CARLO BONINI , la Repubblica 3/3/2011, 3 marzo 2011
IN SALVO LE PARTECIPAZIONI LIBICHE DA ROMA SANZIONI SOLO A GHEDDAFI - ROMA
L´Italia ha scherzato. Finmeccanica, Eni, Unicredit, Banca Ubae, Fiat, Retelit, Olcese, Triestina calcio e Juventus football club possono dormire sonni tranquilli. E con loro Muhammar Gheddafi. Le quote azionarie di società italiane oggi in portafoglio alla Libia non saranno congelate. Perché nell´aggressione alle disponibilità estere del Colonnello e del suo clan familiare, Palazzo Chigi farà eccezione. Non procederà, come già hanno fatto Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Austria, Spagna e persino Svizzera, a considerare parte integrante del tesoro del raìs anche le partecipazioni azionarie e gli investimenti dei fondi sovrani e della banca centrale di Tripoli. L´Italia - come si è affrettato a spiegare ieri in serata il ministro degli Esteri Frattini e come documenta una circolare agli "intermediari finanziari" diramata dalla Banca d´Italia - si limiterà, «ai fini di un eventuale congelamento», a «monitorare» se esistano o meno, nel nostro Paese, depositi bancari o proprietà immobiliari «direttamente riconducibili» a Gheddafi e alla sua cerchia. E se, di qui in avanti, su quelle disponibilità verranno compiute «operazioni sospette».
Palazzo Chigi, dunque, prende in parola il Colonnello, che, ieri, ha definito il congelamento dei beni all´estero intestati ai fondi sovrani e alla banca centrale libica «un furto». Accredita, di fatto, la sua ultima, grottesca sortita con cui si è detto semplice e modesto civil servant di uno Stato - la Jamahiriya - che gli passa lo stipendio per arrivare a fine mese: «Non mi dà orgoglio avere dollari americani. Sono pronto a ogni verifica sui miei conti. Il mio stipendio è di soli 465 dinari». Al cambio ufficiale, 272 euro e 95 centesimi. Per il nostro governo, insomma - e Frattini è stato chiaro - «un eventuale congelamento di quote azionarie libiche in Italia è una misura che potrà essere presa solo se decisa in sede di Unione Europea da parte dei ministri del Tesoro».
Parole che ignorano o fingono di ignorare che - dopo il Tesoro americano - almeno due governi di Paesi membri di un qualche peso nell´Unione, come quelli inglese e spagnolo, il nodo della confusione tra il patrimonio personale di Gheddafi e quello formalmente intestato allo Stato libico lo hanno già sciolto. Non più tardi di martedì scorso, Londra ha infatti ritenuto il fondo sovrano "Libyan Investment Authority" (Lia) - quello che in Italia partecipa in Finmeccanica, Eni, Unicredit, Triestina Calcio - «soggetto giuridico-finanziario direttamente controllato da Muhammar Gheddafi» e dunque ne ha congelato il 3,27% di azioni del gruppo Pearson (editore del Financial Times). E, appena ieri, il governo di Madrid ha congelato i 7.065 ettari edificabili acquistati nel 1995 dalla "Lybian Arab Foreign bank" (braccio off-shore della Banca Centrale Libica) in Costa del Sol, oggi valutati tra i 500 milioni e il miliardo di euro. Quella stessa "Lybian Arab Foreign bank" che, in Italia, è stato il veicolo con cui il Colonnello è entrato nell´azionariato Unicredit e si è assicurato il pacchetto di controllo (67,55%) della Banca Ubae spa, joint-venture di sostegno agli investimenti in Maghreb e Medio Oriente e tra i cui azionisti figurano Unicredit, Eni, Banque Centrale Populaire marocchina, Banque Marocaine du Commerce Exterieur, Monte Paschi, Intesa-san Paolo, Telecom.