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 2011  marzo 10 Giovedì calendario

CACCIATORI DI MATERIA OSCURA

Un cubo lattescente, al centro d’una stanza argentea dal pavimento foderato di bianco. Non fosse per quei 1.400 metri di roccia che lo sovrastano, su in alto, oltre il soffitto, lo si direbbe un pezzo d’arredo minimalista. Uno di quei tavolini da salotto dall’improbabile nome scandinavo. Invece potrebbe essere il varco d’accesso a un continente immenso e inesplorato. Perché quel cubo non è che la punta dell’iceberg di Dama, un acronimo vezzoso dietro al quale si cela uno dei quattro esperimenti piazzati nel cuore del Gran Sasso per sondare il lato più tenebroso del cosmo. Dama sta infatti per le iniziali di "dark matter": materia oscura. L’incubo dei fisici, la sostanza più abbondante e al tempo inafferrabile dell’universo in cui viviamo. Un universo la cui materia è formata solo per un quinto dai tranquillizzanti mattoncini che incontriamo nei libri di scienze, quelli che vanno sotto il nome di protoni, neutroni, elettroni e via dicendo; e che formano le cose che vediamo e tocchiamo. Di tutto ciò che resta, un imbarazzante 80 per cento, gli scienziati sanno solo che c’è. O, almeno, dovrebbe esserci perché nessuno l’ha mai visto. Insomma, la teoria, che per i fisici è tutto, lo prevede, quindi deve esserci, ma non si vede. E se esiste una speranza di catturarne qualche frammento, il luogo giusto per provarci è nelle viscere d’una montagna.
Qui sotto, in questo antro umido e freddo, illuminato solo dai neon e pervaso dal brusio ininterrotto dei sistemi d’aerazione, si sta giocando una partita da Nobel. Il primo che risale in superficie con qualche Wimp (le particelle di cui potrebbe essere costituita la materia oscura) nella chiavetta Usb ha il premio in tasca. Accadrà mai? Stando ai pronostici della rivista "Nature", il 2011 potrebbe essere l’anno buono, e i quattro esperimenti in corso al Gran Sasso sono senza dubbio in pole position.
La via italiana alla materia oscura s’imbocca dalla A24, la Roma-L’Aquila-Teramo. Più o meno a metà del lungo tunnel, oltre dieci chilometri, che collega il casello di Colledara a quello d’Assergi, c’è uno svincolo segnalato da una freccia bianca: Laboratori nazionali del Gran Sasso. Gestiti dall’Infn, l’Istituto nazionale di fisica nucleare, ospitano in tutto 15 esperimenti, ai quali lavorano circa un migliaio di ricercatori provenienti da 29 paesi. Sono i più grandi laboratori sotterranei esistenti al mondo, per lo meno nel campo della fisica delle particelle. Una sorta di caveau inespugnabile e silenzioso dove quattro esperimenti cercano di vedere le wimp.
E i ragazzi di Dama, uno dei quattro esperimenti guidato da un’italiana, Rita Bernabei, dell’università di Roma Tor Vergata, sono gli unici al mondo certi d’avere incontri regolari con la materia oscura. Molto regolari: più radi nei mesi invernali, s’infittiscono con l’avvicinarsi dell’estate, per raggiungere l’apice ogni 2 di giugno. No, non è uno scherzo. E sicuramente non denota una predilezione delle wimp per la Festa della Repubblica. È la logica conseguenza dell’intuizione, a dir poco ingegnosa, alla base dell’esperimento: se anche la nostra galassia, come tutte le osservazioni sembrano indicare, è avvolta in un alone di materia oscura, il moto del Sistema solare attorno alla galassia e quello della Terra attorno al Sole, sommandosi, dovrebbero far sì che il flusso di materia oscura che ci attraversa non sia costante nel corso dell’anno. Se è così, nei 250 chili di ioduro di sodio di Dama circolerebbe più materia oscura d’estate che d’inverno. "È da 13 anni che misuriamo questa variazione", dice Antonella Incicchitti, dirigente di ricerca dell’Infn Roma: "E quello che osserviamo è proprio una modulazione annuale. Al momento, questo metodo di rilevazione della dark matter è una caratteristica unica di Dama, anche su scala mondiale". Così unica che nessun altro gruppo al mondo ha potuto fino a oggi replicarne i risultati. Un vero peccato, perché se la modulazione annuale fosse confermata da altri esperimenti, quella di Dama sarebbe la prima osservazione diretta di materia oscura. Perché nessuno ci prova? "Non lo so, noi saremmo felicissimi se qualche altro gruppo si dedicasse a questo tipo di ricerche. Però è chiaro che studiare una traccia come questa comporta un’estrema stabilità dell’apparato. E questo è difficile. Insomma, se siamo gli unici a vederla, non è colpa nostra", allarga le braccia Incicchitti.
