ANTONIO CIANCIULLO , la Repubblica 3/3/2011, 3 marzo 2011
DIETROFONT DEL GOVERNO SULL´ENERGIA RINNOVABILE VIA I TETTI AGLI INCENTIVI - ROMA
Braccio di ferro nella notte per salvare le fonti rinnovabili. La bozza di decreto legislativo proposta dal ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, con il blocco secco del fotovoltaico e tagli retroattivi del 30 per cento per l´eolico, ha suscitato una rivolta bipartisan che ha spinto la maggioranza a correggere il tiro. La decisione ufficiale verrà presa questa mattina dal Consiglio dei ministri ma nelle ultime, serrate fasi di trattativa si è profilata una mediazione basata su tre punti.
Primo punto. Il tetto di 8 mila megawatt per gli incentivi agli impianti fotovoltaici, una misura non presa in considerazione dal Parlamento e introdotta dal ministero dello Sviluppo Economico, scompare. Un tavolo di confronto tra il dicastero di Romani e il ministero dell´Ambiente definirà entro il 30 maggio la road map per arrivare al 17 per cento di energia da fonti rinnovabili al 2020. L´obiettivo non è negoziabile perché altrimenti scatterebbero le sanzioni europee.
Secondo punto. Il rapporto tra superficie agricola e fotovoltaico si semplifica (si possono mettere i pannelli sul 10 per cento della superficie) evitando di fissare un tetto di potenza per gli impianti.
Terzo punto. I tagli dei certificati verdi per l´eolico, che Romani voleva portare al 30 per cento, vengono ritoccati fissando l´asticella al 22 per cento.
Questa ipotesi di accordo soddisfa il responsabile dell´Ambiente Stefania Prestigiacomo, il ministro che più si è battuto a difesa degli impegni internazionali assunti dall´Italia nel campo delle rinnovabili. Scettica invece l´opposizione. «Chiudere a maggio la fase di incentivi che doveva durare fino al 2013 e aprire un periodo di grande incertezza sul sostegno economico alle rinnovabili vuol dire salvare la faccia ma perdere la battaglia: quali investitori accetteranno questo livello di rischio?», obietta il senatore Pd Francesco Ferrante.
Resta da vedere la reazione del cartello spontaneo nato ieri mattina, in poche ore, per opporsi alla decapitazione del settore che comporterebbe la scomparsa di 150 mila posti di lavoro. Rispondendo all´appello Sos rinnovabili, si è mossa la rete dei social network facendo arrivare 14 mila mail di protesta in tre giorni. Il Consiglio nazionale degli architetti è insorto. Si sono mobilitati gli enti locali e sezioni della Confindustria. Cgil e Cisl hanno chiesto un immediato dietrofront e investimenti nel settore delle rinnovabili. Le associazioni ambientaliste che fanno riferimento alla destra, come Fare verde, sono scese in campo.
Anche a livello politico il malumore è diventato palpabile. Cinquantasei parlamentari, in larga parte della maggioranza, hanno chiesto al governo di rivedere le misure anti rinnovabili. I deputati di Forza Sud hanno minacciato di ritirare l´appoggio al federalismo e hanno parlato di «dati falsi diffusi dalla lobby dei petrolieri e del carbone». Il segretario della commissione ambiente della Camera, Mauro Libè (Udc) ha precisato che «la revisione del sistema degli incentivi deve servire a favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, non ad affossarlo».
«A qualcuno l´energia pulita dà fastidio perché gli impianti di rinnovabili installati lo scorso anno in Italia sono in grado di generare oggi una quantità di elettricità analoga a quella di una delle centrali nucleari che il governo pensa di far entrare in funzione dopo il 2020», commenta Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club.