorre quindi ancora un po’ di tempo anche se si spera che tutto si concretizzi al più presto ». Non è mai divertente trascinare il lettore nel nozionismo scolastico, i suoi pregi e difetti.Maèinnegabile che prima o poi nella vita si deve far l’inventario delle conoscenze utili. E solo allora ci si accorge che certi concetti che ci portiamo dietro dai banchi di scuola non sono polverose cianfrusaglie. A che servono? A intendere ciò che dice una persona come Annamaria Vezzani, questa geniale affascinante scienziata che lavorando e studiando dieci ore tutti i giorni, anche il sabato anche la domenica, alla fine è riuscita a diventare la vera signora dell’epilessia.