A soffiare sulle braci della competizione, una polemica scatenata da un team rivale che punta a vedere le wimp a pochi metri di distanza, sempre sotto il Gran Sasso: Xenon100, guidato da Elena Aprile, un’italiana che insegna da 25 anni alla Columbia University. Lo scorso anno, dopo 11 e passa giorni di raccolta, nelle sue pur fitte e immacolate maglie - 161 chili di xenon purissimo allo stato liquido - Xenon non aveva acchiappato nemmeno una wimp. Preso atto dell’esito negativo, e forti della qualità dei loro dati, Aprile e colleghi hanno comunque messo in rete i risultati. La scienza è fatta così: i risultati di un esperimento sono accettati se qualcun altro può replicarli. E il flop di Xenon, così apertamente dichiarato, finiva col sollevare dubbi sugli altri esperimenti che, al contrario, tracce di materia oscura dichiarano d’averne già fiutate. Dama, di certo. E gli americani di un altro degli esperimenti rivali, CoGeNt (in funzione in una miniera del Minnesota).
C’è da dire che "si tratta di esperimenti molto diversi, nella tecnica, nel materiale dei rivelatori, nello stesso approccio al problema, perché l’esito negativo di uno possa inficiare i dati dell’altro", chiarisce Riccardo Cerulli, anche lui ricercatore nel team di Dama. Il clima è rovente, ma resta il fatto che Dama qualche risultato lo ha portato a casa e ha pubblicato i suoi risultati straordinari su fior di riviste scientifiche. Forse si potrebbe smettere di riportare le sue conclusioni al condizionale, o tra virgolette?
Ma le polemiche alimentano la competizione. E a tallonare Dama ci sono i ragazzi di Cresst, il terzo esperimento. A un passo dal risultato. Il suo cuore gelido, poche frazioni di grado sopra lo zero assoluto, è progettato per scaldarsi al passaggio della materia oscura. "Muovetevi piano, non saltate", raccomanda Carlo Bucci, ricercatore dell’Infn, mentre ci guida verso il locale che ospita il rivelatore: "Altrimenti ci toccherà buttare via ore di dati". Comprensibile che qui gli ospiti non siano graditi. Ci si sente elefanti fra i cristalli, letteralmente: nel caso di Cresst, cristalli di tungstato di calcio. Basta la minima vibrazione per generare calore, mettendo in agitazione i suoi termometri ultrasensibili. Ma: è mai caduta una wimp nella rete di Cresst? Bucci sorride enigmatico. "È difficile da dire. La materia oscura è oscura non solo perché non si fa vedere: il problema è capire cosa realmente sia. Stiamo cercando una cosa che dovrebbe esserci, ma non sappiamo esattamente com’è. Detto questo, dal luglio 2009 abbiamo raccolto una sessantina di eventi, di particelle, che non riusciamo a spiegarci. Ma questo non significa che stiamo vedendo qualcosa".
Riservatezza? Modestia? Certo è che fra i cacciatori di materia oscura la cautela è d’obbligo. E non solo per l’oggettiva difficoltà dell’impresa. Se l’obiettivo è la scoperta del secolo, il Nobel in tasca, è ovvio che si proceda con circospezione.
E a correre per catturare una wimp ci sono anche i ricercatori di Warp, il quarto cacciatore di materia oscura del Gran Sasso. Anche Warp, come Xenon100, si affida a un cosiddetto "liquido nobile" (in questo caso, l’argon) che al passaggio delle wimp dovrebbe far scintille. E "nobile" è anche il suo ideatore: Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica. Ettore Segreto, Nicola Canci e Andrzej Szelc - dell’Infn i primi due e dell’Università dell’Aquila il terzo, arrivato in Italia da Cracovia proprio per studiare la materia oscura - sono tra i suoi giovani collaboratori, poco più d’un secolo in tre. Il loro esperimento ha subito una battuta d’arresto per problemi tecnici. Non vedono l’ora che sia rimesso in pista.
Nell’attesa, si danno generosamente da fare attorno a un rivelatore di neutrini, Icarus. Benché tutti precari, sprizzano allegria e ottimismo. Rimangono un po’ interdetti giusto quando chiediamo loro d’accompagnarci a visitare l’esperimento gemello, Xenon100. Si trova a pochi passi di distanza, nella galleria accanto, e con i colleghi che vi lavorano, si scambiano la strumentazione e pranzano in mensa insieme ogni giorno. Eppure non ci hanno mai messo piede prima. Come se varcare quella soglia infrangesse qualche regola non scritta, quasi fosse una mancanza di rispetto. Alla fine, però, la curiosità prevale sull’esitazione. Forse "Nature" ci ha visto giusto: il mistero della materia oscura ha i giorni contati.