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 2011  marzo 03 Giovedì calendario

GORBACIOV, DANZE E LACRIME PER GLI 80 ANNI "LE MIE TANTE VITE PER LA LIBERTÀ"

«Io francamente non credevo che sarei arrivato a ottant´anni. Io e Raissa ci eravamo posti l´obiettivo del Duemila. Lei non ce l´ha fatta. Io... Ma se mi guardo indietro, mi sembra di aver vissuto quattro o cinque vite». Mikhail Gorbaciov ha compiuto ieri ottant´anni. I segni del tempo si vedono nel suo corpo un po´ appesantito, nel suo incedere attento, ormai lento. Ma di sera, alla grande festa per il suo compleanno, nella sala Europa sulla piazza Kiev, sembra felice, ridente, così pieno di vita, così arguto, ancora così pieno di passione.
Gli ospiti sono arrivati da tutto il mondo, ci saranno trecento persone in questa sala, anche se i festeggiamenti andranno avanti ancora per tanto tempo, ci sarà un gran gala a Londra, alla Royal Albert Hall, con tutto il gotha della politica mondiale, il 30 marzo prossimo, e i soldi raccolti andranno alla Fondazione per la lotta contro il cancro nei bambini. Sarà festeggiato anche a Monaco, giacché la Germania, almeno nel cuore, è quasi diventata in questi anni la sua seconda patria. Ma qui, stasera, ci sono tutti, o quasi tutti, gli amici, le persone care, coloro con cui ha diviso i momenti più belli e quelli più brutti delle sue «tante vite». Ci sono, come ha detto Grigorij Javlinskij, «tutti quelli che lo hanno amato e tutti quelli che lo hanno tradito». Gorbaciov si guarda intorno, e sembra commosso. «Vedo tutti volti noti, sarà colpa mia, ma non c´è nessuno che non conosca. Però mi sembra che sia io l´unico qui oggi a lavorare». Giornata lunga, infatti, la Russia, questa volta, ce l´ha messa tutta. Interviste, reportage tv, racconti, immagini storiche su colui «da cui tutto è cominciato». Certo, Medvedev e Putin non sono venuti a festeggiarlo, stasera. Forse le critiche che Gorbaciov ha fatto al premier hanno colpito nel segno. «Fossi in lui non tornerei a correre per le presidenziali», aveva detto qualche tempo fa. E sul tandem al vertice della politica russa: «Il loro tempo è limitato».
Però in mattinata il presidente della Russia Medvedev lo ha chiamato al Cremlino per congratularsi e per consegnargli personalmente la più alta onorificenza della Russia, l´Ordine di Andrej Pervosvannij, riesumato dalla storia dell´antica Russia zarista e così sconosciuto alla gente di qui che nel parlarne i russi si sbagliano, si impappinano perfino sul palco. Poi Putin lo ha chiamato al telefono e ha usato il suo tono più caldo le parole più affettuose per fargli gli auguri.
La festa è cominciata. Una festa russa che più russa non si può. Di quelle che negli altri paesi non si organizzano mai così. Ci sono i tavoli, tanti, imbanditi di ogni ben di Dio, c´è il vino, c´è la vodka, c´è il mors di ribes, il whisky, le altre bevande tutte insieme e poi c´è un palco sul quale uno dopo l´altro salgono tutti gli invitati. Un ex agente del Kgb, Kabaladze, fa il tamada. Passa la parola agli ospiti, perché facciano i brindisi, come si faceva nell´antichità nel Caucaso quando popoli in guerra si incontravano a parlare e a turno seduti attorno alla stessa tavola prendevano la parola al primo segno dell´uomo che gestiva le danze, il tamada appunto. Sullo schermo, proprio dietro al grande piano passano le immagini della piccola Sasha, «buon compleanno nonnino», dice con la sua vocina di soli tre anni. Poi parlano le nipoti «così orgogliose di un nonno così, perché nessuna delle nostre amiche può vantare un nonno come te». Poi finalmente prende la parola Irina, la figlia di Gorbaciov. Sembra una regina, stasera. Bella, bellissima, nel suo lungo vestito con la spalla nuda. Il suo è un discorso politico forse l´unico vero di tutta questa serata. Più di quello del generale Aushev, eroe dell´Afghanistan, che prende la parola più tardi, per dire a Gorbaciov «grazie di averci portato via da laggiù, di averci permesso di continuare a vivere e andare avanti a testa alta». Più di quello del pianista Yuri Rozum che ha detto «io ero uno di quelle migliaia di artisti sovietici che non potevano mai varcare le soglie di questo paese. Grazie, Mikhail Sergeevic per averci permesso di essere artisti nel mondo».
Irina è salita sul palco col suo foglietto scritto di getto, dopo averci pensato per anni. «Papà voglio prendere la parola questa volta come non ho fatto mai, prima. Io che ti conosco bene da oltre mezzo secolo. Io che ho diviso davvero con te le gioie e i dolori di tutti questi anni. Noi lo vediamo bene oggi con quel che succede in Libia, com´è la politica al mondo. È più facile e più comodo mettersi d´accordo tra multinazionali per una manciata di dollari e un litro di petrolio che misurarsi con i bisogni veri della gente. Vince sempre il cinismo. Tu invece hai avuto la forza e il coraggio di farlo a modo tuo. Portando nella politica la tua moralità».
Gorbaciov ha le lacrime agli occhi quando si alza e va al palco a cantare le vecchie romanze con Makarevic alla chitarra. E poi si balla e si canta ancora prima che il tamada dia la parola ai giornalisti russi della perestrojka che sono stasera tutti qui: Venediktov, Pozner, Muratov, Evghenija, Albatz. Il comico Zvanezkij fa ridere tutti quando racconta che il giorno dopo le elezioni di Gorbaciov nel lontano 1985 lui fece una scommessa col cantante Okudgjava: «Vediamo se Gorbaciov sarà capace di fare almeno queste quattro cose: liberare gli ebrei, uscire dall´Afganistan pubblicare Orwell e scarcerare Sakharov. Beh, incredibile, ha fatto tutto».
Tutti gli artisti del Bolshoi salgono sul palco intonano le canzoni degli anni Ottanta poi le romanze care a Raissa. Gorbaciov fa il giro dei tavoli parla con tutti mentre dal palco qualcuno sorride e lo prende in giro per come pronuncia le parole "comincio" le parole "inizio" le parole che fecero ridere tutti i russi che non lo amavano ai tempi della perestrojka. Sembra una di quelle feste che di solito organizzano i ragazzi all´università. «Nessuno dei politici viventi ha retto l´uscita dal potere come Gorbaciov dice un ragazzo che sale sul palco», dice la vedova dello scrittore russo dissidente Sinjavskij. «Per lui sono passati vent´anni ma resta la personalità mondiale fra le più rilevanti ancora capace di attrarre le idee più innovative e di promuovere la stessa forza di pensiero che produsse un giorno la perestrojka. Del resto, gli fa eco Javlinskuj, «ci fu un altro politico che cominciò la sua carriera a ottant´anni. Si chiamava Mosè».